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MALE in Italia, malissimo al Sud. Se partecipazione e consumi culturali sono crollati per l’effetto della pandemia un po’ ovunque, è nel Sud che si continua a soffrire più che in altre parti del Paese. Se chiusure e limitazioni legate all’emergenza sanitaria hanno condizionato in negativo la fruizione di attività culturali e spettacoli – con una spesa che nel 2020 crolla a 56 miliardi, dagli oltre 73 del 2019, facendo arretrare il settore di circa vent’anni – le differenze regionali restano ampie, in linea con i dati pre-pandemia sia riguardo la capacità di spesa delle famiglie che l’impegno di spesa degli enti pubblici.

Dice questo e molto altro il 17° Rapporto di Federculture appena pubblicato, che ogni anno aggiorna il settore dei beni e delle attività culturali. E che nell’edizione 2021 esamina il bilancio delle aziende culturali alle prese col Covid, così come le possibilità di una ripartenza ormai indifferibile. Problematiche, dunque. Ma anche strategie. Che andranno attuate nell’ottica di un riequilibrio territoriale, visto che secondo i dati sulla variazione della fruizione culturale per area geografica, la crescita del consumo culturale in Italia dal 2001 al 2019 è trainata essenzialmente dal Sud.

Partiamo dalle famiglie. Se la spesa media mensile si è caratterizzata nel 2020 per un calo generalizzato in tutte le regioni, resistono le differenze già note tra Nord e Sud, dove si riscontrano i valori di spesa più bassi. A fronte di una diminuzione della spesa nazionale superiore al 25%, il calo è più evidente al Sud, con un -29,2%, contro il -25 e -26% nel Nord-ovest e nel Nord-est. Particolarmente penalizzate Basilicata, Sicilia, Puglia, e Sardegna. Percentuali importanti, se si considera che la spesa media mensile delle famiglie – che nel 2020 è pari al 2.328 euro e diminuisce del 9% – registra, per la voce ricreazione spettacoli e cultura, un calo a 93 euro (erano 127 l’anno precedente),  con le penalizzazioni maggiori per i pacchetti vacanza (-56,8%) e i servizi ricreativi e culturali (-37,3%). Una diminuzione che significa anche una minore incidenza della spesa in cultura sulla spesa totale delle famiglie, che nel 2020 è del 4% (5% nel 2019) e che al Sud fa i conti con l’impoverimento crescente proprio dei nuclei familiari.

Un altro aspetto interessante riguarda l’andamento dei dati sulla lettura, tornati a crescere, anche grazie al confinamento, dopo anni di continui cali. Numeri positivi, visto che la quota di lettori – per almeno un libro l’anno – è aumentata nel 2020 del 3,5% (risalendo a un valore che non si registrava da sei anni) e che l’aumento si registra in particolare nella fascia tra i 6 e i 10 anni, e tra i 25 e i 44 anni, rispetto a tutte le tipologie di lettura e di acquisti, dal libro di carta tradizionale agli e-book. Ma numeri che, messi a sistema, rispecchiano il “disastro Sud” riguardo la povertà educativa di bambini ed adolescenti, legata a quella materiale delle famiglie di appartenenza.

Nel Rapporto di Federculture si trova a questo proposito un ulteriore elemento di valutazione: la corrispondenza tra abitudine alla lettura e partecipazione culturale in generale. Ebbene, dalla tabella per regioni elaborata da Cepell – Libro bianco sulla lettura 2021, si evince come nei territori con maggiore percentuale di lettori ci siano anche le più alte percentuali di cittadini che fruiscono di attività culturali. In altre parole, se competenza alfabetica, percentuale di lettura di libri e  percentuale di partecipazione culturale si condizionano direttamente, la classifica delle regioni italiane conferma la segregazione culturale del Mezzogiorno. Un vero e proprio confine tra due pezzi di territorio che, per condizioni attuali e prospettive  future appaiono sempre di più due Stati o due Paesi. Confinanti, ma lontanissimi. Segregati, appunto.

La linea di demarcazione è la media italiana: la competenza alfabetica è fissata ad un parametro di 200, la percentuale di lettura di libri al 40,6% e la conseguente partecipazione culturale al 25,9%. Ebbene, sopra questa linea troviamo tutte le regioni del Nord. Appena sotto, il Lazio. E negli ultimi posti solo le regioni del Sud e le Isole. Aprono  Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Lombardia. Ultime, Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna. Non a caso, in Italia, secondo l’Istat, c’è una biblioteca ogni 8.000 abitanti e tre ogni 100 Kmq. Ma più della metà delle strutture (58,3%) si trovano a Nord e solo il 24,2% al Sud. Oltretutto, il 64% del totale si concentra in Lombardia (1.398), (Piemonte (721), Emilia Romagna (627) e Veneto (617).

Rispetto alle risorse pubbliche statali destinate ai settori della cultura e dello spettacolo, il quadro si presenta invece nell’ultimo anno particolarmente articolato e in movimento. Secondo la previsione della Legge di Bilancio 2021 lo stanziamento per il Ministero della Cultura è di poco superiore ai 3 miliardi di euro e conferma il trend di crescita degli ultimi anni. Aumentano anche il Fondo Unico per lo Spettacolo, salito a 348 milioni, e il Fondo Cinema incrementato a oltre 600 milioni di euro. In aggiunta, per il perdurare dell’emergenza Covid, numerosi altri interventi di sostegno al comparto, che al maggio 2021 fanno registrare misure di finanziamento per oltre 4 miliardi di euro dall’inizio della pandemia. Riguardo i singoli territori, le differenze si riscontrano invece a seconda della tipologia di ente locale.

Per quanto riguarda gli impegni di spesa in cultura delle amministrazioni comunali, i dati consuntivi al 2019 risultano in lieve aumento – +1,7%, rispetto all’anno precedente – con incrementi significativi nelle isole (16%) come al Sud (8,3%) e nel Centro Italia (3,9%). Nessuna variazione nel Nord-Ovest e una riduzione del 4,1% nel Nord-Est. Ma analizzando la spesa in cultura dei Comuni nel dato previsionale pro capite per la cultura per il 2020, le città che mostrano maggiori risorse sono Firenze, Verona, Trieste, Milano e Padova. A livello provinciale, il dato della spesa torna a crescere nel 2019, recuperando una quota del 74% rispetto all’anno precedente, dopo dieci anni di calo ininterrotto che aveva portato l’investimento delle province ad assottigliarsi di oltre l’80%. Quello che invece resta stabile è il dato previsionale complessivo degli stanziamenti regionali per la cultura, pari – come nel 2019 – a circa 1,2 miliardi di euro. Basilicata (14,7 milioni), Molise (6,4) e Calabria (67,8) restano basse. Sale la Campania (105), ma in vetta alla classifica resta il Trentino Alto Adige (175 milioni). Infine, le risorse provenienti dai privati attraverso il c.d. Art bonus.

Un valore cumulativo, al 31 dicembre del 2020, di oltre 546 milioni di euro, messi a disposizione da 22.000 mecenati. Cifre in crescita, visto che proprio nell’anno della crisi le donazioni hanno raggiunto quota 130 milioni di euro. Primi posti, anche qui, soprattutto per le regioni del Nord, che aprono la classifica con la Lombardia, con 213.171.673 euro, seguita da Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna.


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