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Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo

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SE E’ vero che nessuno poteva immaginare che Zelenskyi, il presidente ucraino ex attore (professione che alcuni “fini” commentatori in occidente continuano ancora a rimproverargli, quando si sforzano di delegittimarlo in tutti i modi), potesse così rapidamente acquisire sul campo la statura di importante e riconosciuto leader politico e proprio a partire dal fatidico 24 febbraio della invasione russa del suo paese, occorre altrettanto realisticamente confessare che davvero non è facile individuare la figura che più di altre in Europa, nello stesso lasso di tempo, ne abbia  rappresentato al meglio la dimensione unitaria, simbolicamente e anche  dal punto di vista delle azioni concretamente intraprese di fronte alla stessa opinione pubblica europea, oltre che nei confronti dell’autocrate Putin.

Tale constatazione non mira certo a sminuire i passi da gigante che la UE ha saputo compiere in questo periodo, dimostrandosi inaspettato soggetto coeso sotto tanti e altrettanto inattesi aspetti da parte di chi ha scatenato una guerra d’aggressione contro uno Stato  sovrano e che contava con ogni probabilità su una facile vittoria anche in forza di supposte divisioni fra Paesi europei.

Saprà in un imminente futuro l’Unione europea far tesoro della esperienza maturata sotto i drammatici colpi di una guerra che la coinvolge da vicino per ripensare concretamente sé stessa?  L’auspicio non può che tradursi in richiesta urgente da parte di tutti coloro che credono in un ben inteso patriottismo che va di pari passo col rafforzamento dell’Europa in una prospettiva autenticamente federale. Questo per quanto riguarda un processo di maturazione della stessa coscienza europea che possa rapidamente trovare un precipitato a livello istituzionale.

Ma ora?  Quale leader ha al meglio rappresentato l’Europa, i suoi valori, il suo coraggio? Fino a ieri, 1 aprile, sarebbe stato sicuramente molto difficile dare una risposta univoca in tal senso e ciò non perché alti vertici delle istituzioni europee quali Von der Leyen e Michel o altri ascoltati capi di governo (e in primis Macron tanto più legittimato a dar voce all’Europa in quanto ora Presidente di turno del Consiglio europeo) non abbiano svolto e non stiano tuttora ancora svolgendo funzioni importanti di interlocuzione in ambito internazionale e per tenere aperti i canali diplomatici con lo stesso Putin. A volte però è accaduto anche che in questo difficile ruolo di interlocuzione e di mediazione, a livello di opinione pubblica europea risuonassero con maggior forza, secondo quanto riportato dai media, i diktat di Putin rispetto a ogni ragionevole proposta europea. È accaduto anche che lo stesso Macron, dopo sfiancanti incontri o telefonate con Putin, si sia lasciato andare a poco edificanti dichiarazioni secondo le quali egli aveva maturato la convinzione che il peggio dovesse ancora venire.

E allora? Che fare? Accontentarsi dei “niet” putiniani? Delle sue flebili promesse (vedi per esempio in tema di corridoi umanitari) da smentire rapidamente il giorno dopo? Anche i cittadini più accesi sostenitori della via della diplomazia alla pace penso abbiano potuto legittimamente interrogarsi se proprio non fosse possibile nessun altro scatto da parte dell’Europa, tendente a riaffermane i valori profondi, da tradurre in comportamenti da parte di persone/figure istituzionali davvero espressivi del sentire condiviso europeo e immediatamente riconoscibili come non dettati dall’agenda di Putin. È questa sfida in più rispetto ai “normali” canali politici-istituzionali-diplomatici attivi e consolidati nella guerra in corso, che Roberta Metsola, Presidente del Parlamento europeo, ha raccolto nel suo viaggio a sorpresa a Kiev, accettando l’invito rivoltole dal Presidente del Parlamento ucraino e facendosi in prima persona interprete di qui valori profondi che legano insieme i popoli europei e che non temono di essere chiaramente ribaditi di fronte al Parlamento di un Paese martoriato che lotta per la difesa della sua sovranità e della sua stessa democrazia.

Al di là delle foto di maggior impatto emotivo che hanno segnato la sua visita a Kiev (e che sono poi rimbalzate nei media), il suo incontro con le più alte istituzioni ucraine, il totale riconoscimento delle stesse tanto più avvallato dalla sua presenza fisica proprio lì, nei luoghi dove ogni giorno si abbattono le bombe di Putin e le conseguenti devastazioni, il discorso di Metsola di fronte al Parlamento ucraino è stata una grande testimonianza di coraggiosa leadership da parte sua, di un sostegno politico che non ha bisogno di ricorrere alle sottili formule del nulla, aperte poi all’occorrenza alle interpretazioni di svariati e parziali punti di vista. La sua presenza vuole essere “un messaggio di speranza” – come lei stessa mette bene in rilievo –  di fronte alla resistenza del popolo ucraino che sta ispirando il mondo intero e che vede e vedrà nell’Unione Europea il più saldo appoggio, sotto il profilo finanziario, militare e umanitario e nel Parlamento europeo il pieno sostegno alle “ambizioni europee” dell’Ucraina stessa.

Davanti a tutto ciò le bugie e le minacce di Putin di fronte a tanti altri leader europei non trovano proprio spazio. Brava, bravissima Roberta! Testimone autentica della coscienza d’Europa e delle donne e degli uomini che ne hanno segnato la storia (e il ricordo di David Sassoli è più che mai vivo quasi in una ideale staffetta fra il presidente di ieri e la presidente di oggi del Parlamento europeo).


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