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Banchi a rotelle

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Una politica senza pace e senza vere guerre: questo il quadro di un momento confuso che certo non giova al paese. Tutto sembra concentrarsi sull’ormai stucchevole querelle su riaperture, orari e roba simile, trasmettendo l’impressione che ormai si tratti più di guerre di bandierine che di confronti di sostanza. Guerricciole senza scopo giusto per tenere desta la tensione politica superficiale.

Su questioni chiave non c’è nessun vero confronto, forse perché alla fine ci sono coinvolti tutti. La vicenda della riapertura delle scuole è emblematica. Prima abbiamo avuto una lunga geremiade sulla difficile accettabilità di bambini e giovani condannati per cause di forza maggiore a stare a casa utilizzando un sistema di didattica a distanza che presentava molte problematicità.

Ma il grido unanime era: appena le condizioni epidemiologiche lo consentiranno si riaprirà senza attendere un minuto! Bene, sembrava che quelle condizioni si fossero finalmente raggiunte e cosa scopriamo: che il trasporto pubblico non è in grado di reggere il peso del ritorno ad una certa normalità, che le aule scolastiche non sono in grado di accogliere gli studenti garantendo parametri accettabili di distanziamento.

MESI DI INERZIA

Ci permettiamo di chiedere cosa è stato fatto in tutti i mesi di chiusura, anzi dall’estate dello scorso anno. L’acquisto dei famosi banchi a rotelle si è dimostrato un’operazione di rara stupidità e per di più sembra che in buona parte stiano accatastati in depositi. Tuttavia è, paradossalmente, il problema minore. Stupisce che non si sia fatto nulla per incrementare il trasporto pubblico, nonostante il governo faccia sapere che sono stati stanziati per questo scopo poco meno di 400 milioni. Altrettanto che non si sia predisposto un qualche piano per aumentare il numero delle aule, a costo di usare tensiostrutture come si è fatto in qualche caso per gli ospedali. O forse si pensava che l’epidemia ad una certa data sarebbe sparita nel nulla riportando tutto a prima della comparsa del virus?

NON SOLO ARCURI

Qui non serve scaricare tutte le responsabilità sul governo, o magari sul solito Arcuri, che di responsabilità ne ha tante, ma non proprio su ogni e qualsiasi cosa non abbia funzionato. Perché gran parte di questi problemi, dal trasporto all’edilizia scolastica, ricade sotto la responsabilità delle regioni ed a scendere degli enti locali. Ecco allora che su questi aspetti si può glissare e il massimo che le regioni possono fare è chiedere che la riapertura delle scuole avvenga in termini cauti, sostenibili, ecc. ecc. ecc.

I partiti, visto che queste articolazioni le governano, si guardano bene dal fare chiasso e interrogazioni. Tanto dietro al guasto che stiamo infiggendo a generazioni di bambini e ragazzi non c’è alcuna lobby. Quanto ai sindacati che rappresentano il mondo della scuola sembrano più interessati a tenere chiuso, in nome della difesa della salute ben si intende, piuttosto che a fare pressione perché si metta la scuola in grado di riprendere a funzionare.

Peccato che queste cautele salutiste le regioni, gli enti locali e i partiti fatichino ad averle a cuore per quanto riguarda le riaperture di bar, ristoranti, palestre, piscine, cinema, discoteche e quant’altro. Nessuno nega che ci siano problemi economici anche pesanti dietro il blocco forzato di queste attività, ma fa specie vedere una rissa continua sul coprifuoco alle 23 anziché alle 22, sulla agibilità di bar e ristoranti al chiuso anziché all’aperto, mentre sul problema del negare il futuro ai nostri giovani c’è un discreto disinteresse.

Adesso stiamo assistendo al crescere della domanda di avere riaperture scolastiche con una certa garanzia che non si approfitterà dell’ultimo mese per “fare continue verifiche”. Con questo spauracchio si cerca di guadagnarsi l’appoggio degli studenti a non riavviare appieno l’attività scolastica. Al ministro Bianchi andrebbe invece chiesto come pensa di apprestare un piano per una azione di recupero dei ritardi che si sono accumulati in due anni di scuola a singhiozzo con insegnamento a scartamento ridotto. E’ un ministro serio e non abbiamo dubbi che si ponga il problema, ma non abbiamo altrettanto dubbi che troverà più ostacoli che collaborazione nell’affrontarlo. Ricordiamoci che quando ha timidamente avanzato l’ipotesi di allungare un poco l’anno scolastico profittando dell’estate abbiamo avuto una levata di scudi contro, e anzi adesso si parla di fare gli scrutini ad inizio giugno tanto per dare agli studenti il messaggio del liberi tutti al più presto.

Ora andrebbe compreso che non stiamo parlando di una bazzecola, ma della preparazione del nostro “capitale umano”, quello senza il quale non riusciremo a far ripartire il paese nel nostro futuro, a implementare la continuazione dei buoni frutti che speriamo di avere grazie ai fondi del Recovery Plan. Invece di perdere tempo a buttare lì ipotesi sul voto ai sedicenni, sarebbe più produttivo ragionare su come daremo loro la possibilità di misurarsi ad armi pari coi loro concorrenti di altri paesi nel quadro di un mondo in profondo cambiamento. E a quelli che vedono dappertutto negazioni della “libertà” perché non si può andare subito al ristorante e al bar come una volta, andrebbe ricordato che a forza di lasciar perdere i grandi problemi toglieremo ai nostri giovani la libertà di costruirsi un futuro adeguato.


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