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Sequestro di mascherine in Lombardia

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Manette per gli ordini fantasma di mascherine. In Lombardia per l’ennesima volta si torna a parlare di truffe sui dispositivi medici. E non materiali qualsiasi, ma le mascherine proprio nel mezzo della prima ondata di Sars-Cov-2 del 2020.

La Guardia di finanza di Varese ha infatti arrestato un imprenditore varesino accusato di aver truffato Aria spa e Aler Milano: alla prima ha sfilato 429mila euro «millantando la disponibilità di un carico di 200mila mascherine mod. FFP3 provenienti dalla Cina» scrivono i militari. 

Alla seconda «grazie all’illecita intermediazione di un dipendente di Aler, l’arrestato ha frodato l’Azienda lombarda edilizia residenziale (in sigla Aler) di Milano fornendo mascherine tipo FFP2, oggetto di appalto, che sono risultate prive della certificazione e della prescritta marchiatura CE».

 Ora l’imprenditore, a cui nel frattempo sono stati sequestrati 460mila euro, dovrà rispondere, unitamente ad altri soggetti indagati a piede libero, dei reati di truffa aggravata in danno di ente pubblico, frode in pubbliche forniture ed auto riciclaggio.

Ma non è l’unico caso, né probabilmente l’ultimo, di cui si sentirà parlare, perché durante i primi sei mesi del 2020 ai conti della Regione Lombardia è successo di tutto, con Aria spa che tentava disperatamente di trovare rifornimenti di materiali e medicinali nel caos generato dalla pandemia.

I PRECEDENTI

E le segnalazioni e le denunce sono state tante, come in questo caso: l’indagine è infatti partita da una segnalazione per operazione sospetta ai fini della normativa anti-riciclaggio nella quale venivano evidenziate presunte condotte illecite poste in essere dall’imprenditore. E non è l’unico varesino finito nei guai per vicende di forniture: lo stesso presidente regionale Attilio Fontana è finito indagato per la ormai nota questione dei camici.

Anche il valore della fornitura è simile: la Dama spa, di proprietà della famiglia del governatore leghista, aveva tentato di vendere camici per 517mila euro ad Aria spa. Quando l’azienda aveva trasformato l’ordine in donazione, Fontana aveva tentato di rifondere i famigliari con un versamento da 250mila euro che però è stato segnalato e bloccato dalle istituzioni preposte ai controlli anti-riciclaggio perché, tra l’altro, il conto personale del governatore è in Svizzera.

E non è l’unico scandalo sulle mascherine in Lombardia: ormai i casi scoperti dalle forze dell’ordine sono sempre più frequenti: solo pochi giorni fa era emerso il caso di una cittadina cinese che aveva un deposito affittato in nero in pieno centro di Milano con 5 milioni di mascherine irregolari che vendeva abusivamente ad aziende e singoli cittadini. Un caso che se fosse successo in una qualunque città del Sud avrebbe avuto ben altra eco sulla stampa nazionale.

E ancora prima si erano visti sindaci, come quello di Opera, cittadina alle porte di Milano, arrestato sempre per una gestione allegra delle mascherine di cui era venuto in possesso. Quasi una dimostrazione che la politica al governo in Lombardia, a tutti i livelli, non si è dimostrata all’altezza della situazione, per usare un eufemismo.

L’ATTACCO DI M5S

 E proprio sull’ennesimo caso di truffe sulle forniture si è mossa l’opposizione alla giunta Fontana: «I leghisti – attacca il consigliere del M5S Gregorio Mammì – dovrebbero spiegare nel dettaglio tutte le spese effettuate dalla Regione Lombardia nel 2020, con un focus particolare sui primi sei mesi dell’anno quando sono state spese decine di milioni di euro per tamponare i buchi di vent’anni di malagestione. Invece, forse proprio per far dimenticare il fallimento di un sistema tanto decantato dal centrodestra negli ultimi decenni, la Lega preferisce fare la guerra a 60 migranti dei 599 che il Ministero vuole redistribuire nelle varie regioni».

I SINDACI LEGHISTI

Il riferimento di Mammì è all’attacco dei sindaci leghisti in Lombardia che per bocca di Fabrizio Cecchetti, coordinatore della Lega lombarda, e Giacomo Ghilardi, coordinatore regionale sindaci Lega della Lombardia hanno polemizzato a distanza con il Viminale usando come motivazione per il rifiuto proprio la pandemia: «La Lombardia è in assoluto la Regione che ha pagato il prezzo più alto al Covid, anche in termini economici, per via delle tante chiusure ripetute. Sul territorio abbiamo tante famiglie in difficoltà, tante famiglie rimaste senza lavoro e senza reddito, per cui ogni euro disponibile serve per aiutare la nostra gente. Su questo non si discute: prima gli italiani, prima le nostre famiglie». Visti i guai degli imprenditori varesini, manca solo il riferimento alle “nostre aziende”.


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