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Giorgia Meloni

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Giorgia Meloni ribadisce il no al salario minimo, ma propone di avviare con il Cnel un percorso per una proposta condivisa su lavoro povero e salari bassi. L’opposizione: «Dal governo nessuna vera proposta, daremo battaglia in Parlamento e con una mobilitazione»

Il vertice sul salario minimo inizia alle 17.06 di un pomeriggio agostano e finisce dopo circa due ore di confronto. Risultato finale visto dalle opposizioni: «Ciascuno mantiene le sue posizioni». Risultato finale visto da Giorgia Meloni: «Garantire salari adeguati e il potere d’acquisto delle famiglie è una nostra priorità». Insomma, finisce zero a zero, per entrare in gergo calcistico.

Sala Verde di Palazzo Chigi. Il governo siede da una parte del tavolo, l’opposizione dall’altra. Una prova di compattezza delle rispettive compagini. Giorgia Meloni è affiancata dal vicepremier Antonio Tajani e dalla ministra del Lavoro, Marina Calderone. Matteo Salvini è in videocollegamento. Di fronte ci sono le delegazioni dei partiti che compongono l’emiciclo sinistro del Parlamento. Dal M5s guidato da Giuseppe Conte al Pd con Elly Schlein, e poi Riccardo Magi (+ Europa), Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra e Carlo Calenda e Matteo Richetti di Azione.

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LA MAGGIORANZA

Introduce i lavori la presidente del Consiglio, che critica l’impianto della proposta delle opposizioni sul salario, servendosi delle stesse argomentazioni illustrate qualche giorno fa nella sua rubrica social “Gli appunti di Giorgia”. Salvini è in linea con la premier: «Il rischio è che con la fissazione per la legge di una quota a 9 euro, si abbassino gli stipendi all’80% dei lavoratori che oggi guadagnano di più».

Il leader leghista avrebbe scandito: «Va bene lavorare contro contratti pirata e sfruttamento, ma con il 90% dei lavoratori già coperti e tutelati da contratti nazionali, meglio concentrare gli sforzi su altro. E poi, commercianti e artigiani già in difficoltà rischierebbero di chiudere».

Infine, Salvini sottolinea che «come col reddito di cittadinanza si rischia di alimentare il lavoro nero. Io preferisco aprire cantieri e sbloccare opere, per creare lavoro stabile e ben pagato. Il Ponte sullo Stretto, che Pd e 5Stelle avversano, creerà 100mila posti di lavoro fra Sicilia e Calabria, altro che reddito di cittadinanza o salario imposto per legge».

Im tutto questo Meloni propone una sorta di mediazione: «Proviamo ad avviare con il Cnel un percorso celere ma attento per una proposta condivisa su lavoro e povero e salari bassi».

E ancora: «In 60 giorni si possono coinvolgere le parti sociali per arrivare a una proposta di legge da sottoporre a Parlamento e governo per dare piena attuazione all’articolo 36 della Costituzione: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».

L’OPPOSIZIONE

Proposta che non scalda gli animi dell’opposizione. Riccardo Magi di +Europa la mette così: «Nulla di nuovo, siamo a metà tra un remake della discussione in commissione e il question time del governo alle opposizioni».

E ancora: «Aspettare la proposta del Cnel vuol dire buttare la palla in tribuna». Elly Schlein scuote la testa, e lo stesso fa Giuseppe Conte. L’opposizione compatta sostiene la proposta di legge sul salario minimo a 9 euro l’ora. Non a caso quando tutto finisce le delegazioni di Pd, Azione, +Europa e Alleanza Verdi e sinistra si riuniscono per un punto sull’incontro. Un segnale ulteriore di unità. Obiettivo: uscire con unico messaggio all’esterno.

Pochi minuti ed escono in serie i partiti che siedono alla sinistra dell’emiciclo. Il primo è Nicola Fratoianni: «La novità non è arrivata, non c’è una proposta alternativa del governo e della maggioranza. Tuttavia, Giorgia Meloni ci ha detto che è importante, che il governo vuole confrontarsi sulla materia complessiva: consideriamo questa disponibilità un primo risultato della nostra iniziativa e continueremo nelle prossime settimane la nostra battaglia politica sulla nostra proposta di legge che consideriamo solida e utile a risolvere uno dei problemi del mercato del lavoro, non la panacea di tutti i mali».

Eleonora Evi dei Verdi è in scia: «La maggioranza ci è apparsa confusa, la battaglia va portata avanti in Parlamento ma anche con una mobilitazione, lanciamo una petizione per dotare il Paese di una misura fondamentale».

Poi è stato il turno di Giuseppe Conte, leader del M5s: «Siamo venuti con spirito costruttivo, siamo riusciti a far convergere le opposizioni su una proposta unitaria. Meloni aveva chiesto il confronto, noi ci siamo, ma non c’è stata alcuna controproposta, il governo ha chiesto di coinvolgere il Cnel, a noi sembra solo una palla buttata in tribuna».

Gli fa eco la segretaria del Pd, Elly Schlein: «Il governo non ha una sua proposta, non ha le idee chiare. È rimasto sulle sue posizioni».

CALENDA APRE

Va da sé, il più aperturista è Carlo Calenda: «È stato un incontro interlocutorio ma il dato positivo è che nessuno ha sbattuto la porta. La proposta che ci ha fatto Giorgia Meloni è di un dialogo su un intervento più ampio, dentro il quale non c’è un pregiudizio a discutere sulla proposta di salario minimo».

Insomma, le parti restano distanti. Anche se è vero che le opposizioni, seppur compatte, presentano sfumature differenti.
Dall’altra parte del campo la Lega non ne vuole sapere e accusa il fronte avverso di avere un approccio ideologico: «Spiace constatare la posizione ideologica dell’opposizione, che parla di salario minimo e di reddito di cittadinanza per spirito di contestazione e fingendo di ignorare le troppe storture del sussidio».

E quando tutto finisce, tocca all’inquilina di Palazzo Chigi presentarsi davanti ai microfoni: «Ho proposto un confronto anche col Cnel da completare prima della legge di Bilancio anche in tempo per avere le coperture per i finanziamenti. Il lavoro povero non viene risolto col semplice salario minimo».
In sintesi, zero a zero: palla al centro.


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