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Silvio Berlusconi in via della Scrofa

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Dopo il patto della scrofa la tensione tra Forza Italia e Fratelli d’Italia si è smorzata ma per Berlusconi il cielo non è affatto sereno

Ad aprirgli la porta di via della Scrofa non è stato questa volta Guido Tabanella, storico usciere del Msi e di An, che si fece immortalare dal fotografo Enrico Para nell’istante in cui indicava la stanza del segretario Gianfranco Fini a Silvio Berlusconi. A proposito, con quella foto Tabanella fece la campagna elettorale per diventare sindaco di Mentana.

Aneddoti a parte, Berlusconi si è presentato in trasferta con la tenuta da stadio, come la chiamano ad Arcore. Camicia e giacca, senza cravatta. È da solo, senza assistenti. Giorgia Meloni lo accoglie nel cortile dello storico palazzo della destra italiana. «Mi scuso per il ritardo». Risposta della padrona di casa: «Mi sono data del tempo, non preoccuparti».

IL PATTO DELLA SCROFA TRA BERLUSCONI E MELONI

Dal cortile si trasferiscono al secondo piano dell’edificio.  Un faccia  a faccia che dura circa 75 minuti. Dopo aver sorseggiato un caffè e sgranocchiato qualche bignè, i due leader iniziano a confrontarsi su quanto successo giovedì in Senato. Non è in vena di battute, il Cavaliere, come in altre occasioni. Segno che la ferita è stata aperta per diversi giorni.

«Voltiamo pagina. Io volevo solo inviare un segnale…» propone il leader di Forza Italia. Che tra le righe le vorrebbe far notare che «io resto il fondatore del centrodestra, vorrei solo un po’ di rispetto». E «Giorgia», dall’altra parte,  ad annuire e a guardare avanti. Ma con una certezza: non intende derogare rispetto a un metodo che si è data. Ovvero, in virtù del mandato dei cittadini occorre presentarsi uniti alle consultazioni offrendo a Sergio Mattarella una serie di nomi inappuntabili e di alto profilo. È questo il primo punto dell’accordo che scongiura l’ipotesi azzurra di salire al Colle in autonomia. 

LA FORMAZIONE DEL GOVERNO È UNA QUESTIONE ANCORA APERTA

Non ci sarà nulla di tutto questo. E se questo è il primo tassello, la questione «governo» è ancora aperta. Si conoscono i numeri: gli azzurri dovrebbero incassare cinque ministeri. A una condizione, però: dovranno essere personalità qualificate, esperte e a prova di conflitto di interessi. Antonio Tajani, ad esempio, avrà un doppio ruolo: sarà il titolare del ministero degli Esteri e rivestirà il ruolo di vicepremier. D’altro canto, nessuno ha da ridire sul curriculum: oltre 25 anni a Bruxelles,  già presidente dell’Europarlamento, e oltretutto uno dei leader  del Partito Popolare europeo, la famiglia che garantirà l’esecutivo di Giorgia Meloni.

Rimane aperto il nodo giustizia. Meloni è convinta che quella casella debba toccare a una figura come Carlo Nordio, un magistrato che non può essere messo in discussione dal Quirinale. Nulla da fare, quindi, per Maria Elisabetta Alberti Casellati e Francesco Paolo Sisto, i due nomi messi sul tavolo dal Cavaliere. Ma la leader di Fd’I non ha mai pensato in alcun modo di consegnare via Arenula a Forza Italia «anche perché – spiegano – saremmo attaccati da chiunque». E dunque quale sarebbe la compensazione? Berlusconi vorrebbe un ministero economico, un dicastero di spesa. Non a caso il ragionamento che fa davanti alla leader di Fd’I è più o meno questo: «Se Giorgetti andrà all’Economia, se uno dei tuoi o un tecnico andrà al Ministero dello Sviluppo economico, se un altro dei tuoi andrà al Lavoro, se Salvini andrà alle Infrastrutture, quale ministero economico avrà Forza Italia?».

In sostanza, Berlusconi batte i pugni, per avere una compensazione ministeriale, visto che la Lega ad oggi appare sovra-rappresentata, non solo dal punto di vista parlamentare. Ed ecco che allora Meloni mette sul tavolo la Transizione energetica per il forzista Gilberto Pichetto Fratin, già viceministro alla Sviluppo economico del governo Draghi, un profilo stimato trasversalmente, e il ministero delle Riforme per l’ex presidente del senato Casellati che duella con Roberto Calderoli.

IL PATTO DELLA SCROFA PUÓ BASTARE A BERLUSCONI?

Può bastare? Non è dato sapere anche perché, secondo gli azzurri, «l’accordo sui ministeri è ancora aperto». Lo si evince anche dalla nota che diramano Fd’I e Forza Italia in cui si afferma che «l’incontro si è svolto in un clima di unità di intenti e di massima cordialità e collaborazione» e che «sono al lavoro per dare il più presto possibile all’Italia un governo forte». 


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