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Un modello di Lince 2

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È DI qualche giorno fa la notizia di un nuovo decreto interministeriale, il quarto, per la fornitura di armi all’Ucraina (tema sul quale si sono registrate spaccature politiche di non poco conto). Il testo prevederebbe l’invio da parte del governo italiano di equipaggiamento, mezzi blindati armati per trasporto del personale e artiglieria pesante. E, al di là delle scelte dei singoli Stati membri, la questione di una “difesa europea” da permanente diventa sempre più di stretta attualità, con le inevitabili diversità economiche e tecnologiche che ciascun Paese dovrà affrontare in un’ottica militare comune e comunitaria effettiva.

IL PROGRAMMA DI AMMODERNAMENTO

La fornitura italiana all’Ucraina – oltre ai diecimila uomini e donne impegnati in attività della Nato legate al conflitto (duemila già presenti in Bulgaria e Ungheria e altri 8.000 pronti a partire, secondo il premier Draghi) – è quindi solo la più urgente e drammatica circostanza, e l’ultima in ordine di tempo, sulla quale poter riflettere anche rispetto alla nostra spesa militare tanto in termini di sostenibilità ed economicità che di competitività. Nei mesi scorsi il nostro ministero della Difesa ha dato il via al Programma di ammodernamento e rinnovamento (A/R) n. SMD 27/2021 che prevede l’acquisto del mezzo denominato, per esteso,  VTLM Lince 2 – dove  VTLM sta per Veicolo Tattico Leggero Multiruolo – idoneo secondo il Ministero stesso «ad essere impiegato nell’ambito dei più svariati contesti operativi, dalle operazioni di concorso alle forze dell’ordine (esempio: “Strade Sicure”), agli interventi concorsuali in caso di pubbliche calamità, fino alle operazioni di supporto alla pace e a quelle a più elevata intensità».  

Insomma, scenari di guerra e missioni all’estero, oltre al controllo e sicurezza nazionali. Il costo dell’operazione, o se si preferisce dell’“onere previsionale complessivo”, per 1.600 VTML Lince 2 è di circa 3,5 miliardi di euro, vale a dire 2 milioni e 200mila euro circa al pezzo. Il Programma si compone di due fasi, la prima, avviata nel 2019, che si concluderà nel 2033; la seconda dal 2021 al 2034, con sovrapposizione delle due fasi. Il prezzo del mezzo Lince 2 – prodotto  dalla Iveco Defense Vehicles – ha sollevato, com’era prevedibile, qualche perplessità sia riguardo alla quantità e finalità dei mezzi prodotti che, soprattutto, ai costi.

Costi che se vengono analizzati alla luce della spesa precedentemente sostenuta –  e necessariamente aggiornata, sempre secondo il ministero della Difesa, a fronte di tecnologie e conseguente formazione del personale del tutto nuove e più complesse – devono fare i conti con la tecnologia e soprattutto con i costi del mercato estero, di gran lunga inferiori e non per questo penalizzanti in termini di sicurezza ed efficienza, primo fra tutti quello degli Stati Uniti.

IL NODO DEI COSTI

Riguardo ai nuovi VTLM Lince 2, sempre secondo il nostro ministero della Difesa, «il costante impegno dell’Esercito italiano in operazioni e la multiforme evoluzione della minaccia a cui è soggetto il personale nazionale ivi operante impongono l’adozione di adeguate misure di sicurezza, tra le quali assume un ruolo cruciale l’utilizzo di veicoli protetti, cosiddetti “salvavita”. (…) il massivo utilizzo e l’invecchiamento dei VTLM attualmente in servizio hanno causato inevitabilmente il deterioramento del parco veicoli esistente che, quindi, necessita di un graduale rinnovamento».  

