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LA DIGITALIZZAZIONE della ricerca del lavoro passa ormai da diversi anni da una tappa quasi obbligata che è LinkedIn, il social network dedicato al settore, il quale gioca un ruolo fondamentale nel tessuto lavorativo dell’Italia con 18 milioni di utenti nel paese su 21 milioni di lavoratori, e guarda con grande interesse allo sviluppo dell’IA. Dell’evoluzione e delle prospettive che in rapida successione scorrono come potenzialità occupazionali per chi si affaccia al mercato del lavoro parla Stefania Romeo, Executive account director di LinkedIn. Romeo, classe 1982, è originaria di Reggio Calabria e si è formata all’Università di Messina laureandosi in Lingue e letterature straniere per poi completare i suoi studi in Lingue per la comunicazione internazionale, presso l’ateneo di Catania. Racconta che all’epoca, mancando tutte le informazioni di cui si dispone attualmente, il consiglio dei suoi genitori fu quello di proseguire sulla strada dell’insegnamento, ma il desiderio di cercare opportunità più in linea con le sue ambizioni la portarono a Milano. Qui uno stage (poco retribuito ndc), nell’ambito di un programma di sviluppo per i giovani del Sud, si è trasformato nel giro di un anno in un tempo indeterminato e, dopo un passaggio attraverso tre aziende differenti, nell’approdo in LinkedIn, dove oggi si occupa delle organizzazioni pubbliche, delle non profit e del mondo accademico.

«LinkedIn è un social network professionale ma, – spiega Romeo – è in primo luogo la rappresentazione digitale del lavoro, perché include le offerte di lavoro, le organizzazioni e ovviamente i lavoratori con le competenze che ognuno dichiara ma anche quelle che vengono attribuite dall’algoritmo in base alle interazioni e alla condivisione di contenuti che ciascuno pubblica sul network. Questo fa sì che tutto ciò che è rintracciabile nella vita reale sia presente sul social, con in più il vantaggio di avere una visione in tempo reale grazie a milioni di data point che aggiornano i dati utilizzati dai clienti per stabilire la propria strategia di recruiting in termini di posizionamento e di attrazione del talento».

Come cambierà il mercato del lavoro nel prossimo futuro e in quanto tempo è stimabile che questi cambiamenti avverranno?

«Il lavoro sta vivendo un momento di trasformazione come non era mai avvenuto prima; quest’ultima in gran parte accelerata dalla pandemia perché ha portato all’acquisizione di competenze digitali trasversali e non volte a sviluppare un ruolo preciso in ambito digital, ma semplicemente funzionali a qualunque attività lavorativa (utilizzo del pc, dei principali software o dei programmi per le call da remoto) e capaci anche di creare una vera e propria comunità digitale legata ad esempio alla propria azienda. Poi, si deve considerare che le nuove tecnologie stanno trasformando le competenze richieste e la ricerca del lavoro, ad esempio nell’ambito dell’IA dove l’incremento della richiesta di alcuni ruoli ha subito un’accelerazione di venti volte da novembre 2022. Tra i lavori in rapida crescita quelli che registrano una maggior offerta da remoto sono l’addetto allo sviluppo commerciale, machine learning engineer, il customer success manager, sviluppatore back end e il cloud engineer addirittura col 40,2%. Perfetti per i giovani del Sud che vogliono godere di affitti più bassi o rimanere vicino alle proprie famiglie. Ma carriere richieste sono anche quelle legate al mondo della transizione ecologica che rispondono alla nuova consapevolezza green».

Stefania Romeo, Executive account director di LinkedIn

Una paura che si cela dietro l’avvento dell’Intelligenza Artificiale è che possa erodere significativamente la disponibilità delle posizioni lavorative. Lei cosa ne pensa?

«Non dobbiamo temere l’IA, perché è uno strumento a servizio dell’uomo e consentirà di concentrarsi su tutti gli aspetti del lavoro che potranno essere coperti dall’IA. Pensiamo semplicemente al supporto dato al settore delle Risorse umane: grazie all’IA si potrà stimare meglio chi è davvero interessato a un lavoro e privilegiare un contatto ottimale accorciando i tempi del processo di selezione».

Quanto è importante il ruolo della formazione?

