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Le serie sul web da qualche anno sono la nuova frontiera dell’audiovisivo, molto apprezzate dai giovanissimi che preferiscono seguire le puntate dal telefonino. Sull’onda del successo di Kelly & Kloe a Bordo, la web serie per bambini andata in onda per ben tre stagioni con oltre 5 milioni di visualizzazioni, MSC Crociere ha appena lanciato Cabin 12006, cinque episodi visibili sul canale YouTube di MSC Crociere e sul profilo Instagram del canale per ragazzi Nickelodeon. Tra i protagonisti, tutti idoli del web come Luciano Spinelli, Max & Harvey, Sespo, Valerio Mazzei e Rosalba, c’è lui, il cantante Matteo Markus Bok 16 anni, capelli biondi, sorriso aperto. Matteo veste i panni dell’adolescente Markus, che si imbarca per la sua prima crociera insieme all’amico Lucas (Spinelli). A bordo, la vacanza non va esattamente come previsto e si trasforma in un’avventura.

«Abbiamo registrato la serie nei giorni in cui la nave, tra un arrivo e una partenza, si trovava in porto, a Genova», racconta Matteo, «I ritmi erano quindi serratissimi, ma l’esperienza è stata intensa, inoltre con gli altri ragazzi del cast ho potuto intrecciare un’amicizia, bei rapporti che si basano sulla comune esperienza di aver intrapreso anche se ancora molto giovani, una carriera artistica». Matteo Markus Book, mamma italiana e papà tedesco, parla quattro lingue, canta, balla e recita dall’età di nove anni. Nel 2016 ha partecipato in Germania a The Voice Kids, nel 2017 a Italia’s got talent e l’anno successivo a Sanremo Young. Nel maggio scorso ha inciso il suo primo album, Cruisin, anticipato da singoli come “El Ritmo (ahi ahi ahi)”, tormentone dell’estate 2018 e Besos Besos. Matteo è cresciuto a Milano, ma da poco più di una settimana si è trasferito con la famiglia a Miami, dove ha firmato un contratto con una importante agenzia, con l’obiettivo di lanciarsi sulla piazza musicale sudamericana. Il suo vasto seguito sui social ne fa un vero e proprio idolo delle ragazzine.

Chiedo a Matteo: secondo te, per affermarsi come cantante, quanto è necessario avere un seguito social?

«Per un artista che si rivolge ai giovani, i social sono fondamentali, necessari per comunicare con il pubblico. Oggi più che mai i fans hanno l’esigenza di condividere, stare a contatto con i loro beniamini. Per questo, i giovani artisti si ritrovano ad essere anche un po’ influencer. Certo, questo ha ben poco a che fare con la musica. Purtroppo accade che artisti di talento poco efficaci sui social, non riescano a sfondare, altri invece meno bravi ma capaci a comunicare bene, abbiano molto più seguito, e questo è un male».

Tu che rapporto hai con i social?

«Lo ritengo uno strumento meraviglioso, ma riesco a mantenere un sano distacco. Appena posso, spengo il telefonino e mi rifugio nella musica. Mi capita di suonare anche per ore, senza rendermi conto del tempo che passa. Dei social amo il rapporto con il pubblico, ma ci sono aspetti del mezzo, anche sinistri, che bisogna saper gestire».

Parli degli haters? Tu sei molto sensibile al tema del bullismo e del cyberbullismo.

«Sì. Io ho iniziato ad avvicinarmi alla musica a 9 anni, quando ho partecipato a scuola al musical del Re Leone. Ho capito subito che quella era la mia strada. I miei hanno assecondato questa mia inclinazione e mi hanno permesso di prendere lezioni di canto, di ballo e recitazione. Ero un bambino socievole e a scuola ero stimato, ma il fatto che cantassi ballassi e recitassi mi rendeva in qualche modo, diverso dagli altri. Così, verso gli undici, dodici anni, dei bulli hanno iniziato a prendermi di mira, alcuni coetanei, altri più grandi».

Come agivano questi ragazzi?

«Cercavano di ridicolizzarmi, di escludermi. Ad un certo punto avevano anche creato il gruppo WhatsApp: Uccidiamo Bok… Una delle conseguenze più brutte di quel periodo, fu vedere i miei amici girarmi le spalle. Molti cominciarono ad evitarmi per il timore di essere presi di mira anche loro. Così uno dei miei più cari amici dell’epoca, si allontanò, e non l’ho mai più frequentato».

Ti sei confidato con la tua famiglia?

«Sì. La scuola fu informata, i professori cercavano di proteggermi, ma non era facile. Il fatto è che io non capivo perché mi avessero preso di mira, facevo semplicemente quello che mi piaceva… È stata mia madre a farmi comprendere che il problema era di quei ragazzi, non mio. Non dovevo soffrire del loro giudizio, perché loro semplicemente non capivano, erano solo invidiosi».

Come sei riuscito a superare quel momento?

«Questi ragazzi volevano ottenere da me delle reazioni. Dopo la scuola mi prendevano in giro e filmavano la scena, sperando in una mia reazione da poter mettere online, ma io non gli ho mai dato questa soddisfazione, ho trovato la forza di ignorarli, di dargli l’importanza che meritavano, cioè nessuna. Alla fine, li ho sconfitti con l’indifferenza. Purtroppo, quando si è piccoli si è indifesi e se ti distingui dagli altri, può essere dura. Questo avviene anche sui social. Quando ho partecipato a Italia’s got talent, c’era gente che mi insultava, scriveva: “Vai a morire gay di merda”, solo perché portavo i capelli lunghi. Per un ragazzino di 13 anni, non è facile comprendere l’odio social, l’accanimento nei tuoi confronti da parte di persone che non sanno nulla di te. Grazie anche alla mia famiglia, ho trovato la forza di non farmi influenzare da tutto questo».

Gli haters si presentano ancora sui social?

«Sempre meno».

Secondo te il fenomeno è diminuito perché c’è più sensibilizzazione sul tema?

«Sensibilizzare sul problema è importante e io in questo, sono in prima linea, ma penso che nel mio caso, l’attacco degli haters sia diminuito perché sono cambiato io, in un certo modo. Ora sono più grande, non ho più l’aria indifesa, ma conosco molti ragazzi che vengono insultati e mi si spezza il cuore».

Ti sei trasferito a Miami da pochi giorni, ora inizi una nuova vita.

«Sì, a Milano frequentavo la scuola americana, ma ora sto per proseguire gli studi negli Stati Uniti. Ho appena terminato tutti gli esami di ammissione. Mi dispiace aver lasciato Milano, la mia città, a cui voglio bene, gli amici, ma ho preso al volo l’occasione della mia vita. Del resto, per inseguire il mio sogno, non ho mollato mai».


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