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Posto fisso? No, grazie. I giovani agricoltori del Mezzogiorno smentiscono con i fatti la logora immagine di una generazione attratta solo da un’occupazione sicura.  A credere in un’attività che è la meno “garantita”, anche per l’effetto degli eventi meteo estremi che da anni la flagellano, sono infatti proprio i giovani del Sud. Nonostante il Covid gli under 35 mantengono le posizioni nelle aziende delle regioni meridionali.

Ai primi posti per numero di neo imprenditori ci sono infatti la Sicilia (6.907), la Campania (5.905), la Puglia (5.363) e la Calabria (3.620) che battono Lombardia (3.376), Emilia Romagna (2.480) e Toscana (2.765).

IL BOOM

In Italia sono oltre 56mila le imprese agricole   guidate dai neo agricoltori, con un aumento del 14% negli ultimi 5 anni che ha consentito al nostro Paese di conquistare nell’Unione europea il primato di “agricoltura giovane”. Ed essendo imprese con una spiccata capacità di innovazione, una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato maggiore del 75% rispetto alla media e il 50% di occupati per aziende in più, ancora una volta i numeri dimostrano che l’agricoltura del Sud porta la bandiera dell’innovazione e dell’avanguardia.

«I giovani agricoltori – ha detto Veronica Barbati, delegata nazionale del Movimento giovani imprese Coldiretti,  in occasione di un recente incontro con il ministro delle Politiche giovanili, Fabiana Dadone, per la presentazione dell’edizione 2021 degli Oscar green – sono i protagonisti di una cultura del cibo sano e sostenibile rappresentata dalla dieta mediterranea, regime alimentare che per le sue proprietà salutistiche e per la sua varietà si è classificato come il migliore al mondo sulla base del best diet ranking 2021 elaborato dal media statunitense US News & World Report, noto a livello globale per la redazione di classifiche e consigli per i consumatori».

 Il riconoscimento come miglior regime alimentare al mondo è arrivato infatti a poco più di dieci anni dall’iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco, avvenuta il 16 novembre 2010, grazie a una virtuosa ed equilibrata lista di alimenti come pane, pasta, frutta, verdura, carne, olio extravergine e il tradizionale bicchiere di vino. Un toccasana, mix di eccellenze prevalentemente made in   Sud, che ha consentito all’Italia di conquistare il record di longevità in Europa. 

IL NODO FINANZIAMENTI

Ma il settore primario potrebbe dare molto di più soprattutto se i Piani di sviluppo rurale fornissero adeguato ossigeno finanziario alle aziende agricole. E invece proprio al Sud si registrano gli andamenti più lenti, soprattutto per quanto riguarda l’attivazione delle misure dedicate agli under 40. Oltre un giovane italiano su due, fra i 39mila che hanno presentato la domanda per l’insediamento in agricoltura, si è visto bocciare il piano d’impresa, a causa, secondo la denuncia contenuta in uno studio di Coldiretti, degli errori di programmazione delle amministrazioni regionali e dell’eccesso di burocrazia. Con il rischio di bruciare i fondi di Bruxelles.

Ma va   considerato anche che non è andata meglio a chi ha superato l’esame. I pagamenti, infatti, sono arrivati solo a poco più della metà delle aziende che, avendo effettuato gli investimenti, si sono trovate scoperte e con grandi difficoltà a onorare gli impegni finanziari.

E anche il Recovery plan dovrebbe riservare attenzione ai progetti più a misura delle nuove generazioni. L’agroalimentare può offrire infatti un milione di posti di lavoro green nei prossimi dieci anni con una decisa svolta dell’agricoltura verso la rivoluzione verde, la formazione tecnica, l’innovazione, la transizione ecologica e il digitale da sostenere con strumenti mirati per i giovani agricoltori che sono i più pronti a cogliere i nuovi orientamenti.

LA RISCOSSA

«È necessario investire sull’agricoltura, che è un settore strategico per far ripartire l’Italia grazie anche a un esercito di giovani attenti all’innovazione e alla sostenibilità – ha spiegato Barbati -. Occorre sostenere il sogno imprenditoriale di una parte importante della nostra generazione che mai come adesso vuole investire il proprio futuro nelle campagne e per questo va liberata dal peso della burocrazia che impedisce anche il pieno ed efficace utilizzo delle risorse a disposizione del settore».

I giovani sono pronti a rispondere all’appello e a partecipare al processo di “ricostruzione” dell’Italia sulle macerie economiche della pandemia. E vanno anche in controtendenza rispetto all’orientamento alla fuga dei loro colleghi che operano negli altri settori produttivi. Una fuga che, per i laureati, è costata cara al nostro Paese in termini di istruzione, nell’ordine di oltre 3 miliardi, valutati dall’Istat, per i circa 28mila laureati che hanno passato le frontiere nel 2019.

L’agricoltura in questo panorama rappresenta quindi una speranza per le nuove generazioni a caccia di sistemazione. E la riscossa parte proprio da quella generazione meridionale messa troppo spesso sul banco degli imputati.


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