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Ursula Von der Layen

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Adesso non ci sono più scuse: ora le riforme si devono fare. La Commissione europea, dopo aver presentato in pompa magna progetto di bilancio pluriennale (Mff 2021-2027) e strategia per la ripresa, entra nel vivo del pacchetto precisando che la ripresa passa per le riforme.

Chi si attendeva sostegno alle imprese e all’economia resterà probabilmente deluso, ma la Ue offre assistenza finanziaria in cambio di riforme vere. Mette sul piatto 602, 9 miliardi di euro (prezzi correnti, 560 miliardi a prezzi 2018) tra prestiti (269,1 miliardi, a prezzi correnti) e garanzie (334,9 miliardi).

Soldi a disposizione di tutti gli Stati, ma diretti soprattutto a quelli più colpiti dalla crisi prodotta dalla pandemia di Covid-19. L’Italia è il Paese più messo a dura prova, e non a caso è quello che risulta il maggior beneficiario della garanzie, soldi cioè a fondo perduto.

LE CONDIZIONI

Secondo i calcoli fatti a Bruxelles, l’Italia potrebbe arrivare ad usufruire fino a 68 miliardi e 482 milioni di euro, un quinto di tutte le sovvenzioni a fondo perduto che la Ue è pronta a riconoscere. Sono tanti soldi, con cui davvero far ripartire il Paese. Ma l’Italia dovrà saper cogliere questa opportunità: non si tratta di soldi “a pioggia”.

La Commissione pone poche condizioni, ma assai stringenti. Innanzitutto il carattere volontario. Devono essere i governi a fare richiesta delle risorse, il cui esborso sarà legato a un piano nazionale di interventi e misure. Le sovvenzioni saranno concesse a rate, e ogni tranche di finanziamento sarà legato al soddisfacimento delle condizioni dettate dal governo stesso. Le riforme dovranno privilegiare green economy e digitale, e non solo.

La strategia per la ripresa sarà comunque legata al più ampio processo di governance economica della Ue, che prevede raccomandazioni specifiche per Paese. Per l’Italia si tratta di agire anche sul fronte di giustizia, pubblica amministrazione, mercato del lavoro. Quindi farà fede tutto questo, al momento di concordare le sovvenzioni e le tranche necessarie per finanziare la ricostruzione. Non è una novità. Tutti i programmi della Ue sono finanziati a patto che gli Stati facciano la loro parte. Qui è la stessa storia.

CHI BARA PERDE I SOLDI

«Se non attui le riforme perdi i soldi», sintetizza il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. Che precisa: «Questa non è la Troika, questo il funzionamento della Ue». Ricorda, in tal senso, che «per le politiche di coesione ci sono risorse a disposizione degli Stati, ma se non si realizzano i programmi concordati le risorse vanno perse».

Un modo per dire che la Commissione viene in soccorso degli Stati, ma saranno questi ultimi i responsabili per la propria ripresa.

«Non siamo di fronte a una condizionalità o a intrusioni di Bruxelles – prosegue Gentiloni – Questo è uno strumento volontario, che mette al centro le riforme nazionali che gli stessi Paesi predispongono».

Per la ripresa la Ue ha messo a disposizione 808,9 miliardi di euro (o 750 miliardi, se calcolati a prezzi 2018). Di questo Recovery Fund complessivo, il grosso capitolo di spesa è quello relativo a “ripresa e resilienza” (602, 9 miliardi, o 560 miliardi a prezzi 2018). A questo si aggiungo altri 53,3 miliardi di euro per le politiche di coesione e 32,8 miliardi per il fondo di transizione.

CHANCE PER IL SUD

Tutte risorse utili per lo sviluppo delle regioni più svantaggiate. Qui le amministrazioni del Mezzogiorno dovranno essere innanzitutto rapide, brave e decise a promuovere progetti degni di finanziamento, per poi garantire di portare a termine le opere di rilancio così da ricevere tutte le tranche di sovvenzioni.

Nell’ambito del Green Deal, il piano per la sostenibilità della Commissione Ue per una transizione a basse emissioni di carbonio, l’area di Taranto e quella del Sulcis sono già incluse nei territori del Sud dove intervenire. Adesso il nuovo meccanismo offre nuove opportunità, perché grazie alle nuove dotazioni l’Italia, al posto di 364 milioni di euro, beneficerà di più di 2 miliardi di euro.
«Il governo italiano ora ha gli strumenti per aprire a nuove realtà, penso a Brindisi e al suo polo energetico ad esempio», suggerisce l’eurodeputato del partito democratico, Andrea Cozzolino. Ma non è che una delle diverse possibilità che si prospettano per governo centrale ed enti locali.

ENTI LOCALI AL VIA

Proprio questi ultimi devono attivarsi, perché i soldi extra per coesione e transizione sostenibile sono una leva per lo sviluppo del Mezzogiorno. La Commissione insiste sulla necessità di puntare su green economy e digitale, ma le sovvenzioni a fondo perduto possono essere garantite anche a lavoratori autonomi, piccole e medie imprese, sanità, cultura, turismo. Tutto dipenderà dalla validità dei progetti e dalla loro attuazione, e in entrambi i casi la responsabilità è tutta tricolore.

Bisognerà fare le cose per bene, per avere tutte le tranche di risorse. I piani dovranno comprendere «sia riforme che progetti di investimento pubblico, attraverso un pacchetto coerente» di misure, precisano a Bruxelles. Tempo per ragionare c’è. Il termine ultimo entro cui fare richiesta per le sovvenzioni è la fine del 2024, ma ridursi all’ultimo momento potrebbe non aiutare. L’Italia e le sue regioni hanno bisogno di ripartire adesso.


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