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Roberto Lagalla

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Palermo volta pagina. Roberto Lagalla, candidato del Centrodestra, è stato eletto sindaco al primo turno con il 48,3%. Battuto Franco Miceli, candidato del Centro-sinistra e del M5S che si è fermato al 28,1%. Terzo Fabrizio Ferrandelli (Azione e +Europa) arrivato al 14,60%.

Fondatore del movimento politico Idea Sicilia, Lagalla, deputato della XVII legislatura dell’Assemblea regionale siciliana, eletto nella lista Idea Sicilia Popolari e Autonomisti ed ex assessore regionale all’Istruzione e alla Sanità, Lagalla archivia la stagione politica di Leoluca Orlando, il sindaco uscente che lascia una città travolta da una grave crisi economica e sociale e un’amministrazione a rischio default.

Nato a Bari il 16 aprile 1955, il primo cittadino è laureato in Medicina e Chirurgia, specialista in radiologia diagnostica e radioterapia oncologica dal 1983 e ordinario di Diagnostica per immagini e radioterapia all’Università degli Studi di Palermo, di cui è stato rettore dl 2008 al 2015.

Sono clamorosi i dati sulle liste: contrariamente alle aspettative di Forza Italia, che si aspettava di dover cedere il primato nel Centrodestra a Fratelli d’Italia, la lista di Berlusconi è il primo partito con il 12%. Alle sue spalle il Pd con il 10,8%, poi Azione-Più Europa con il 9,2% e Lavoriamo per Palermo, principale civica di Lagalla, con l’8,9%. Solo quinta Fratelli d’Italia con l’8,4%. Il M5S sesto con il 7,6%. Progetto Palermo, civica di Miceli, sarebbe oltre la soglia di sbarramento con il 5,7%. L’ultima lista in Consiglio comunale è la Dc nuova di Totò Cuffaro con il 5,6%. Fuori “Prima l’Italia”, il simbolo con il quale la Lega si è presentata a queste elezioni: il risultato sarebbe un deludente 4,7%, e resta così fuori dal consiglio comunale.

L’altro dato-chiave è l’affluenza, bassa come non era mai accaduto: secondo il dato definitivo alle urne si sono presentati 227mila elettori, il 41,82%. Oltre a essere ben al di sotto della media siciliana (che nei centri al voto per le Comunali si è attestata oltre il 51%), con oltre 10 punti in meno di 5 anni fa è di gran lunga il dato più basso nella storia della città, la quinta più popolosa in Italia.

Dopo settimane di veleni, polemiche sui condannati per mafia Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro in sostegno di Roberto Lagalla, l’arresto di due candidati (Fi e Fratelli d’Italia) per scambio elettorale politico-mafioso e i quattro “impresentabili” della Commissione Antimafia, l’elezione dell’ex rettore dell’Ateneo palermitano è però stata accompagnata dallo scandalo dei seggi vacanti. Sono oltre 200 le persone segnalate alla Procura della Repubblica di Palermo dopo il caos ai seggi di domenica con decine di sezioni rimaste chiuse per ore perché presidenti e scrutatori non si sono presentati.

I magistrati, coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, hanno aperto un’inchiesta per accertare la legittimità o meno delle rinunce agli incarichi, molte delle quali sarebbero arrivate a poche ore dal voto. I reati ipotizzati sono l’interruzione di pubblico servizio, il rifiuto di atti d’ufficio e la violazione di una legge elettorale del 1960. A far esplodere il caos è stato il forfait di quasi un terzo dei presidenti designati nei 600 seggi per le amministrative, in concomitanza con l’attesa partita casalinga del Palermo con il Padova per la promozione in B che ha registrato il “tutto esaurito”.

“E’ gravissimo che a Palermo, senza alcun preavviso, un elevato numero di presidenti di seggio non si sia presentato per l’insediamento, ovvero abbia rinunciato all’incarico, ritardando l’avvio delle operazioni di voto. Un tale atteggiamento esprime un’assoluta mancanza di rispetto per le Istituzioni e per i cittadini” ha detto il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. “A mezzogiorno con 38 seggi ancora chiusi a Palermo mi sono permesso di chiamare il Quirinale perché mi sembrava una situazione di furto di democrazia da quarto mondo. Spero venga a galla cos’è successo” ha aggiunto il leader della Lega Matteo Salvini.

L’Ordine degli avvocati di Palermo ora invoca addirittura l’annullamento delle elezioni. E dopo lo spoglio di ieri, appare probabile il ricorso alle carte bollate nelle aule di giustizia da parte dei candidati sconfitti che accusano la non regolarità del voto. Peggio di così l’era post-Leoluca Orlando non poteva aprirsi. Intanto, il risultato segna già una conseguenza sul governo regionale: FdI spinge infatti per la ricandidatura di Nello Musumeci, contro la quale si schiera invece Forza Italia. “Noi puntiamo all’unità del centrodestra – dice Gianfranco Miccichè, presidente dell’Ars e leader forzista – e riteniamo che in vista delle regionali non si possa raggiungere sul nome di Musumeci. Non possiamo avere un candidato così divisivo come Musumeci che ci condannerebbe a perdere”.


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