X
<
>

Don Alberto Ravagnani

Condividi:
7 minuti per la lettura

Nelle Raccomandazioni finali del documento “La Chiesa e Internet” del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali del 28 febbraio 2002 si esprimeva bene la posizione che la Chiesa stava assumendo all’epoca di fronte alla sfida del web: «È importante anche che le persone, a tutti i livelli ecclesiali, utilizzino Internet in modo creativo per adempiere alle proprie responsabilità e per svolgere la propria azione di Chiesa. Tirarsi indietro timidamente per paura della tecnologia o per qualche altro motivo non è accettabile, soprattutto in considerazione delle numerose possibilità positive che Internet offre. «Metodi per agevolare la comunicazione e il dialogo fra i suoi stessi membri possono rafforzare i legami di unità tra di loro. L’immediato accesso all’informazione rende possibile alla Chiesa di approfondire il dialogo col mondo contemporaneo… la Chiesa può più rapidamente informare il mondo del suo «credo» e spiegare le ragioni della sua posizione su ogni problema o evento. Può ascoltare più chiaramente la voce dell’opinione pubblica, ed entrare in un continuo dibattito con il mondo circostante, impegnandosi così più tempestivamente nella ricerca comune di soluzioni ai molti, pressanti problemi dell’umanità».

Oggi, venti anni dopo, la Chiesa ha fatto un lungo cammino sulla via del web cogliendo la comunicazione social come l’enorme opportunità di parlare ai fedeli e in particolare alle nuove generazioni. «I social non sono un mezzo per evangelizzare, ma offrono un ambiente di confronto e condivisione del pensiero e della vita», ha spiegato di recente Padre Antonio Spadaro, il teologo gesuita molto vicino a Papa Francesco, esperto di cibertecnologia, ovvero dello studio del rapporto tra tecnologie telematiche e fede cristiana. Padre Spadaro con più di 60.000 followers su Twitter, ha spiegato: «Spesso si considera la Rete come regno della non autenticità, ma io penso che bisogna percepirla come un ambiente digitale in cui il messaggio evangelico può penetrare. Già papa Benedetto XVI è stato molto chiaro quando ha detto che non vale più la distinzione tra reale e virtuale, ma tra fisico e digitale che sono entrambi reali. Quando la Rete risponde al bisogno dell’umanità di essere più unita, è un “dono di Dio”, come dice papa Francesco».

Oggi, il primo influencer di Dio è chiaramente proprio lui, il Papa, che ha unificato in un unico dicastero tutti gli organismi che si occupavano della comunicazione vaticana e che cura personalmente i suoi profili social: da Twitter @Pontifex con 5,1 milioni di followers a Instagram, dove il suo account ufficiale @Franciscus conta 8,8 milioni seguaci.

La Segreteria della Comunicazione della Santa Sede che si occupa degli account papali insieme alla Segreteria di Stato, ha voluto puntualizzare l’uso dei social da parte del Pontefice: «Questa cura dice la cura delle relazioni. Quindi, il Papa che si definisce ‘un nonno’, che si dice molto distante dalle nuove tecnologie, intuisce però che c’è un mondo, quello social, che è fatto di persone!”.

La Chiesa ha risposto ha risposto all’incoraggiamento a concepire la rete come un “dono di Dio”, fin dalla sua base: il fenomeno dei preti star dei social, evoluzione 2.0 dei cosiddetti “preti di strada”, si sta diffondendo in tutto il mondo. Si tratta di sacerdoti che si presentano online con tonaca e collarino, o magari preferiscono la felpa col cappuccio, ma che comunque si fanno pastori e diffondono la parola di Dio col linguaggio e i mezzi propri dei giovani. Preti che tentano la via del web per superare i confini degli oratori, delle chiese vuote, a caccia di like come di fedeli, per diffondere il messaggio religioso e testimoniare l’attualità della fede. In Italia uno dei casi più noti è quello del prete youtuber Don Alberto Ravagnani, 125.000 iscritti sul suo canale YouTube, Viva la fede, autore di «Doncast», un podcast realizzato con l’aiuto di alcuni ragazzi. È stato in pole position per entrare nella Casa del Grande Fratello Vip e di recente anche autore di un libro “La tua vita e la mia” (Rizzoli) che, come scrive Avvenire, ha «sullo sfondo una Chiesa capace di farsi compagna di strada dell’umanità, c’è una comunità che s’interroga su come offrire al mondo contemporaneo un frammento della vita di Dio…». 28enne brianzolo, ordinato prete nel 2018, Don Alberto è coadiutore dell’oratorio San Michele Arcangelo di Busto Arsizio e insegnante di religione in un Liceo della provincia di Varese. Durante la pandemia ha aperto d’impulso il canale YouTube per stare vicino ai ragazzi dell’oratorio e i suoi video sono diventati virali.

