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Il porto di Gioia Tauro

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Vi è un grande rischio quando si fanno degli Stati Generali. Quello di avere una lista di richieste, che però sia poi complicato e difficile portare a sistema. Allora l’approccio probabilmente deve essere opposto: avere un filo rosso che possa portare la nostra Arianna, a dare il famoso “filo”, che avrebbe permesso di non perdersi all’interno del labirinto. Un filo di Arianna che possa consentire alla ministra di dare alcune indicazioni fondamentali al Presidente del Consiglio per riuscire a districarsi, all’interno di richieste, proposte, esigenze, ma anche opportunità o drammatiche contingenze.

Bene il filo rosso, che sembra la ministra abbia individuato, è quello relativo al rispetto della Costituzione e alla attuazione dei diritti che essa riconosce a ciascuno dei cittadini italiani. E quali se non i diritti alla sanità, all’istruzione, alla mobilità, al lavoro possono essere quelli fondamentali da riconoscere ed attuare in tutte le parti del nostro Paese? Per questo i livelli essenziali di prestazione (Lep) sono l’elemento base dal quale partire per attuare la riunificazione sociale del Paese.

Tutto questo potrà avvenire soltanto se gli investimenti in alcuni settori primari saranno assolutamente rilevanti. A cominciare dagli asili nido e ad una formazione che preveda che la dispersione scolastica, così elevata nelle realtà meridionali, possa essere sconfitta. Tale percorso è estremamente complicato, soprattutto se la crescita del reddito come si annuncia non sarà particolarmente rilevante.

L’ altro filo rosso che la ministra Carfagna ha individuato è quello delle Zes. Anche lì parliamo di livelli essenziali di prestazioni, dette in modo improprio, perché ci riferiamo al diritto al lavoro. Anche quello, che è un diritto che è garantito dalla Costituzione può essere soddisfatto soltanto se ci sarà quell’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area, che solo le Zes possono consentire.

Ma che prevedono un’attività molto rilevante, come si è visto nel caso dell’Italtec, che si localizzerà in Piemonte, portando lì 4000 posti di lavoro. Per questo c’è bisogno di un colpo d’ala da parte del Governo, per far capire che puntare sul Mezzogiorno non è solo uno slogan. Puntare sul Mezzogiorno significa che il nuovo Far West del Paese è il grande territorio meridionale, che rappresenta il 40% del territorio italiano e che ha il 34% della sua popolazione.

E che offre condizioni particolarmente vantaggiose nelle sue Zes dal punto di vista climatico ed ambientale se queste potranno essere accompagnate anche da una fiscalità di vantaggio per gli utili che si formeranno nelle aree, nonché di un cuneo fiscale differenziato, e di una infrastrutturazione che consenta di raggiungere le Zes in modo veloce, e di un controllo della criminalità organizzata, fatto con sistemi sofisticati e moderni, in modo tale che l’investitore possa sentirsi sicuro nell’ investire nella sua localizzazione.

Forse dovrebbe aggiungere la nostra ministra nei suoi fili rossi, che consentiranno al Sud di uscire dal labirinto   del minotauro, la logistica, come sempre sostenuto da Svimez. La visione euro mediterranea che ormai è abbastanza diffusa tra i meridionali del Sud, come siciliani e calabresi, forse ancora non ha adeguatamente convinto la parte Nord del Sud. Ma è l’elemento fondamentale per far diventare tutto il Sud centrale rispetto all’Unione Europea.

Augusta e Gioia Tauro devono diventare gli Hub logistici che debbono poter competere non solo con Tangeri, ma anche con Rotterdam. Riuscire a mettere a regime questa parte, industrializzandola adeguatamente, può essere un punto fondamentale per riportare l’Italia tra i paesi più importanti dell’Unione. Oggi è chiaro che siamo in una ipotetica serie B.

Ma noi, Paese fondatore dell’Europa, possiamo aspirare a molto di più e certo la presenza di Draghi ci ha fatto acquisire alcuni punti, che non possono essere non seguiti dagli aspetti economici. Perché l’Italia avrà peso se la sua economia ricomincerà a crescere con tassi che la possano mettere in competizione con le due grandi potenze europee.

Siamo grati al ministro Carfagna, perché non si è ripetuta la litania di un Mezzogiorno agricoltura e turismo che ormai sembra superata anche tra gli amanti dei prati verdi e del turismo slow. Ma certamente non si può nemmeno dimenticare che la branca del turismo può rappresentare una parziale risposta alle esigenze di occupazione se avremo numeri adeguati e non lasceremo quello turistico al modello dei grandi viaggiatori tedeschi. Perché l’industria turistica è cosa diversa e ha bisogno di grandi numeri. Per questo la ministra farebbe bene a occuparsi anche del filo rosso del turismo, che con una normativa interessante potrebbe portare a dei numeri importanti.


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