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Il Ministero dell'Economia

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L’Italia verso l’autarchia finanziaria? Detto così, sembra di tornare indietro nel tempo all’epoca nefasta del regime fascista che, tra retorica e propaganda, obnubilava gli italiani facendo intravvedere loro sogni di grandeur, auspicando il ritorno ai fastigi dell’antico Impero romano, dandosi compiti di civilizzazione dei popoli arretrati, mettendo lo Stato al centro della vita pubblica del Paese e predicando l’autarchia economica. Altri tempi, si capisce, rispetto a quelli di oggi.

I paragoni tra ieri e oggi sono improponibili. Ma tant’è. Il Governo guidato da Giorgia Meloni starebbe pensando a convogliare il risparmio dei cittadini verso l’acquisto del debito nazionale tramite la partecipazione alle emissioni obbligazionarie dello Stato. Un debito consistente che ha pesato e continua a pesare come un macigno sulla tenuta dei conti pubblici e che ha rischiato di travolgerci sol che si pensi alla crisi del debito sovrano in Europa del 2010 – 11, che riflesse la crisi dei mutui residenziali degli Stati Uniti, cui si innestò il timore che l’Italia a causa dell’elevato spread potesse avere difficoltà ad adempiere i propri impegni e a gestire i tassi di interesse sul debito.

L’Italia del resto è ampiamente noto ha il secondo debito pubblico in Europa, dopo la Grecia: 2.771 miliardi di euro ad ottobre, nuovo record assoluto, a causa del debito delle Amministrazioni pubbliche salito di 27,7 miliardi, secondo l’ultimo Bollettino della Banca d’Italia “Fabbisogno e debito” diffuso la scorsa settimana. Di questo importo, la Banca Centrale Europea ne detiene 446 miliardi all’interno del programma Public sector purchase programme (PSPP), a cui si devono aggiungere i 287 miliardi acquistati con il Pandemic emergency purchase program (PEPP), il programma per fronteggiare l’emergenza pandemica lanciato nel marzo 2020 e ancora nel bilancio di Francoforte.

La Bce ha annunciato lo scorso marzo la fine degli acquisti dei titoli del debito pubblico del programma Pepp e successivamente dell’App come parte della normalizzazione della politica monetaria. Una stretta monetaria contro la galoppante inflazione che l’ha vista alzare i tassi fino al 2% con la riduzione del bilancio (quella che nel gergo finanziario si chiama quantitative tightening) prevista per l’inizio del 2023 secondo quanto dichiarato dalla presidente Christine Lagarde nella conferenza stampa seguita alla riunione del Comitato direttivo di giovedì scorso che ha deciso di alzare i tassi di riferimento di 50 punti base, causando il crollo del prezzo del BTP, di Piazza Affari e delle altre piazze finanziarie del Vecchio Continente.

Gli obiettivi che il Governo si proporrebbe di raggiungere facendo sottoscrivere i titoli del debito pubblico dai risparmiatori sono almeno tre: affrancare il nostro Paese dalla dipendenza dagli investitori istituzionali esteri per rifinanziare il proprio debito, poi non avere più bisogno dello “scudo” della Bce per calmierare gli spread che si riflettono sul servizio sul debito in termini di interessi, e generare, infine, sviluppo attraverso l’impiego dei risparmi. Una mole ingente. Parliamo di 5.256 miliardi di euro a fine 2021, con una crescita di quasi 1.700 miliardi (+50%) nell’ultimo decennio, un’enorme ricchezza privata detenuta nei conti correnti e nei conti di deposito secondo una ricerca della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi), da cui emerge che “la liquidità resta la forma preferita di allocazione del risparmio”.

