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In un movimentato autunno del 2018 quando il Governo presieduto da Giuseppe Conte con la maggioranza formata da Lega e M5Stelle stava presentando la Legge di Bilancio, lo spread tra il BTP e il Bund saliva di oltre cento punti base mentre si parlava insistentemente di Italexit (l’uscita dell’Italia dall’area dell’euro) e Roma era “sorvegliata speciale” per le istituzioni europee. Quattro anni dopo, il varo della manovra finanziaria (per giunta in deficit) del Governo di Giorgia Meloni, sembra aver perso la sua capacità di spaventare i mercati. La presentazione della legge di Bilancio 2023 è avvenuta in un contesto in cui lo spread tra i titoli del debito pubblico di Italia e Germania ha imboccato un trend discendente spinto anche dalla convinzione degli investitori che alla fine la recessione indurrà la Bce a rallentare la sua stretta monetaria.

Da quando Giorgia Meloni è a capo di un Governo di destra di cui la Lega fa ancora parte, lo spread si è chiuso di circa 60 punti base e l’Italia non sembra far più paura a Bruxelles. Gli operatori di mercato e gli economisti interpellati concordano su un punto fermo: dal 2018 ad oggi il mondo, e l’Europa in particolare, non è più lo stesso. “La pandemia e la crisi energetica hanno portato i Paesi europei ad adottare politiche fiscali molto più espansive rispetto al passato. Da questo punto di vista, la situazione è molto diversa rispetto a quattro anni fa, quando l’Italia era tra i pochi Paesi europei ad avere un deficit significativo” osserva lo strategist di UniCredit, Francesco Maria Di Bella.

La pandemia ha di fatto obbligato il Vecchio Continente a una risposta condivisa alle pesanti ricadute della pandemia Covid-19 con la creazione di debito comune (con il fondo Next Generation EU da 750 miliardi di euro) e la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita fino alla fine del prossimo anno, assoluti tabù prima dell’emergenza sanitaria. Alla guida del Governo tricolore più di destra dalla Seconda guerra mondiale, Meloni è vista da molti analisti adottare una retorica assai più moderata di quella che caratterizzava il primo Governo Conte.

“Sul piano della comunicazione, nei confronti dell’UE l’Esecutivo Meloni ha adottato un profilo più istituzionale. Quattro anni fa, i mercati percepivano un maggiore rischio di scontro, visti i toni della campagna elettorale, la compagine governativa e l’ambiguità di alcuni ministri (si pensi per tutti a Paolo Savona, che fu ministro per gli Affari europei dal 1° giugno 2018 all’8 marzo 2019, nel primo Governo Conte e fu in predicato di diventare ministro dell’Economia e delle Finanze, e oggi è presidente della Consob n.d.r.) e sottosegretari rispetto all’appartenenza all’area dell’euro”, osserva Marco Troiano, Head of Financial Institutions Team di Scope Ratings.

“L’Esecutivo Meloni non sembra interessato finora a sfidare l’UE su questioni finanziarie, tanto meno a mettere in dubbio la collocazione strategica ed economica del Paese”, aggiunge. L’Italia ha del resto un forte incentivo ad evitare lo scontro con Bruxelles: beneficiare di quasi 200 miliardi di euro di fondi per la ripresa post-pandemia. Del resto i politici europei hanno anche imparato dalla dura lezione della Gran Bretagna, dove l’ex premier Liz Truss è stata costretta a dimettersi dopo appena un mese e mezzo per avere proposto una manovra aggiuntiva a settembre che ha scatenato un terremoto sul mercato portando alla svalutazione della sterlina. Inoltre, lo scostamento di bilancio stanziato per offrire sostegno alle famiglie contro il caro-energia (vale due terzi della manovra finanziaria) non inciderà sul percorso discendente del debito, sostiene il responsabile per la gestione del debito, Davide Iacovoni.

“Lo scostamento di bilancio, definito da Meloni in campagna elettorale “extrema ratio” non ha stupito i mercati che, grosso modo in questi termini, lo avevano già messo in conto” osserva Filippo Mormando, strategist di BBVA. “Sul mercato c’è un po’ di curiosità nel cercare di capire questo Governo ma non c’è nè innamoramento né, al momento, grande diffidenza” aggiunge. Ma questa acquiescenza, o, se preferite, con un pizzico di romanticismo, questa sorta di luna di miele tra il nostro Governo, l’Unione Europea e i Mercati potrebbe incontrare qualche difficoltà. Lunedì a Bruxelles si riunisce l’Eurogruppo per la ratifica del Meccanismo Europeo di Stabilità (vedi box).

L’UE confida che l’Italia lo sottoscriva, ma la scorsa settimana una mozione di maggioranza passata alla Camera impegna il Governo a non approvare il disegno di legge di ratifica del Mes alla luce dello stato dell’arte della procedura di ratifica in altri Stati membri e della relativa incidenza sull’evoluzione del quadro regolatorio europeo. Potrebbe essere una prima pietra d’inciampo nel dialogo UE-Italia e con il nuovo Governo Meloni. Bruxelles non vuole polemizzare e tiene un profilo basso.

“Non posso che ripetere di aver fiducia che l’Italia rispetti gli impegni politici assunti a non ho ragioni per assumere un altro scenario”. Così ha risposto un alto funzionario UE coinvolto nella preparazione delle riunioni dell’Eurogruppo alla domanda sulla posizione italiana riguardo alla ratifica del trattato del MES. Il fatto che l’Italia finora non abbia ratificato gli emendamenti a quel trattato “non ha effetti pratici dal momento che è in corso il processo costituzionale in Germania” (si attende il pronunciamento dell’Alta Corte tedesca in merito).

In ogni caso nella discussione dell’ultima riunione dell’Eurogruppo, indica la stessa fonte, “è stato confermato l’impegno dell’Italia” (alla ratifica), impegno “per il quale non abbiamo bisogno di chiedere una conferma. Il ministro dell’economia Giorgetti all’inizio di novembre aveva indicato che il Governo Meloni avrebbe seguito la linea del Governo Draghi (favorevole alla ratifica). Finora, dunque, tra Roma, Bruxelles e i Mercati c’è un idillio. Tutto lascia sperare che possa continuare. Perché le sfide che a breve e medio termine attendono il nostro Paese e l’Europa sono tante e richiedono un cocktail di equilibrio, moderazione e buon senso.


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