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L’ECONOMIA italiana farà molta fatica a fare a meno del governo Draghi. La ripresa è travolgente a prescindere dal Pnrr di cui, per il momento è arrivato solo un acconto.  A spingere sono gli investimenti privati e la domanda interna spinta dal clima di fiducia che si è creato attorno all’ex presidente della Bce. Si manifesta così una dinamica che il Paese non conosceva dagli anni del “miracolo”. Non solo cresce ad una velocità “cinese” ma, con il passare dei mesi acquista sempre maggiore velocità.

Lo dicono l’indagine dell’Ihs Markit sull’industria manifatturiera e le previsioni rilasciate ieri a Parigi dall’Ocse. L’indice Pmi, che fornisce le  condizioni generali del settore manifatturiero, ha segnalato il diciassettesimo mese consecutivo in crescita portando l’asticella di novembre a 62,8 rispetto  a 61,1 di ottobre.  Si tratta di un livello record che mostra l’ottimo stato di salute delle fabbriche italiane. La statistica, infatti, viene elaborato con un sondaggio presso i responsabili degli uffici acquisti. Il loro ottimismo apre l’orizzonte ad un futuro che, secondo l’Ocse è pieno di promesse. 

Per quanto riguarda l’Italia gli analisti dell’istituto con sede a Parigi stimano un Pil  al 6,3% per quest’anno. Un dato che supera il 6% indicato dal governo nella Nadef e si allinea alle  previsioni record di S&P.  Non è nemmeno escluso che il 31 dicembre il risultato sia ancora migliore considerando che l’Istat, in base all’andamento del terzo trimestre (+3,9%) considera giù acquisito un miglioramento del 6,2%. Se l’autunno confermerà le speranze, e non ci saranno chiusure improvvise imposte da Omicron,  è possibile arrivare al 6,5%.

La conclusione molto brillante del 2021 consentirà di iniziare il 2022 a spron battuto. L’Ocse stima una crescita al  4,6% l’anno prossimo  e al 2,6% nel 2023. A mettere il turbo saranno il Recovery Fund  e la progressiva normalizzazione dell’attività economica. Il tasso di disoccupazione scenderà dal 9,6% del 2021 all’8,9% nel 2022 e all’8,4% nel 2023. Previsto anche un calo del debito pubblico:  dal 154,6% del 2021 al 150,4% nel 2022 e al 148,6% nel 2023. Non sono previste particolari tensioni inflazionistiche. Vuol dire che il 3,8% di novembre dovrebbe restare un picco isolato.

“La crescita dovrebbe rimanere robusta anche se in rallentamento man mano che l’attività si normalizza e lo stimolo fiscale viene gradualmente ritirato”, si legge nell’analisi dell’istituto. “Gli investimenti privati rimarranno solidi poiché la domanda, le riforme e gli incentivi sostengono la fiducia. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza favoriscono maggiori investimenti pubblici”.

Secondo l’Ocse “i vincoli al turismo e alla catena di approvvigionamento globale diminuiranno costantemente, sostenendo le esportazioni. Si prevede che i consumi delle famiglie saliranno man mano che l’occupazione aumenta, la politica fiscale è di supporto, la fiducia cresce e le restrizioni legate al Covid-19 si attenuano”. Tuttavia i fallimenti aziendali sono visti in aumento. “Un’adeguata copertura delle perdite sui prestiti contribuirà a mitigare l’impatto sulle banche più grandi e sui loro prestiti”. Nelle analisi dell’Ocse l’Italia svetta solitaria visto che segna una crescita superiore alla media globale pari al 5,7%  secondo le indicazioni di Laurence Boone, capo economista dell’istituto.

La ripresa sarà sostenuta anche nel 2022 (+ 4,5%) e nel 2023 (+ 3,2%).  L’Eurozona seguirà la stessa dinamica: crescita al 5,2% nel 2021, 4,3% nel 2022 e 2,5% nel 2023. Tuttavia ci sono marcate differenze nella ripresa causate dalla recrudescenza del Covid. A correre i pericoli maggiori, naturalmente sono i Paesi più poveri visti i ritardi delle vaccinazioni. Questi squilibri hanno portato a rivedere continuamente al rialzo la dinamica dei prezzi.  L’Ocse stima ora che l’inflazione nei Paesi appartenenti all’organizzazione  tocchi il picco nel quarto trimestre 2021 (4,9%) per poi calare al 3,4% a fine 2022 e al 3,1% a fine 2023.

La priorità della politica economica deve essere la vaccinazione, ha sottolineato Boone. I ritardi  rischiano  di alimentare le strozzature nelle forniture e la corsa dei prezzi. L’ultimo punto toccato dall’economista è stato il problema del debito pubblico elevato. “I governi dovrebbero concentrarsi sul trasferimento delle risorse verso capitoli di spesa che creano crescita strutturale, quali educazione e sanità. Inoltre, troppa incertezza rischia di ritardare la necessaria transizione energetica”.


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