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Carlo Calenda e Matteo Renzi

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Di sicuro Renzi e Calenda non si sono mai amati. O comunque, se è stato amore è durato talmente poco che nessuno se ne è accorto. La coppia del goal del centrismo 2.0 è scoppiata proprio quando stava per convolare a nozze. Terzo Polo sì, Terzo Polo no.

«Meglio aspettare» è la tesi dei renziani. «Ma se abbiamo scritto un documento che avete condiviso anche voi» rilanciano i calendiani. Tutto finito, quindi? Praticamente sì. Forse il Terzo Polo prima o poi si farà, ma se accadrà Carlo e Matteo non ci saranno.

IL TIRA E MOLLA

E pensare che il rapporto tra i due nasce quando Renzi, da presidente del Consiglio, sceglie Calenda come ministro dello Sviluppo economico. Per un po’ corre buon sangue. Non a caso un bel giorno Calenda, da ministro, si lascia scappare: «Matteo è il miglior presidente del Consiglio dai tempi di De Gasperi».

Poi il rapporto si incrina, perché Carlo sposa il Pd quando nel Pd, ormai, Matteo  è quasi in uscita. E i due non solo iniziano a battibeccare sui 5Stelle, ma si ritrovano a occupare lo stesso spazio politico, il centro, dove fior di fuoriclasse della politica italiana si sono andati a schiantare dalla fine della Dc in poi.

Di sicuro li divide il carattere. Di sicuro li divide l’obiettivo finale. «Carlo non ha mai pensato di fungere da stampella del centrodestra, Matteo non disdegna lo scenario» sussurra uno che conosce entrambi. E ancora: «Carlo è un’idealista, Matteo pensa solo alle nomine e alla conferenze». E così, dopo le amministrative di Roma, miglior risultato della premiata ditta, dopo le politiche  2022 in cui i due non hanno sfigurato, cominciano i guai. Terzo Polo sì, Terzo polo no? Boh.

«Così il partito unico non nasce» sbotta Calenda. «Ci ha chiesto di non fare più la Leopolda. Questo è inaccettabile» replicano  i renziani. E ancora da Calenda sarebbe arrivata un’altra stilettata: «Abbiamo chiarito che negli organi direttivi del partito non potrà esserci chi ha conflitti d’interesse». E anche in questo il convitato di pietra ha un nome e un cognome: Matteo Renzi, già più volte criticato in passato per la sua attività da senatore-conferenziere a pagamento.

«Il partito unico è definitivamente morto» insiste Calenda. Risposta dei renziani: «Interrompere il percorso verso il partito unico è una scelta unilaterale di Calenda – detta in una nota Renzi – Pensiamo che sia un clamoroso autogol, ma rispettiamo la decisione di Azione». Insomma, tutto finito? Nella testa di Renzi avrà sicuramente pesato il fattore Forza Italia e la convalescenza del Cavaliere, una variabile chiave per contendere quel pacchetto di voti moderati, specie in vista delle Europee. Ragion per cui sembra preferire congelare il progetto e aspettare che si definisca il quadro nella casa di Arcore.

«Renzi non vuole sciogliere Italia viva, il ragazzo sui soldi non scherza» dice ancora Calenda. Risposta di chi è stato interpellato: «Il partito vecchio si scioglie quando nasce quello nuovo».

LA PROPOSTA CARFAGNA

E via così fin quando ieri Mara Carfagna, ex berlusconiana, oggi calendiana, lancia una proposta: «Abbiamo il dovere di andare avanti e lasciarci alle spalle le miserie e la polvere di questi giorni. E questo per due motivi. Primo: abbiamo la responsabilità di rispondere alle aspettative di chi, sui territori, continua a lavorare bene insieme, esprime candidature comuni e porta avanti battaglie unitarie. Secondo: non possiamo deludere quei milioni di italiani che hanno creduto in noi».

E allora qual è il punto di caduta? Carfagna rilancia l’idea di una federazione tra tutte le forze di centro, riformiste, europeiste e liberali, senza rinunciare al proprio simbolo. Sembra fatta. La renziana Raffaella Paita accoglie l’ipotesi: «Interessante la proposta di Mara Carfagna di ripartire dalla federazione. Noi ci siamo».

A metà mattinata interviene anche Renzi con una e-news: «In questi giorni si stanno finalmente abbassando le polemiche sul Terzo Polo. Da parte mia non ci sarà nessun insulto perché per me la politica è sogno, non fango. Sono pronto al confronto con tutti sulle idee ma non attaccherò mai nessuno a livello personale o con toni giustizialisti. Vedrete che il tempo sarà galantuomo anche stavolta».

Alle 13.30 arriva la bollinatura di Calenda che, interpellato dall’Adnkronos, assicura: «Condivido al 100% quello che dice Mara».  Tutto volge verso la ricucitura. Osvaldo Napoli, membro della segreteria nazionale di Azione, loda l’azione della collega di partito: «Bene l’idea della federazione, ma serve un nuovo spartito».

LA FRENATA DI AZIONE

Peccato che di lì a poco la linea si interrompa un’altra volta. A metà pomeriggio Azione frena e fa uscire questo dispaccio: «La federazione con Italia Viva è stata sciolta e non verrà ricostituita. Sono venuti meno i presupposti di fiducia dopo le azioni di Renzi e Boschi di questi mesi. Il progetto di Azione va avanti con l’obiettivo di costruire un polo riformista, liberale e popolare con chi seriamente e lealmente ci vorrà lavorare. Lo fanno sapere fonti di Azione». Tutto da rifare? Forse sì, forse no. Di sicuro, per oggi sì.


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