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Nuovi accordi sulle forniture di energia. Rafforzamento delle partnership commerciali. Collaborazioni sul fronte militare e della difesa. Intese sul piano della collaborazione scientifica e universitaria. La missione di Giorgia Meloni prima in India e poi ad Abu Dhabi ha un importante valore strategico che lancia le basi per un nuovo ruolo dell’Italia alla luce delle profonde e rapide trasformazioni che stanno modificando l’assetto delle relazioni strategiche e geoeconomiche in tutto il mondo.

Un ruolo che punta a spostare l’asse del conflitto tra occidente liberal-democratico e dispotismo orientale panrusso riemerso tragicamente dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. In questo sforzo della premier, l’Italia potrebbe diventare la punta di lancia dell’Europa verso il multiforme Sud del mondo, svolgendo una capacità attrattiva nei confronti dei paesi arabomediterranei e dell’Africa subsahariana, fino ai paesi del Golfo Persico e all’Indo-pacifico.

GLI ACCORDI CON L’INDIA

Così può leggersi la prima tappa indiana, archiviata da Meloni con un successo di immagine, con il volto della premier italiana raffigurato sui cartelli giganti di benvenuto disposti sulle strade della capitale del Paese, l’incontro bilaterale con il suo omologo Narendra Modi e l’applauso raccolto dal suo intervento come ospite d’onore alla conferenza Raisina dialogue.

Poi c’è la sostanza. L’interscambio commerciale pari a 15 miliardi di euro, raddoppiato negli ultimi anni, sarà rafforzato ulteriormente da una partnership strategica importante che prevede, tra le altre cose, un ponte per le start up e una rinnovata cooperazione nei settori della difesa e delle energie rinnovabili.
Il presidente Modi ha annunciato che Italia e India svolgeranno esercitazioni militari congiunte e ha invitato le aziende italiane della difesa a produrre nel suo paese. Il rafforzamento dei legami è cruciale per Meloni visto il ruolo che l’India svolgerà sempre di più nei prossimi anni.

Come ricorda Jagannath Panda, capo dello Stockholm Center for South Asian and Indo-Pacific Affairs presso l’istituto svedese per le politiche di sicurezza e sviluppo con sede a Stoccolma e a Washington, Modi sta perseguendo una “diplomazia pluri-allineata”, che concilia l’alleanza storica con la Russia che risale alla guerra fredda e la cooperazione con gli alleati occidentali. Non a caso il 65% delle forniture militari indiane arriva da Mosca.

Nel 2022, inoltre, l’import indiano dalla Russia è quadruplicato, raggiungendo 32,8 miliardi di dollari. E, nel giro di un anno, Mosca è diventata il suo più grande fornitore di petrolio, davanti a paesi come Iraq e Arabia Saudita. Si spiega così la posizione di non-allineamento che l’India mantiene dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, confermata dalle ripetute astensioni alla mozione di condanna dell’attacco di Putin approvate dall’assemblea Onu, fino alla settimana scorsa.

LA CHANCE INDIANA

Ciò nonostante, l’India partecipa, insieme agli Stati Uniti, all’alleanza del Dialogo quadrilaterale per la sicurezza (Quad) nella regione dell’Indo-Pacifico che ha la funzione di contrastare l’espansionismo cinese nell’area. Intanto, New Delhi presiede il G20, si autoproclama portavoce del sud del mondo, ha superato da poco la Cina come Paese più popoloso del pianeta ed è diventata la quinta economia globale.

Costruire un ponte con questo gigante significa per Meloni fare dell’Italia la porta d’ingresso per l’India in Europa. Come ha spiegato la premier, l’Italia è sempre più proiettata verso l’Indo-Pacifico, pur restando «parte integrante della comunità euro-atlantica e dell’Occidente culturale e politico», ripercorrendo la storia delle sue repubbliche marinare e di Marco Polo.

