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Il commissario al Bilancio Ue, Johannes Hahn

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Sul tavolo della crisi di governo piomba anche il Mes. Un nuovo elemento che peserà sulle trattative per la formazione della nuova maggioranza. Ieri, infatti, gli ambasciatori degli Stati membri della Ue hanno firmato il testo sul quale i ministri finanziari hanno raggiunto l’accordo il 30 novembre scorso in Eurogruppo. Significa che i Parlamenti nazionali possono avviare l’iter di ratifica da effettuare entro fine anno. Un tema che si intreccia strettamente con il Recovery Fund: difficile, infatti, che da Bruxelles partano i contributi prima della riforma del fondo “Salva Stati”. Il legame non è giuridico ma politico, considerando che, in questo momento, il livello di credibilità dell’Italia presso le istituzioni comunitarie non è altissimo.

L’AFFONDO DI HAHN

Al punto che il commissario al Bilancio Johannes Hahn, in un’intervista pubblicata ieri mattina, può permettersi la facoltà di indicare di indicare la strada per uscire dalla crisi politica «nel giro di qualche giorno», evitando le urne. La campagna elettorale finirebbe per «distrarre» i politici con «conseguenze molto gravi» per il Recovery Plan. L’ammonizione di Hahn non è trascurabile, considerando che i suoi uffici hanno in mano la gestione dei fondi del programma Next Generation Eu. Una maniera molto decisa per far capire che l’Italia non può deragliare dai binari costruiti a Bruxelles.

«Ciò che sta succedendo a Roma è decisamente spiacevole, oltre che irresponsabile – dice Hahn – «In una situazione come quella che stiamo vivendo, tutte le forze politiche ragionevoli, di governo e di opposizione, dovrebbero lavorare per superare la difficoltà. E invece gli sviluppi sono preoccupanti». Gli esponenti della Lega hanno protestato.

Gli europarlamentari Marco Zanni e Marco Campomenosi parlano di ingerenza inaccettabile. Chiedono il rispetto della sovranità popolare «senza velate minacce». Invocazione anche corretta se non fosse che, a causa del debito, la sovranità del nostro Paese è ormai un concetto molto astratto. Basterà ricordare i ripetuti richiami sulla necessità di rispettare tempi e standard del Recovery Plan che in nemmeno una settimana sono venuti da Paolo Gentiloni, dal vice presidente Ue Valdis Dombrovskis e da ultimo anche da Christine Lagarde. Tutti a battere sullo stesso tasto: l’Italia deve fare le riforme se vuole ottenere i 209 miliardi del sostegno promessi dall’Europa.

IL RISCHIO POPULISMO

Uno dei tanti e non secondari punti su cui il nuovo governo dovrà lavorare sentendosi sul collo il fiato di Bruxelles. Senza tirare però troppo la corda perché l’ultima cosa che vogliono nelle capitali europee è quella di trovarsi un’Italia a trazione populista e antieuropeista a decidere sui miliardi del Recovery Fund.

Ed è è in questo clima arroventato che arriva il voto sul Mes. A fine novembre, il M5s ha mal digerito il sì alla riforma del “Salva Stati” dato da Conte. Allora il premier si fece carico delle perplessità del Movimento, chiedendo alla Ue di completare anche il resto del pacchetto di rafforzamento dell’unione bancaria, soprattutto la garanzia comune sui depositi. Ma su questo argomento in Eurogruppo non hanno fretta. È dunque possibile che il Parlamento debba ratificare la riforma del Mes prima che gli altri pezzi del puzzle vadano a posto.

I PROSSIMI NODI

Insieme all’opportunità di chiedere i finanziamenti del Mes per la pandemia, la riforma del Salva-Stati è argomento ancora così spinoso per il Movimento Cinquestelle da finire tra i motivi che, alla fine dell’anno scorso, hanno portato 4 eurodeputati pentastellati a lasciare il Movimento per aderire ai Verdi europei. I quali sono favorevoli sia all’uso del Mes sanitario sia alla riforma del Mes. Ma questa è una contraddizione tra gli ex 5s e la “casa politica” che li ha accolti.

Resta il fatto che il prossimo governo dovrà sciogliere anche questo nodo. Magari chiedendo a Bruxelles di accelerare sull’unione bancaria: cosa non semplice in quanto la Germania, per acconsentire alla garanzia sui depositi, vorrebbe che i nostri Btp venissero considerati a rischio. Roba che nemmeno il ministro Roberto Gualtieri accetterebbe. E infatti, da quando via XX Settembre ha detto no alla proposta tedesca (fine 2019, agli albori della polemica sul Mes), l’argomento è sparito dai tavoli europei. Né il governo italiano ha presentato una sua proposta.


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