Davide Iacovoni, responsabile della Direzione Debito Pubblico al ministero dell’Economia e delle Finanze ha affermato che “sarà importante ricomporre la base di investitori con l’uscita dal Quantitative Easing (allentamento monetario n.d.r.) nei prossimi mesi”, e che l’esecutivo sta lavorando “sia come prodotti, che come metodologie di emissione, per poter ulteriormente incrementare la base retail e sarà un aspetto su cui l’interazione con le agenzie di rating sarà importante”. L’idea di promuovere emissioni retail non è nuova, viste le esperienze passate di Btp Italia e Btp Futura promosse dal precedente Governo Draghi che hanno raccolto un forte interesse da parte dei risparmiatori, ma l’attuale Esecutivo vorrebbe spingersi oltre. Il Tesoro vuole lanciare un Buono del Tesoro Poliennale (BTP) autarchico, cioè uno strumento riservato solo ai cittadini con importanti vantaggi fiscali simili a quelli dei Piani individuali di risparmio (PIR) e zero tassazione sui redditi da capitale.

Il parlamentare leghista Giulio Centemero, in una recente intervista, ha confermato la strada che sta percorrendo la maggioranza spiegando che lo scopo è “portare i cittadini a investire, basti pensare che sui conti correnti il contante è sette volte il Piano nazionale di ripresa e resilienza: se si riuscisse a convogliarne la metà sull’economia l’effetto sarebbe enorme”.

Ne parliamo con Guido Gennaccari, investitore e founder di TradingRoomRoma, e con Marco Onado, economista e docente all’Università Bocconi.

Come giudica questa iniziativa: è favorevole o contrario?

Gennaccari: “Raccogliere capitali presso i risparmiatori per finanziare le spesa pubblica potrebbe essere una buona idea se la destinazione fosse agganciata a uscite in conto capitale (investimenti) e non per coprire le ingenti spese correnti (welfare)”.

Marco Onado: “Bisogna vedere. Perché se lo Stato incentiva il risparmio privato per convogliarlo verso investimenti nell’economia reale, si potrebbe porre il problema degli aiuti di Stato vietati dai Trattati UE. Ad ogni modo in questo momento non c’è un problema grave di “sciopero” dei risparmiatori. È un problema generalizzato dovuto al fatto che i tassi di interesse erano molto bassi. Io comunque preferirei soluzioni di mercato per finanziare il nostro debito”.

Ma perché riservare le agevolazioni fiscali solo agli italiani?

Gennaccari: “Propendo per prevedere agevolazioni fiscali anche per gli investitori stranieri che sottoscrivessero quote aggiuntive di debito che andranno a finanziare esclusivamente gli investimenti in conto capitale (stile Pnrr); e sconti con il fisco per gli italiani che vanno a finanziare direttamente il welfare, magari con un premio sulla cedola indicizzato alla crescita del Pil”.

Marco Onado: “Ecco questa è una cosa inaccettabile a livello europeo. Le agevolazioni fiscali devono essere per tutti, non solo per i connazionali. Una volta i titoli di Stato erano esenti dall’imposizione fiscale presente e futura. Io credo che abbiamo già un problema dell’elevata tassazione della ricchezza finanziaria che è ingente, molto spesso frutto di tasse non pagate. Un’ulteriore agevolazione fiscale sarebbe solo un “regalo” elettorale”.

Il Governo punta a stimolare la crescita indirizzando le risorse verso le imprese e dunque l’economia.

Gennaccari: “Ci vorrebbe uno strumento pubblico come il Piano individuale di risparmio che vada a finanziare, tramite incentivi fiscali, l’investimento nel capitale di rischio delle Pmi non quotate virtuose (private equity) che non ricorrano al debito, agevolando l’impiego dell’ingente risparmio degli italiani nella buona economia del Paese e non “nel debito buono” richiamato da Draghi. La crescita del Pil passa per il capitale di rischio, questa è l’unica certezza, sempre nei limiti del profilo di rischio del singolo investitore”.

Marco Onado: “E’ un campo troppo ipotetico per poter esprimere un giudizio. Aspettiamo di conoscere nel dettaglio come si configurerebbe questa operazione”.


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