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Un tratto di autostrada

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La politica nazionale ha sostenuto – inevitabilmente a debito – l’economia nel pieno della più grande crisi dal dopoguerra che pone in modo drammatico il Paese di fronte all’ esigenza di realizzare attraverso lo sviluppo anche un indispensabile processo di riequilibrio territoriale: non è una opzione più o meno desiderabile, ma una condizione di sopravvivenza del Sistema Italia.

Evitare la deriva verso la disgregazione produttiva e finanziaria impone che le risorse del Recovery Fund finanzino un Recovery Plan dai tratti estremamente chiari.
Gira e rigira il tema è quello posto dalle condizionalità che accompagnano le risorse laddove auspicano una “visione” capace di rispondere alla fondamentale esigenza di connettere il Paese affrontando drasticamente le disuguaglianze economiche e sociali che – l’esperienza insegna – ne minano alla base le potenzialità.

Più che l’inventario di progetti occorre un disegno sul ruolo – oggi fondamentale – che compete al settore pubblico che va incardinato su interventi produttivi, non assistenziali, in conto capitale organicamente finalizzati a recuperare il contributo alla crescita ed allo sviluppo di quel 30% di cittadini insediati nel 40% del territorio nel quale sono stati progressivamente emarginati.

Non è paradosso dire che ciò rappresenta la condizione preliminare per ridare fiato alle stanche locomotive del Nord che di un simile “cambiamento di visione” dovrebbero cogliere -e anzitutto capire- quale opportunità sia rivitalizzare un mercato che vale svariati multipli dei pur lodevoli loro saldi di bilancia commerciale e -in aggiunta – cogliere l’opportunità di partecipare -sempre che se ne comprenda senso e contenuti- in veste di primi attori al governo dello sviluppo del Mediterraneo.

Ad una attenta lettura, infatti, le imponenti dimensioni delle risorse messe in campo per l’ Italia rappresentano l’investitura ad articolare la fin qui fantomatica opzione euromediterranea. È una missione in piena sintonia oggi con gli interessi della UE impegnata a realizzare nelle forme smart e green quel percorso di sviluppo sostenibile che dovrebbe concludersi nel 2050 con la decarbonizzazione integrale. Una priorità che offre a noi un percorso privilegiato per mettere fin da oggi a frutto per l’intero Sistema Italia l’enorme rendita posizionale che offre il Mediterraneo.

Per il Governo questa è l’occasione, forse l’ultima, di restituire alla politica ordinaria quel ruolo naturale, da anni smarrito, il cui compito primario dovrebbe essere di garantire su tutto il territorio nazionale parità di accesso ai diritti di cittadinanza. Recuperare questa funzione impegna l’ azione politica ordinaria a garantire i diritti costituzionali: scuola, sanità, mobilità. Il Governo da anni ha abdicato il governo effettivo di questa area di policy consegnandola alle fitte nebbie della Conferenza Stato-Regioni un approccio che ha instaurando delle prassi in violazione per omissione delle leggi e della Costituzione.

Oggi una vera politica economica ordinaria si trova a dover scalare i tre muri dei diritti fondamentali. La straordinaria gravità della situazione, abbinata alla straordinaria azione di supporto delle risorse europee, impone di iniziare la scalata che potrà essere agevolata proprio dall’ uso coerente di quelle risorse. Si sono avviate ipotesi e contestazioni su cifre e quote da destinare su base territoriale. Il tutto -mettendo il carro avanti ai buoi- senza la “visione” (tanto meno quella perequativa!) che dovrebbe informare il Piano.

Per questo aspetto è molto chiaro il da fare. Se si sbarcasse ad Augusta per salire lo stivale, basterebbe guardare con sguardo comparativo a scuola sanità e trasporti per farsi un’ idea via, via che si sale di come allocare le risorse almeno per iniziare a ridurre le distanze. Per essere alla moda, possiamo tranquillamente infiocchettare i tre impervi muti da scalare con tutti i colorati nastri della contemporaneità chiamati digitalizzazione e sostenibilità; sempre un’ enorme problema di perequazione si pone.

Se poi sempre partendo da Augusta vogliamo guardare al lato più roseo di dove investire risorse per impieghi smart e green non sarà difficile dimostrare che quei termini tradotti in italiano dicono Mezzogiorno; per non parlare poi dell’effetto che avviare le ormai otto ZES meridionali inerti per latenza istituzionale avrebbe sul sistema logistico del Paese connettendo nord e sud in un processo a catena di tipo Hirschmaniano , dove una cosa conduce a un’ altra .

La priorità immediata è dunque di calibrare efficaci politiche attive per riconnettere e sintonizzare su questo obiettivo il Sistema Italia; un progetto-missione il cui obiettivo è di dare un “secondo motore” all’Italia.

Il solo convinto e annuncio di questo approccio sarebbe di enorme ausilio per alimentare aspettative più promettenti e realistiche rispetto all’attardarsi sull’ipotesi di concentrare le risorse per “riprendere” una crescita: quella di “prima della pandemia” che, da venti anni, non c’è mai stata.


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