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Una chiara comunicazione del Vice Presidente di Assologistica Renzo Sartori di qualche giorno fa ha praticamente messo in evidenza una grave criticità dell’intera offerta logistica a scala europea e nazionale.

Sartori in particolare ha detto: “Molti autisti, tornati nei loro Paesi, soprattutto dell’Est europeo, quando la pandemia ha limitato le attività economiche, non sono più tornati. Si tratta in particolare di moldavi, romeni e ucraini. Molti autotrasportatori italiani e stranieri sono passati alle consegne “di ultimo miglio”, aumentate per via della crescita della e-commerce. Una questione che si è aggiunta alle difficoltà del ricambio generazionale che già esistevano prima del Covid. La vita dell’autista non è molto ambita e dal 2016 avevamo già riscontrato difficoltà nella sostituzione di chi andava in pensione”.

Ma in una filiera questa carenza diventa ancor più preoccupante, mi riferisco a quella delle derrate alimentari; a tale proposito Sartori precisa: “le derrate alimentari sono un tipo di merce che non si può consegnare in ritardo e ora bisogna pianificare con molto anticipo le consegne e fare delle previsioni, andare a cercare gli autisti disponibili”.

Tra l’altro l’intero assetto logistico delle merci su gomma assiste anche ad un’altra criticità: mentre scompaiono gli autisti aumenta la domanda di trasporto: nel primo trimestre dell’anno c’è stato un aumento del 7%. Questa emergenza fa scattare automaticamente una urgente necessità di trasferire su ferrovia un numero rilevante di tonnellate di merci oggi trasportata su strada. Sembra davvero strano ma questo trasferimento da una modalità di trasporto ad un’altra non avviene in modo dirigistico e non avviene neppure attraverso una diretta convenienza o un diretto interesse da parte di operatori logistici legati alla gomma.

Non possiamo però immaginare che un trasferimento dalla strada alla ferrovia avvenga in tempi brevi e, ancora più difficile, la modalità ferroviaria ha precise caratteristiche ed offre determinate convenienze solo se si supera un numero determinato di chilometri (oltre 400 – 500 Km.).

Allora questo problema che, come emerge chiaramente dalle considerazioni del Vice Presidente Sartori non è possibile superarlo solo incrementando gli emolumenti, rendendo più accettabile la qualità del lavoro e assicurando anche una adeguata formazione soprattutto nella fase iniziale, è superabile solo rivedendo da subito le logiche con cui viene portata avanti la intera logistica ed in particolare come poter ridescrivere la intera “supply chain” o meglio ripianificala. In realtà la supply chain aveva completamente modificato il ciclo della produzione e quello della distribuzione. Oggi dobbiamo supportare questo nuovo sistema, questo nuovo approccio logistico con una vera e misurabile pianificazione e anticipazione della domanda. La perdita di 30.000 operatori, l’annullamento di una tessera, quella legata al fattore umano, del mosaico logistico che caratterizza l’intero sistema produttivo se non risolto subito produce il blocco immediato della crescita e, la cosa più grave, è che se non si interviene subito un simile blocco diventa irreversibile.

Diventa, quindi, di fondamentale importanza dotarsi di sistemi capaci di proiettare accuratamente la domanda, così da poterla bilanciare con l’offerta. Oltre al bilanciamento della domanda con l’offerta, il Supply Chain Planning rivisitato permetterà anche di analizzare gli scenari ipotetici e aiuterà le aziende a rispettare le richieste della domanda in tempo reale. Si tratta di un processo a ritroso che ha come intento quello di anticipare la domanda, così da poter permettere di mantenere un inventario ottimale, evitando costi di mantenimento e surplus. Questo processo inevitabilmente coinvolge più team di lavoro, che vanno dalle vendite, al marketing, fino alla produzione. In realtà la perdita di 30.000 autotrasportatori ci impone una vera riconsiderazione della intera organizzazione della offerta e questo, per evitare ulteriori danni all’intero sistema economico del Paese, bisognerà renderlo operativo nel breve termine.
Da subito, quindi, deve diventare operativo un continuo coordinamento in tempo reale di tutti i team di lavoro e di tutti i processi.

Questo comporta l’elaborazione di un enorme quantità di dati che può essere processata solo dotandosi dei giusti strumenti in grado di prendere in considerazione le informazioni provenienti da diverse aree di lavoro, ossia occorrerà, come già preannunciato da diversi esperti della logistica, d’ora in poi:

  1. ottimizzare l’intero iter produttivo e distributivo ricorrendo a sofisticate tecniche previsionali in modo da essere sempre pronti a garantire la offerta adeguata
  2. ridurre al massimo il carico a vuoto, una riduzione abbondantemente superiore a quella ottenuta con le tecniche attuali
  3. identificare un nuovo approccio nella ubicazione e nella dimensione degli HUB logistici; forse occorrerà rivedere il ricorso ai grandi interporti, forse bisognerà trasferire nelle aree portuali attività oggi ubicate in realtà interportuali
  4. rivedere la distribuzione degli HUB logistici nel territorio; non più pochi impianti dimensionalmente grandi ma più impianti dimensionalmente medi
  5. disporre di una digitalizzazione vera e non sommatoria di digitalizzazioni

Stiamo capendo in ritardo, e forse la pandemia e la guerra in Ucraina sono state una occasione, che la variazione costante della domanda e l’imprevedibilità degli scenari, come la perdita di 30.000 camionisti, impongono, inevitabilmente, alle aziende di chiedere allo Stato un immediato incontro per ridisegnare insieme la nuova offerta.

Nutro solo una motivata preoccupazione: il Centro Nord ha capito la gravità di questa emergenza esplosa con la perdita di 30.000 operatori e, soprattutto, con la operazione del nuovo HUB logistico retroportuale al porto di Genova ubicato in Provincia di Alessandria ha già dimostrato una consolidata coscienza a seguire un nuovo approccio, ad ottimizzare davvero le logiche della offerta. Invece nel Sud non è successo nulla e, cosa ancor più grave, si è convinti che il futuro, nella logistica, sia uguale al presente, sia uguale al passato. Questa miopia, come al solito, fa comodo non tanto alle società di logistica del centro nord quanto alle società di logistica internazionali che useranno, come avvenuto finora, il Mezzogiorno come vera colonia per ottimizzare al massimo i loro margini.

Il mio non è un grido di dolore ma solo un auspicio che una emergenza del genere non sia affrontata dalle singole Regioni del Sud ma, con un’azione organica, da tutte ed otto le Regioni del Mezzogiorno e un’azione del genere può trovare nella Conferenza Stato Regioni e nella Ministra delle Regioni Maristella Gelmini la sede adatta per dare vita ad un urgente processo innovativo.


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