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Laura Castelli, viceministro dell’Economia

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SEMBRA più vicino al traguardo il percorso che dovrebbe portare al definitivo superamento del criterio della spesa storica – con tutto il suo portato di disuguaglianze nei diritti di cittadinanza tra il Nord e il Sud del Paese – e all’attuazione dei Lep, i Livelli essenziali di prestazione che di questi diritti sono la base, come l’accesso agli asili nido di asili nido o ai servizi scolastici e sociali.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrebbe accelerare il percorso: l’attuazione del federalismo fiscale è tra le riforme che la Commissione europea chiede di realizzare entro il primo quadrimestre del 2026. E questo ha portato alla definizione di alcuni step di approvazione del federalismo: tra le altre, la terza fase prevede che la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei fabbisogni standard sia portata a termine entro dicembre 2024.

É quanto emerge dalla relazione illustrata dal viceministro dell’Economia, Laura Castelli, nel corso dell’audizione di fronte alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale.

Nel frattempo, «dal 2020 la quota della perequazione, basata sulla differenza tra i fabbisogni standard e la capacità fiscale standard, aumenterà del 5% annuo, dal 45% del 2019, fino a raggiungere il valore del 100%. Contemporaneamente aumenterà del 5% annuo il target perequativo, ossia l’ammontare complessivo della capacità fiscale perequabile dei Comuni e delle Regioni a statuto ordinario, fino a raggiungere il valore del 100% nel 2029». A regime, pertanto, la quota del Fondo di solidarietà comunale distribuita in base a fabbisogni e capacità fiscali sarà pari al 100% delle capacità fiscali comunali delle Regioni a statuto ordinario.

Lo ha affermato il viceministro dell’Economia, Laura Castelli, durante l’audizione segnando un passo avanti verso l’obiettivo di una perequazione al 100% che solo qualche settimana fa, davanti alla stessa Commissione, il ministro per gli Affari regionali, Maria Stella Gelmini, aveva escluso potesse essere raggiunto. Pur riconoscendo l’esigenza di «ampliare la perequazione in modo da trovare una solidarietà tra Nord e Sud ed evitare divisioni», il ministro Gelmini aveva posto la questione della «sostenibilità finanziaria e di bilancio», sostenendo la necessità di individuare «i margini per allargare il concetto di perequazione e renderlo anche sostenibile, ma – aveva sostenuto – credo che al 100% sia impossibile arrivarci».

L’obiettivo annunciato dal viceministro entro il 2029 rappresenta un tassello importante quindi in vista dell’attuazione dei Lep che sebbene siano espressamente previsti dalla Costituzione, come si ribadisce nella relazione alla Commissione, non sono mai individuati attraverso chiari riferimenti normativi. «La mancata definizione dei Lep – si sottolinea – ha favorito la scelta di calcolare il fabbisogno sulla base dei servizi storicamente offerti, cristallizzando le differenze territoriali che la legge 42/2009 si proponeva di eliminare anche attraverso meccanismi di monitoraggio dei livelli e della qualità dei servizi offerti».

Il Pnrr, come detto, rappresenta un fattore di accelerazione, intanto perché l’attuazione del federalismo fiscale rientra tra le riforme richieste da Bruxelles ma anche perché prevede interventi che, come ha ricordato Castelli, incidono sulla dotazione infrastrutturale degli enti locali «rilevanti per l’esercizio delle funzioni fondamentali e dei Lep». È il caso degli asili nido e delle scuole d’infanzia, per esempio, per cui il Recovery plan stanzia 4,6 miliardi per creare 228mila nuovi posti. «Non puoi costruire asili e poi non dare risorse ai Comuni» per garantirne il funzionamento, ha sottolineato Castelli. Intanto, sui servizi sociali, ha affermato il viceministro, «abbiamo fatto in legge di Bilancio un intervento aggiuntivo stanziando 216 milioni per la crescita annua che consentirà di raggiungere i 651 milioni di euro nel 2030, che è il fabbisogno per il finanziamento dei servizi sociali nelle Regioni a statuto ordinario». In questo modo, ha spiegato, «l’ambito dei servizi sociali nelle Regioni a statuto ordinario ha risorse che permettono nel 2030 di arrivare al 100%». Le innovazioni introdotte con la legge del 2019 e le riforme del Pnrr, secondo quanto ha riferito il viceministro, dovrebbero portare a realizzare gli obiettivi di equità ed efficienza che la Costituzione assegna al federalismo fiscale.