«Per secoli, i nostri flussi marittimi hanno guardato verso sud e verso il resto del Mediterraneo, che resta il nostro vicinato naturale – ha detto Meloni – Questo è lo spirito incarnato dalla nostra visione, il cosiddetto Piano Mattei, per il Mediterraneo e per tutto il continente africano. Una vasta regione che ha anche le risorse, a partire dall’energia, che sono fondamentali per l’Europa, ma che dovrebbero prima di tutto essere di beneficio per i popoli che ne sono proprietari».

AD ABU DHABI NEL SEGNO DEL PIANO MATTEI

Ecco perché, tra ieri e oggi, il viaggio della premier, accompagnata dal ministro degli Esteri, Tajani, continua ad Abu Dhabi per riallacciare i legami con gli Emirati Arabi Uniti. Una visita che ha l’obiettivo di rendere stabile una collaborazione tra i due Paesi in tutti i settori, ma soprattutto in quelli più strategici, come quello energetico, ambientale e della difesa.

Il primo incontro di ieri mattina è stato con il ministro dell’Industria e della tecnologia avanzata e presidente designato della Cop28, Sultan Al Jaber. Al Jaber è anche l’amministratore di Adnoc (Abu Dhabi National Oil Company) che oggi firmerà con Claudio De Scalzi, l’amministratore delegato di Eni, un accordo di cooperazione nel settore della transizione energetica.

Eni agisce negli Emirati Arabi Uniti dal 2018 nei settori dell’esplorazione, sviluppo e produzione di idrocarburi, nella raffinazione, nel trading e nella chimica. Con una produzione di 60mila barili di olio equivalente al giorno è tra i maggiori operatori internazionali nel Paese. Con questa iniziativa, Meloni cerca di dare un seguito a quel Piano Mattei che ha l’obiettivo di garantire e diversificare le forniture di energia per il nostro Paese e, con questo, rafforzare il ruolo strategico dell’Italia nel sud del mondo.

GLI INTERSCAMBI

Ma gli Emirati Arabi Uniti rappresentano per l’Italia il primo fornitore e il primo mercato di sbocco dell’area del Medio Oriente e del Nord Africa (Mena): il valore delle esportazioni italiane verso il Paese del Golfo ammonta, nell corso del 2022 a cinque miliardi di euro, il 25,5 per cento in più su base annua.

I settori maggiormente coinvolti nell’export italiano verso gli Emirati sono la gioielleria, con 1,1 miliardi di euro, la meccanica, con 773 milioni di euro, e l’agroalimentare, con 346 milioni. L’anno scorso l’Italia è stata il principale partner commerciale nell’Unione europea degli Emirati Arabi Uniti. Nel Paese sono presenti oltre 600 aziende italiane, tra grandi società e piccole e medie imprese. Tra i settori principali: le costruzioni (Italferr, Itinera, Mapei, Rimond Cimolai, Rizzani de Eccher, We Build), l’energia (Ansaldo, Eni, Maire Tecnimont, Saipem, Snam, Technip, Tenaris), i beni di consumo (Fca, Luxottica, Maserati, Technogym), la sicurezza e difesa (Elettronica, Fincantieri, Leonardo), il bancario-assicurativo (Banca Intesa Sanpaolo, Unicredit, Sace) e l’aerospaziale (Telespazio).

COOPERAZIONE E CULTURA

Un altro ambito, quello della cooperazione scientifica, beneficia della presenza negli Emirati di numerosi ricercatori italiani. Ad Abu Dhabi, per esempio, è stato recentemente inaugurato il primo Istituto italiano di cultura nell’area del Golfo. Nel novembre 2022, l’Italia è stata ospite d’onore alla 41ª edizione della Fiera internazionale del libro di Sharjah (Sibf), una tra le primissime Fiere del libro nel mondo per numero di espositori (1.600), provenienti da 83 Paesi, per volumi esposti e soprattutto per numero di accordi relativi alla cessione di diritti di traduzione.

Ce n’è abbastanza per dimostrare le formidabili potenzialità che si aprono per l’Italia nel dialogo con i tanti sud emergenti del mondo. Un tema strategico che sarà anche il focus del Festival Euromediterraneo dell’Economia, promosso da questo giornale, che si svolgerà il 17 e 18 marzo a Napoli.


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