Rispetto a tale rinnovamento e alla relativa spesa, il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, rispondendo in Commissione difesa in Senato ai rilievi del senatore Giuseppe Auddino del M5s  (contattato più volte dal Quotidiano del Sud sull’argomento, ma senza successo) proprio sul notevole aggravio dei costi, aveva risposto che «rispetto alle acquisizioni precedenti, il programma in esame prevede un ampliamento dell’assistenza logistica, prolungandone la durata a dieci anni.  Ciò determina – attesa la peculiarità degli interventi di supporto logistico su una piattaforma complessa quale il VTML Lince 2 – un previsionale aumento dei costi unitari. Inoltre nell’ottica di capitalizzare l’esperienza maturata nei diversi teatri operativi e anche al fine di perfezionare i prodotti per il mercato dell’export, la nuova piattaforma presenta significativi aggiornamenti tecnologici degli apparati di comando e di controllo, con riferimento sia alle comunicazioni radio e satellitari che al software. Il programma prevede inoltre che una percentuale maggiore di veicoli sia dotata della torretta remotizzata».

Nella stessa seduta di Commissione Difesa del Senato, nell’ottobre scorso, «interviene il senatore Auddino (M5S) che, pur rilevando il notevole aggravio dei costi, ringrazia comunque per i chiarimenti forniti». Chiarimenti che, tuttavia, dal nostro punto di vista, andavano approfonditi. In particolare nella direzione delle singole voci di spesa che concorrerebbero al considerevole aumento dei costi unitari del mezzo. In altre parole: in che parte le voci indicate da Mulè in Commissione Senato avrebbero inciso su un aumento così importante dei costi? Tenuto conto – come riportato dall’Osservatorio sulle spese militari italiane Milex – che «i primi Lince 2 ordinati nel 2020 in due versioni, una “base” e una “NEC” ovvero netcentrica e supertecnologica, costano rispettivamente quasi 1 milione e 1,6 milioni di euro, comprensivi dei costi di manutenzione e supporto logistico. Rispetto al vecchio Lince, che costava meno di 400mila euro a mezzo, stiamo parlando di un costo unitario più che raddoppiato, quasi triplicato, per la versione base e quadruplicato per la versione NEC». E che, secondo lo stesso Osservatorio,  «la Difesa aveva chiesto nel 2019 il via libera al Parlamento per comprare i primi 650 Lince 2 a un costo unitario, comprensivo di supporto logistico, “solo” raddoppiato rispetto ai vecchi Lince, sugli 860mila euro a mezzo, che corrisponde al costo della versione base al netto dei costi di supporto logistico».  

STANDARD DI SICUREZZA

A rispondere al Quotidiano del Sud è lo stesso sottosegretario: «Si tratta di matematica – precisa Mulè  –  Provo a spiegare. Il Lince  2 è l’evoluzione del Lince 1, per partire con la grammatica. Ha degli incrementi che sono standard di sicurezza, manegevolezza, capacità di carico. Dopodiché rispetto al fratello minore  sin dall’origine è dotato – cosa che il Lince 1 non aveva – di sistemi di comando e controllo che ne hanno fatto aumentare il costo. In particolare, gli 860.000 euro riguardano il costo della c.d. parte scafo, la parte sottostante il veicolo. A questi 860mila euro vanno aggiunti i costi degli apparati di comando, controllo e comunicazione, che sono circa 620.000 euro. Il totale arriva a 1.480.000 euro, circa 1 milione e mezzo di euro per singola piattaforma. Dopodiché il supporto logistico integrato decennale  incide per una percentuale pari a circa il 5% del costo di acquisto annuo. Il totale medio è 740.000 euro a veicolo in ambito decennale. Quindi il costo complessivo a piattaforma diventa 2.200.000, sommando questi 740.000 al milione e mezzo per la parte di scafo e comandi». Cosa intendiamo per supporto logistico? «Significa che in una prima fase – spiega ancora Mulè – la stessa industria fa la formazione degli autisti, dei conduttori e di coloro che devono fare la ma-nutenzione, in modo che questi militari acquisiscano il know-how necessario per operare  suc-cessivamente in totale autonomia e in ogni situazione, per essere totalmente autonomi nella gestione del veicolo. Nella seconda fase, poi, il supporto passa in capo direttamente alla Forza armata  che riceve dall’industria soltanto i componenti e i ricambi».

