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“Basta dittatura”. Il nome del gruppo Telegram su cui sono state organizzate le manifestazioni anti Green pass che minacciavano di bloccare le stazioni ferroviarie di oltre 40 città italiane è circolato per giorni sui principali organi di informazione, riportando in auge la discussione sull’app di messaggistica rivale di WhatsApp.

Un fenomeno, quello di Telegram, in continua crescita, basti pensare che a otto anni dalla sua creazione da parte dei fratelli Nicolaj e Pavel Durov, ha raggiunto la cifra esorbitante di 500 milioni di utenti attivi ogni mese. Tantissimi i download dell’applicazione effettuati negli ultimi mesi che l’hanno resa una delle più scaricate in assoluto.

Molti degli iscritti sono transfughi di WhatsApp o, almeno, questa è stata la lettura fornita da Pavel Durov a inizio gennaio, quando Telegram ha visto salire il numero dei propri utenti attivi di 25 milioni di unità nel giro di 72 ore, in corrispondenza del cambio di policy dell’app di proprietà di Facebook.

Ma perché Telegram è così apprezzato e, soprattutto, per quale motivo attira i gruppi estremisti o si presta allo svolgimento di attività illegali? La parola chiave è privacy, portata agli estremi. Fra i punti di forza della piattaforma, infatti, ci sono le chat segrete sia di singoli contatti che di gruppo, sui quali la riservatezza è massima.

Su questi spazi virtuali i messaggi inviati non possono essere inoltrati ad altri utenti; non solo: se sui dispositivi android è semplicemente impossibile effettuare screenshot delle conversazioni, su quelli iOS (come gli iPhone), lo scatto viene segnalato a tutti i membri della chat. Senza contare che è assicurato il più totale anonimato a chi partecipa alle conversazioni, di cui può essere omesso il numero di cellulare.

A differenza di WhatsApp, poi, l’eliminazione dei messaggi inviati non necessariamente deve essere disposta di volta in volta, ma può essere programmata, garantendo l’autodistruzione degli stessi entro un lasso di tempo che può andare da un secondo a una settimana.

Rispetto al competitor di Fb poi, Telegram privilegia la creazione di community ordinate per interessi che lo rendono molto più simile a un social network che a una semplice app di messaggistica. I gruppi possono raggiungere anche i 200mila membri, mentre i canali hanno una capienza illimitata. Ciò consente di veicolare messaggi di qualunque tipo agli iscritti, assicurando una diffusione massima. E per aggiungersi basta cliccare su “unisciti”, senza necessità di ottenere l’approvazione da parte dell’amministratore. Così può circolare di tutto.

Quella dei no vax e dei no Green pass è solo una parte del lato oscuro di Telegram. Ad aprile 2020, ad esempio, un blitz della polizia postale ha portato alla chiusura di tre canali utilizzati per il revenge porn, ovvero la diffusione di video e immagini hard contro il consenso dell’interessata (o dell’interessato) a scopo di vendetta. Fra le vittime anche diversi personaggi del mondo dello spettacolo. Un altro canale, invece, era stato sfruttato a scopo pedopornografico, mediante l’inserimento di fotografie e clip di ragazze minorenni.

Con la recrudescenza della crisi afghana è tornato a suonare forte l’allarme terrorismo. Ecco, un rapporto del 2019 della George Washington university aveva individuato ben 636 canali Telegram utilizzati dall’Isis (fra il 2017 e il 2018) a scopo di propaganda e di reclutamento.

Secondo gli autori dello studio l’app russa sarebbe stata scelta dagli jihadisti in quanto offriva loro uno strumento gratuito e riservato con cui coinvolgere i propri sostenitori. In generale Telegram diventa meta di migrazione di utenti estremisti non appena le altre piattaforme effettuano un giro di vite sulla sicurezza interna.

È accaduto, per citare solo un episodio, negli Stati Uniti dopo la pioggia di ban disposta da Facebook, Twitter e Instagram (dopo l’assalto a Capitol Hill) nei confronti dei gruppi legati ai sostenitori più facinorosi di Donald Trump. Meno impattante, da un punto di vista sociale, ma comunque grave poi la circolazione di pubblicazioni in violazione del copyright, dai libri in pdf ai quotidiani, proposti gratuitamente agli iscritti ad alcuni gruppi.

Nel complesso, in ogni caso, Telegram resta un’app all’avanguardia, pronta a sviluppare nuove funzionalità per consolidare la sua sfida alla concorrenza. Non è la piattaforma in sé il problema, come sempre, ma l’utilizzo che se ne fa.


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