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Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni

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Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi si sono sentiti per un rapido scambio di auguri ma tra Cavaliere e capo del Governo il clima non è disteso

In attesa di verificare gli effetti positivi del tetto al prezzo del gas definito dalla Ue, la crisi energetica resta, assieme alla congiuntura economica e al conflitto in Ucraina, fra i principali fattori di incertezza per lo scenario futuro. E fra le variabili da tenere sotto osservazione, nei piani alti del governo ci sono anche i rapporti nella coalizione, soprattutto con Forza Italia.

Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, raccontano nella maggioranza, si sono sentiti nei giorni precedenti il Natale per un «rapido» scambio di auguri. Il clima fra i due da qualche tempo non è esattamente disteso. «Tutto è bene quel che finisce bene», gettano acqua sul fuoco gli azzurri, che nella manovra rivendicano l’accoglimento della proposta di aumentare le pensioni minime a 600 euro (mirando a raggiungere i mille euro nell’arco della legislatura) e la decontribuzione fino a ottomila euro per chi assume a tempo indeterminato dipendenti under 35.

GOVERNO, BERLUSCONI, MELONI E I MUGUGNI IN FORZA ITALIA

A ben vedere, però, dietro le quinte di Forza Italia si mugugna: ci si aspettava un maggior coinvolgimento sin dall’inizio delle operazioni per costruire la prima legge di Bilancio del governo, fanno sapere. Senza contare che, nel clima caotico dell’esame a Montecitorio, si è anche sfiorato l’incidente nella maggioranza sullo scudo penale per i reati finanziari, fino all’ultimo dato per sicuro negli emendamenti dei relatori e poi saltato.

Il prossimo banco di prova rischia di essere il Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Nel partito di Berlusconi si registra una certa apertura alla valutazione dello strumento da attivare solo dietro richiesta degli Stati della Ue con un bilancio in difficoltà. La premier, invece, ha chiarito che l’Italia non vi ricorrerà, anche se alla fine il Parlamento dovesse decidere la ratifica.

Fra gli appuntamenti in cui periodicamente emergono spinte non sempre coordinate, ci sono anche le nomine delle società partecipate: fra gennaio e giugno 2023 il governo dovrà indicare i vertici di una sessantina di queste, incluse Eni, Enel, Ferrovie, Leonardo e Poste.


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