Tutte le voci “nuove” che hanno fatto lievitare i prezzi, secondo il Sottosegretario,  «sono certamente le integrazioni che sono state fatte dal punto di vista dell’immissione di tecnologia che prima non c’era, quindi comando, controllo, comunicazione. Lo scafo (quello che da solo arriverebbe a costare 860mila euro, quanto cioè sono costati i primi 650 Lince 2, ndr) è stato ammodernato, perché nell’uso che è stato fatto del Lince 1, abbiamo capito quali requisiti operativi dovesse avere. Ci siamo accorti che il Lince 1 era debole, vulnerabile, per esempio nella parte scafo. Abbiamo avuto anche soldati deceduti, altri che sono sulla sedia a rotelle e altri che hanno menomazioni fisiche – e abbiamo lavorato con l’industria chiedendo un veicolo che non avesse più quelle vulnerabilità. Da qui la spesa che si è incrementata. La tecnologia è aumentata e poi c’è stata l’esigenza di formare  i nostri su una cosa che prima non c’era, per questo poi il costo arriva ai 75.000 euro annui di manutenzione, perché parliamo di tecnologie assolutamente innovative che nessuno mai aveva utilizzato prima».

OPERATIVI OVUNQUE

Riguardo invece all’operatività e all’efficienza dei nuovi mezzi, Mulè spiega: «I Lince 2 per loro natura sono  veicoli che vengono utilizzati certamente in tutti i teatri operativi nelle missioni internazionali all’estero. Oggi noi abbiamo  un totale di 34 missioni all’estero, a cominciare da Libano, Lettonia e Kuwait. Questi mezzi  viaggiano intorno al mondo insieme ai contingenti. Vengono quindi certamente destinati come prima capacità ai teatri operativi, ma hanno un utilizzo anche in Italia, ad esempio per l’attività “Strade sicure”, che seppure in decremento rispetto al numero originario – quest’anno arriveremo a circa 5.000 unità, rispetto alle 7/8.000 di qualche anno fa – c’è. E poi hanno un impiego ovviamente nei reparti pronti all’uso in caso di necessità».

E circa i rilievi sulla quantità dei veicoli prodotti, il sottosegretario puntualizza: « Il Lince 2 va a sostituire in modo totale il Lince 1. I Lince 1 erano all’incirca 1.700 veicoli, forse pochi di meno, e  li abbiamo usati per quasi 20 anni, sia in Italia che all’estero, quindi in quasi tutte le missioni che hanno avuto un utilizzo terrestre. In Kosovo, in Iraq, in Afghanistan. Mezzi da questo punto di vista stressati, che era previsto andassero a esaurirsi dopo  15 anni di vita. I veicoli del programma 2721 non vanno quindi a sommarsi a quelli che oggi sono in servizio, ma li sostituiscono gradualmente.  Rispetto al quantitativo, l’acquisto autorizzato di 2.250 veicoli non è quindi un raddoppio, ma una  sostituzione: mano a mano che entrano i nuovi, escono i vecchi. Alla fine sempre circa 2.000 ne avremo».

Ebbene, il confronto con il mercato internazionale e gli scenari operativi con cui altri Paesi si mi-surano da sempre fanno però riflettere sia sull’economicità o meno di uno stanziamento tanto imponente di risorse finanziarie da parte dell’Italia, quanto della concorrenzialità e competitività di simili costi sul mercato. Army Technology, ad esempio – due  mesi prima che l’Italia autorizzasse la spesa di 3,5 miliardi di euro per 1.600 veicoli Lince 2 – documenta nel dettaglio il programma JLTV dell’esercito americano e del Corpo dei marine  degli Stati Uniti (USMC), che prevede lo sviluppo da parte di Oshkosh Defense del veicolo fuoristrada tattico da  combattimento leggero (L-ATV). Il programma «intende  sostituire parte della flotta Humvee con un nuovo veicolo leggero multiruolo, offrendo protezione e prestazioni superiori dell’equipaggio».

L’esito delle varie fasi di sviluppo del programma è stato il seguente: il L-ATV, ovvero il nuovo veicolo per il quale l’esercito degli Stati Uniti e l’USMC hanno reimpostato requisiti, programma e costi, «ha completato con successo la gara fuoristrada nel terreno estremo del deserto messicano; (…) è stato utilizzato sviluppando le tecnologie innovative sperimentate negli ultimi dieci anni in Iraq e Afghanistan e le caratteristiche  prestazionali sono state verificate attraverso test approfonditi del profilo di missione».  

