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Raggelante l’idea che al porto di Pozzallo arrivi una barca, pilotata dal destino, abitata di soli morti. Sei uomini uccisi dalla fame e dalla sete, condotti alla tomba dagli scafisti. E dai loro complici gne-gne, quelli della finta solidarietà. Il mare, ormai, è solo un cimitero. E il racconto – l’urto, l’urlo – sulla tragedia dell’immigrazione non può che essere un atto di pietà. Dopodiché la chiara denuncia di quella che a tutti gli effetti è: una tratta degli schiavi. Laddove non può il buonismo, riesce solo il realismo. In forza di misericordia. Cominciando dagli scafisti. Col riguardo dovuto. Senza guanti. A ferro e a fuoco.


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