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Il premier, Mario Draghi, e il ministro dell'Economia, Daniele Franco

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DODICI miliardi al taglio delle tasse, in una legge di bilancio da trenta miliardi che ha una “bussola” e una “strategia” di fondo: spingere la crescita. Le spese di natura assistenziale o contrarie allo sviluppo (come reddito di cittadinanza e quota 100) sono state fortemente ridimensionate o cancellate come il cashback.

Mario Draghi presenta così la sua prima manovra. Lo fa dopo giorni di confronto teso con i sindacati e i partiti della maggioranza. Ma soprattutto dopo tre ore di discussione in Consiglio dei ministri, con un nuovo braccio di ferro tra M5s e centrodestra sul Reddito di cittadinanza, che si chiudono con un applauso “di condivisione”. I sindacati restano sul piede di guerra ma il premier apre a un confronto sulle pensioni per una riforma che dia più flessibilità in uscita, fermo restando che dal 2023 si torna al contributivo della legge Fornero.

Su come tagliare le tasse, il governo discuterà con parti sociali e Camere. Ma fin d’ora Draghi si dice “soddisfatto” della manovra e prevede che il Pil crescerà quest’anno “ben oltre il 6%” e al 4,7% nel 2023, in salita rispetto alle previsioni: non è garantito che la crescita continui, aggiunge, ma “ci sono le basi” perché sia “a un livello più alto” e sia “più equa” e di “qualità”, con un cambio di paradigma in chiave europea.

Sul capitolo più spinoso della manovra, le pensioni, il Consiglio dei ministri conferma la scelta di Quota 102, l’uscita con 62 anni di età e 38 contributi. È una scelta che non piace ai sindacati, come dice Pierpaolo Bombardieri della Uil evocando la piazza, e neanche alla Fiom-Cgil che annuncia un pacchetto di otto ore di sciopero. Draghi si mostra stupito delle proteste: “Non mi aspetto uno sciopero generale, mi sembrerebbe strano, c’è la disponibilità del governo a ragionare”.

La disponibilità, dunque: il premier annuncia che dopo un anno di Quota 102 si tornerà al contributivo, alla legge Fornero. Ma aggiunge che il governo aprirà un confronto, già nelle prossime settimane, su tre punti: flessibilità in uscita, riequilibrio delle pensioni per i giovani, recuperare al mercato del lavoro chi è andato in pensione e oggi lavora in nero. Con un principio di fondo: l’equilibrio dei conti, per cui ogni intervento dovrà essere sostenibile.

Le storture nel sistema pensionistico ci sono, ci sono prestazioni sociali inadeguate e resta il problema del debito pubblico, ma su tutti questi fronti – spiega Draghi – è la crescita la vera soluzione. Gli investimenti sono il primo volano della manovra: “89 miliardi dal 2022 al 2036, ma sommando il Recovery plan c’è un totale di 540 miliardi di investimenti nei prossimi 15 anni”.

In più, si agisce sul taglio delle tasse, sottolinea Draghi. Il fondo da 8 miliardi sarà destinato al taglio del cuneo ai lavoratori attraverso aliquote Irpef più leggere e alle imprese attraverso l’Irap. Come effettuare il taglio, a chi destinare le maggiori risorse, lo dirà un emendamento del governo dopo confronto con parti sociali e Parlamento, incrociando anche il disegno complessivo della riforma fiscale. In più, ci sono altri interventi per un totale di 12 miliardi quest’anno e 40 in un triennio, spiega il ministro Daniele Franco che come Andrea Orlando affianca il premier in conferenza stampa.

In Consiglio dei ministri si consuma l’ultima partita sul reddito di cittadinanza. Il leader M5s Giuseppe Conte, che chiede (e per ora non ottiene) anche di abbassare il tetto di reddito al Superbonus per le villette, chiama Draghi prima del Cdm. Gli chiede – e otterrà – di stabilire che il decalage scatti dopo il primo rifiuto di un’offerta di lavoro e non dopo sei mesi. Il centrodestra rilancia: dopo il no alla prima offerta, bisogna decadere dall’assegno. Alla fine l’asticella viene posta sulle due offerte. Ma vengono inseriti anche forti controlli e un meccanismo che renda conveniente accettare i lavori, perché il sistema precedente – dice Draghi – “non ha funzionato” e spinto il lavoro nero.

In Cdm arrivano altre modifiche: Dario Franceschini chiede di togliere il tetto di reddito al bonus 18enni che era in una bozza di manovra e Patrizio Bianchi fa stralciare la norma che toglieva la dote ai docenti. Ci sono i due miliardi per il taglio delle bollette e ben 185 articoli di misure, che annunciano un percorso parlamentare assai vivace.

I segnali della maggioranza, anche nel voto sul ddl Zan, non sono incoraggianti, nota Enrico Letta. Il premier si mostra fiducioso della condivisione trovata in Cdm. E a chi gli chiede dell’ipotesi di Franco a Palazzo Chigi come suo successore (la si fa, in relazione a un’eventuale sua elezione al Quirinale), risponde con un sorriso: “Deciderà…”, poi si gira e interrompe la frase.


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