PRODUZIONE ED EXPORT

Risultato: la società Oshkosh si è aggiudicata dal 2016 al 2021 diverse commesse che hanno fornito mezzi comprensivi di servizi di supporto e kit associati  dal prezzo unitario oscillante tra i 270 e 400mila dollari. Prezzi che risentono, naturalmente, di una scala di produzione ben maggiore, ma che restano comunque un parametro di confronto indicativo, proprio su un mercato sempre più attivo e globale, rispetto al quale la stessa Unione europea dovrà pensare in termini sempre meno nazionalistici e sempre più di “fronte comune” sia dal punto di vista della difesa territoriale che dell’impegno finanziario. Anche per tipologia di impiego, sicurezza  ed equipaggiamento, il L-ATV statunitense non lascerebbe margini di dubbio: «Quello di base – riporta Army Technology –  è dotato di un avanzato sistema di protezione dell’equipaggio, con un livello di protezione simile a quello dei veicoli a prova di imboscata (MRAP) resistenti alle mine. Il sistema di protezione può resistere alle esplosioni del ventre. (…) Il L-ATV è dotato di un sistema di sospensioni che offre elevati livelli di mobilità e manovrabilità del veicolo (…) è stato appositamente progettato per veicoli leggeri e a alte prestazioni, garantendo un’elevata mobilità e manovrabilità del veicolo».

Dal canto suo anche Breaking Defense, rivista di strategia, politica e tecnologia della difesa, si occupa della questione e riporta, tra i molti altri dati, quanto raccolto da Andrew Eversden circa la competitività su diversi mercati di un mezzo che al suo produttore è valso, alla fine del 2021, una contratto di 6,5 miliardi di dollari per 17.000 JLTV e 10.000 trailer (rimorchi). Ossia, dai 200mila ai 400mila dollari al pezzo. Proprio rispetto alla finalizzazione verso il mercato dell’export,  per il quale il nostro Lince 2 sarebbe stato perfezionato secondo quanto sostenuto anche in Commissione difesa,  Mulè sottolinea: «Sul costo unitario incide molte volte il quantitativo di mezzi che vengono prodotti. Se è una produzione su larga scala, i costi di ammortamento anche rispetto allo sviluppo della tecnologia e del mezzo sono inferiori rispetto a un mezzo per il quale se ne producono 1.000. Se ne produco 5.000, i costi si abbassano.

Qual è però l’esperienza che abbiamo maturato? L’esperienza ci dice che il Lince 1 è stato venduto in Brasile, in Gran Bretagna, in Spagna, in Norvegia, in Albania, quindi è un veicolo di successo. Tutto ci lascia dire che avendo imparato dai propri errori, avendo conformato un nuovo veicolo, il Lince 2, sulla base di quello che è arrivato da una utilizzazione sul terreno, certamente abbiamo l’aspettativa di attirare interesse da parte di clienti stranieri proprio perché è un ammodernamento, una evoluzione della capacità che è attagliata soprattutto agli scenari di impiego, come gli scenari desertici o di montagna. Lo abbiamo aggiustato a seconda delle esigenze, per cui l’aspettativa di export è uguale, se non maggiore, rispetto al successo che ha avuto il Lince 1».

I MERCATI ESTERI

Di fatto, le previsioni ottimistiche circa l’interesse da parte del mercato estero basate sul confronto con quanto avvenuto nel passato  – in particolare con il Lince 1, che aveva un costo iniziale di 400mila euro, tra i più cari quindi sin da subito rispetto al mercato internazionale  – dovranno fare i conti con la capacità di produzione di un mercato internazionale dai prezzi enormemente più contenuti a prestazioni del tutto simili, se non migliori, in termini di sicurezza, efficienza e affidabilità; prestazioni testate in scenari considerati tra i più critici. Ancora di più preoccupa il confronto tra la spesa pubblica complessiva e il costo di un mezzo che allo Stato costa 2 milioni e 200mila euro l’uno, di fatto quasi sei volte di più  rispetto a mercati esteri di primissimo livello.


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