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Il raffreddamento dell’inflazione inizia a rimbalzare anche sui consumi. A ottobre (primo mese tra l’altro del “patto” varato dal Governo contro il caro prezzi dei prodotti alimentari e di prima necessità) le vendite al dettaglio, secondo i dati Istat pubblicati ieri, hanno segnato una crescita su settembre dello 0,4% in valore e dello 0,3% in volume. Un incremento che ha interessato sia le vendite dei prodotti alimentari (+0,6% in valore e quantità), sia degli altri beni (+0,2% e +0,1%).

Per gli alimentari, in particolare, è importante che si sia interrotto il trend proseguito per quasi tutto l’anno caratterizzato da un aumento del valore, a fronte però della flessione delle quantità. Insomma spendere di più per mangiare meno. Ottobre ha interrotto dunque uno schema che però si ritrova sul trimestre e sull’anno. Nel trimestre agosto-ottobre del 2023, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio sono calate sia in valore (-0,4%) che in volume (-1,3%).

Mentre quelle alimentari, come dicevamo, a fronte di un +0,3% della spesa si sono ridotte dell’1% in quantità. Segno negativo per i beni non alimentari. Anche su base tendenziale il dato è di +0,3% in valore e -4% in volume. Con una differenza incisiva per gli alimentari che a fronte di un aumento in valore del 3,5% hanno perso il 2,9% in quantità. Segno meno per i non alimentari su tutti i fronti rispettivamente -2% e -4,7%.

Per i beni non alimentari l’Istat ha registrato variazioni tendenziali eterogenee tra i gruppi di prodotti, con una prevalenza di segni negativi. L’aumento maggiore ha riguardato i prodotti di profumeria, cura della persona (+3,1%), mentre su terreno negativo si sono collocati elettrodomestici, radio, tv e registratori (-5,3%) e abbigliamento e pellicceria (-5,0%). Per quanto riguarda le forme distributive continua a essere “premiata” la grande distribuzione (+2,2%). L’incremento più elevato è per le vendite alimentari con +4,5% rispetto a ottobre dello scorso anno e del 7,7% nel periodo gennaio-ottobre 2023 sullo stesso periodo del 2022.

Corrono poi i discount alimentari che hanno messo a segno un balzo del 5,1% che sale all’8,7% sui dieci mesi dello scorso anno. Hanno tenuto le vendite al di fuori dei negozi (+0,5%) e il commercio elettronico (+1,6%), mentre è proseguito l’andamento negativo per le imprese che operano su piccole superfici (-1,8%). Nel commento l’Istat ha evidenziato come ottobre rappresenti il primo mese in cui si siano registrati incrementi dei volumi, un dato che non si vedeva dallo scorso maggio.

I numeri dell’Istat sono stati accolti con cautela dalla Confcommercio che due giorni fa aveva stimato prospettive favorevoli per i consumi delle prossime festività. Secondo l’organizzazione del commercio infatti il quadro delineato dall’Istat evidenzia lo stato di stagnazione dell’economia italiana. Il modesto recupero registrato, in termini congiunturali, dalle vendite a volume, dopo quattro mesi in negativo, ha solo attenuato – questo il commento di Confcommercio – il divario che si rileva nel confronto annuale.

Ma la ripresa seppur lieve prelude comunque a un Natale che dovrebbe offrire buone chance per le spese natalizie. E a guidare la “ripresina” sono stati i prodotti alimentari. Mentre sono sempre in sofferenza i piccoli negozi. E per gli esercizi commerciali Confesercenti, in occasione dell’assemblea annuale, ha lanciato la richiesta di “adottare provvedimenti per rigenerare il tessuto commerciale” con un pacchetto di misure ad hoc partendo dalla decontribuzione per i giovani che avviano un’attività commerciale con vantaggi fiscali per gli esercizi sotto 400mila euro di fatturato.

Anche Confesercenti comunque vede rosa per le prossime feste con “ la spesa degli italiani in crescita, anche se l’inflazione gonfia i budget”. Le previsioni per dicembre sono dunque favorevoli, con una spesa per i regali di Natale superiore del 13% rispetto allo scorso anno. Non la pensa così il Codacons che continua a leggere anche nell’ultimo report Istat di ottobre “un pessimo segnale” con prezzi ancora in rialzo. Il calo degli acquisti in volume è stato quantificato in una perdita di 32,5 miliardi. Di diverso avviso l’Unione Nazionale Consumatori secondo cui è stato “scongiurato un Natale in bianco” per quanto riguarda i consumi anche se il Paese non è ancora fuori dal tunnel.

Se si brinda sui consumi, resta però ancora difficile la situazione della produzione industriale che a ottobre ha perso lo 0,2% sul mese precedente. Risultato negativo, anche se sempre lieve, nel trimestre agosto-ottobre (-0,2%) rispetto a quello precedente. In termini tendenziali la flessione si attesta all1,1% che è il risultato di aumenti per l’energia (+2,7%) e i beni strumentali (+1,3%) e cali per i beni di consumo (-2,9%) e intermedi (-3,2%).

I settori che hanno registrato gli incrementi tendenziali più ampi sono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati (+10,4%), la fabbricazione di mezzi di trasporto (+8,9%) e di computer e prodotti di elettronica (+6,6%). Tra le industrie più penalizzate invece spiccano legno, carta e stampa (-11,8%), tessile, abbigliamento, pelli e accessori (-11,3%) e fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (-6,9%). Una fotografia che spiega il calo di fiducia delle industrie a novembre da 103,9 a 103,4 segnalato dall’Istat. Anche se va tenuto conto dei segnali contrastanti che provengono dal fronte delle imprese : pessimismo nei servizi e nelle costruzioni, segnali di miglioramento invece nella manifattura (da 96,1 a 96,6) e nel commercio (da 106,1 a 107,4).


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