«È fondamentale. Il 75% delle aziende dichiara di non trovare i professionisti di cui ha bisogno ed entro il 2027 il 50% delle competenze richieste cambierà. LinkedIn mette a disposizione un’ampia serie di corsi gratuiti non solo su come costruire un profilo efficace, ma anche su competenze di base, come quelle digitali, che permettono a tutti di mettersi in gioco».

Qual è, invece, lo spazio che occupano le soft skill nella creazione di una figura professionale ottimale per la ricerca di un lavoro?

«Nella maggior parte dei settori esistono delle competenze di passaggio come appunto la capacità di utilizzare gli strumenti digitali, la comunicazione, la capacità di lavorare in team, la leadership e così via. Queste e/o altre fanno parte del pacchetto di skill da possedere e quindi la formazione è la chiave del recruiting dei prossimi anni, sia perché stiamo vivendo una carenza globale in termini di competenze, sia perché c’è una grande competizione. Quindi le organizzazioni spesso scelgono di partire da personale con una base ampia di valore e vanno a coprire altre skill, fondamentali per il ruolo, attraverso la formazione con la parte di upskilling e reskilling che sta prendendo una fetta sempre più ampia della strategia di recruiting. Non si ricerca più in base alla mansione, al titolo universitario o all’esperienza pregressa, ma si definiscono il mix di skill necessarie a un determinato lavoro e si integrano le competenze attraverso una formazione che in breve colmi le lacune».

Questa corsa alle skill non rischia di svalutare il contributo del singolo e sminuire l’individualità a favore di un elenco di competenze?

«In realtà no, perché le soft skill hanno sempre più un peso importante. Spesso si cercano persone con esperienze nel mondo dell’arte perché chi proviene da un altro settore riesce a portare un elemento innovativo maggiore. Inoltre, in generale sempre più c’è la ricerca di un contributo culturale che sposi i valori, gli obiettivi e persino lo stile dell’organizzazione. Conta anche il modo in cui viviamo il lavoro, se siamo più flessibili, se preferiamo un’azienda più giovane o una che permetta di viaggiare e così via».

Le nuove generazioni, che non vantano ancora esperienze, come possono posizionarsi con il loro profilo?

«LinkedIn offre la possibilità di inserire numerose categorie come le esperienze di volontariato, i premi anche raggiunti a livello scolastico, l’aspetto sportivo e tutto ciò che consente di mettere in evidenza la personalità del cittadino, perché queste cose che sembrano così lontane da inserire in un curriculum ne sono in realtà parte integrante. Un esempio può essere chi pratica uno sport estremo che evidenzia in tal modo la predisposizione a prendersi dei rischi; oppure chi sta imparando a suonare in età adulta è qualcuno che ha sempre voglia di imparare. Queste informazioni, quando inserite nel profilo, aumentano notevolmente il numero di visite».

Dottoressa Romeo, sembra che in qualche modo LinkedIn si sia sostituita al ruolo dei Centri per l’impiego per la ricerca del lavoro. Come possono lavorare insieme?

«Grazie all’incrocio delle informazioni LinkedIn è un luogo dove la ricerca e l’offerta di lavoro si incontrano in modo molto preciso ed è lo strumento di cui i Cpi avevano bisogno. Abbiamo dimostrato che i Cpi se dotati di soluzioni corrette riescono a fare benissimo il loro lavoro. La nostra esperienza di collaborazione con l’Aspal (Agenzia Sarda per le Politiche Attive del Lavoro) che ci utilizza in maniera strutturale ha provato che sono stati conseguiti eccellenti risultati».

LinkedIn è uno servizio anche per le nuove generazioni che si approcciano al mondo del lavoro e alla sua ricerca?

«Lo è e lo è sempre di più. Innanzitutto, perché la quota di giovanissimi è sempre più ampia e perché serve persino già durante la frequentazione della scuola per mettere fuori tutte le esperienze maturate in ambiti non lavorativi. Proprio così si inizia a creare il proprio network anche semplicemente basato sulle passioni comuni o sullo scambio di informazioni. Poi, perché serve come orientamento. Per esempio, se ti interessa un’organizzazione puoi vedere come sei posizionato rispetto a una potenziale offerta di lavoro o potresti anche capire che quello che desideri è ben altro e aggiustare il tiro della tua ricerca».


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