La relazione alla Commissione traccia il percorso individuato dal Mef verso questo obiettivo, che parte dal completamento del quadro normativo con una chiara indicazione dei Lep e degli standard da garantire nelle funzioni fondamentali – insieme alla compartecipazione degli utenti – da definire nei prossimi mesi per arrivare a garantire l’uniformità dei servizi essenziali sull’intero territorio e il finanziamento del fabbisogno standard relativo alle funzioni fondamentali e ai Lep. Si prevede poi che i fabbisogni standard possano essere utilizzati per quantificare correttamente le risorse aggiuntive eventualmente necessarie per assicurare a tutti i Comuni risorse sufficienti per garantire servizi adeguati, in particolare per quanto riguarda gli asili nido e l’istruzione. «Sul tema della garanzia dei Lep – si legge nella relazione del viceministro – sarà anche necessario un coinvolgimento più stretto delle autonomie speciali, secondo un processo anch’esso graduale e ragionato, a partire dalla Regione siciliana e dalla Sardegna i cui comuni già partecipano al Fsc ma con assegnazioni esclusivamente basate su criteri storici».

«La riforma fiscale prevista nell’ambito del Pnrr – ha poi affermato Castelli – potrà fornire l’opportunità anche per una revisione dell’assetto dei tributi locali, anche sulla parte che riguarda la capacità fiscale perequabile. Si possono aggiungere tasselli che con la fiscalità dell’Irpef nazionale sappiamo poi concorrono ad altre entrate comunali e regionali». L’allineamento dei fabbisogni con gli standard richiesti dai Lep e dalla funzioni fondamentali e il riordino dei tributi, si sottolinea, «consentirà di operare le scelte definitive sulla struttura del fondo perequativo, che potrebbe vedere rafforzata la componente verticale al fine di rendere più evidente la tutela statale dei diritti sociali e di cittadinanza e di ridurre le resistenze verso la perequazione di quei Comuni che, a causa della sperequazione delle basi imponibili, sono chiamati a cedere parte della propria capacità fiscale per il finanziamento dei comuni meno dotati. Dovrebbe infine essere possibile realizzare pienamente la perequazione basata sulla differenza fra i fabbisogni e le capacità fiscali. Come già ricordato, la legge di bilancio per il 2020 ha previsto che la percentuale del fondo perequato e del target perequativo raggiungano il 100% nel 2030».

Una parte del fondo, pari a circa 3,5 miliardi per le Regioni a statuto ordinario, continuerà ad essere distribuita secondo un criterio storico anche oltre questa data per “ristorare” i Comuni per le risorse perdute dai comuni a seguito all’esenzione di alcune basi imponibili Tasi e Imu introdotte nel 2016, ma la scelta di escludere questi fondi dalla perequazione, si anticipa, «dovrà essere attentamente rivalutata ora che gli interventi realizzati negli ultimi anni e quelli previsti dal Pnrr hanno aperto una prospettiva di completamento del federalismo comunale».

L’ultimo tassello chiama in causa il Comune di Roma: la Capitale, ha detto il viceministro «è nel Fondo di solidarietà comunale, ma potrebbe essere ragionevole, vista la specificità del Comune, pensare se possa essere più utile creare un fondo ad hoc e liberare le risorse del Fsc per essere distribuite ad altri Comuni». La presenza di Roma nel Fondo, ha spiegato, «crea delle distorsioni»: «Abbiamo fatto delle simulazioni e posso assicurare che andremmo molto più veloci nell’assegnare questo tipo di riparto».


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