Del resto, hanno titoli come: “Perché pregare il rosario (non è roba da vecchi)” o “Perché avere fede non è da sfigati (W la fede!)” oppure “Se vuoi fare ordine nella tua vita inizia da camera tua!”. In un’intervista, ha spiegato: «Proprio perché vivo in mezzo alla gente e sono figlio di questi tempi, tento di fare il prete anche attraverso i mezzi di comunicazione, che tutti quanti oggi abitano. I social network oggi per il mondo non sono più una novità per cui io, così come vivo con disinvoltura sul campo dell’oratorio, cerco di fare altrettanto nel campo dei social network».

Don Alberto è noto anche per la polemica innescata con il rapper Fedez. All’inizio il marito di Chiara Ferragni lo aveva ospitato nel podcast Muschio Selvaggio per confrontarsi su alcuni temi. Poi però il rapporto tra di loro si incrina: Fedez non prende bene alcuni commenti di Don Alberto al suo impegno per il ddl Zan al Concerto del Primo Maggio, e alla fine, il rapper lo blocca per i troppi messaggi ricevuti da lui su Instagram. Il prete youtuber grida alla censura, poi si scusa, ma denuncia di essere stato oggetto di insulti pesanti da parte dei followers del cantante. «Da quando Fedez ha pubblicato le sue stories sono oggetto di insulti molto pesanti da parte dei suoi follower. Ovviamente non è colpa sua, però il fenomeno è interessante: un influencer critica una persona e quella viene attaccata in massa da tutto il suo seguito. Gli influencer sono in grado di spostare le persone e anche la loro rabbia. Credo che se lui avesse usato toni diversi, rispondendo solo sull’argomento sollevato da me, non avrei ricevuto questi attacchi». La polemica ha chiuso la collaborazione tra i due: Amen.

Tra i cosiddetti Influencer di Dio c’è anche il parroco brindisino Don Cosimo Schena che si definisce “poeta dell’amore” e “parroco di periferia”. Classe 1979, laureato in filosofia, ha 100mila followers su Instagram, 140mila su Facebook e 50mila su TikTok. Appassionato di poesia, su Spotify i suoi versi, recitati da lui, hanno milioni di download. Non solo: il prete poeta è anche di bell’aspetto, mix che sui social ha decretato il successo. Quindi, dai social, Don Cosimo è sbarcato anche in libreria con il libro “L’amore Vola”, edito da Herkules Editore. Della sua esperienza in rete, ha raccontato: «Mi chiedono consigli, preghiere, una parola di conforto e tornano per raccontarmi com’è andata la loro esperienza. Credo ci sia un diffuso bisogno d’amore, per questo cerco sempre di rispondere a tutti coloro che mi scrivono. Mi emoziona essere un punto di riferimento, di vicinanza e di supporto per migliaia di giovani che mi seguono sui social. Grazie ai social il mio messaggio di fede e di speranza per il futuro è messo a disposizione di tutti e può arrivare anche a chi è lontano da Dio».

Don Pietro Guzzetti è il “Giovane Prete Felice” di Saronno, classe 1983, che diffonde sui social la “Web-pastorale” ed è ospite fisso di Radio Deejay. Prete dal 2011 è vicario della parrocchia di San Carlo di Brugherio. Ha quattro lauree, la prima in Ingegneria delle Telecomunicazione e l’ultima in Linguaggi dei Media all’Università Cattolica con una tesi sul rapporto tra la Chiesa e la comunicazione sui social. «So che i social possono avere un futuro nella Chiesa, se vuole restare vicina all’uomo nei suoi spazi e le piazze digitali sono uno di questi. Sui miei profili social cerco di raccontare la bellezza e la ricchezza della mia vita, ovvero quella di un prete che non si limita ai momenti celebrativi o di preghiera, ma è piena, come quella di ogni uomo». Insomma, le vie del Signore sono infinite, anche sul web.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE