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Pnrr e Mezzogiorno, quota 40% a rischio. Il Dipartimento per le Politiche di Coesione (DPCoe) della Presidenza del Consiglio dei ministri ha presentato la prima Relazione istruttoria sul rispetto del vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40% delle risorse allocabili territorialmente del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e del Fondo complementare (FoC).

Dallo studio della Svimez emerge che il Pnrr, con gli oltre 200 miliardi di euro ottenuti dall’Europa per ridurre i divari territoriali dell’Italia dopo due anni di crisi economica dovuta alla pandemia, rischia di non raggiungere l’obiettivo principale, non garantendo al Sud nemmeno la soglia minima stabilita in base alla popolazione.

Dovrebbe avere più fondi, insieme alle aree interne di tutto il paese, ma in realtà il Meridione rischia di non ricevere nemmeno il 40% promesso. Le uniche risorse “certe” – secondo la Svimez – sono i 24,8 miliardi che finanziano progetti già identificati e con localizzazione territoriale e costi definiti. Meno di un terzo degli 86 miliardi della “quota Sud”.

Queste risorse sono per oltre la metà (14,6 miliardi) di titolarità del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, e in buona parte finanziano “progetti in essere”, ovvero interventi per i quali già esistevano coperture nel bilancio dello Stato poi sostituite da quelle del Pnrr. I rimanenti 61,2 miliardi di euro rappresentano risorse “potenziali”, la cui destinazione effettiva alle regioni del Mezzogiorno dovrà realizzarsi in fase di attuazione superando diverse criticità che la Relazione tecnica porta all’attenzione del decisore politico.

Una prima criticità riguarda i 28,2 miliardi “stimati” dai diversi Ministeri per finanziare prevalentemente misure non ancora attivate formalmente o attivate con procedure prive di specifici vincoli di destinazione territoriale. In diversi casi, le Amministrazioni dichiarano “solo un’adesione di principio” al rispetto del livello programmatico del 40% al Mezzogiorno. Per alcuni Ministeri le risorse “stimate” incidono in maniera rilevante sulle risorse gestite che si prevede di allocare al Sud: l’82% per l’Agricoltura, il 61% per l’Istruzione e per il Lavoro, il 56% per la Transizione ecologica.

Anche la destinazione finale dei 23,4 miliardi quantificati dai Ministeri per “riparto” (nel caso di misure attivate con procedure che prevedono una quota destinata al Mezzogiorno, ma non ancora arrivate alla selezione dei progetti da finanziare) è soggetta ad un certo grado di incertezza, con particolare riferimento alle risorse da distribuire agli enti territoriali su base competitiva.

Al di là delle criticità legate alle diverse modalità di integrazione della clausola del 40% nei bandi ministeriali già rimarcate dalla Svimez e dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, la Relazione del DPCoe porta all’attenzione un aspetto particolarmente critico per il conseguimento dell’obiettivo del 40%. In ben 15 su 28 procedure attive, per un valore complessivo di oltre 3 miliardi, non è stata disposta nessuna modalità di salvaguardia della quota Mezzogiorno sulle risorse non assegnate per carenza di domande ammissibili. Un’eventualità tutt’altro che remota alla luce del primo anno di attuazione del Pnrr.

In altri casi, come nel bando Asili Nido, in presenza di insufficiente capacità progettuale per circa il 50% delle risorse, è stata prevista una proroga dei termini, che però difficilmente sarà sufficiente a colmare il gap.

L’AUDIZIONE DI CARFAGNA

Intanto ieri sulla “Prima relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza riferita all’anno 2021” c’è stata l’audizione del ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Mara Carfagna dinanzi alle Commissioni riunite Politiche dell’Unione europea e Bilancio del Senato. «La stima delle risorse destinate al Mezzogiorno ammonta a 86 miliardi, pari al 40,8% delle risorse allocabili territorialmente. Sottolineo che tutti gli obiettivi previsti per il 2021 nell’ambito degli ‘interventi speciali per la coesione territoriale’ sono stati raggiunti, sia in termini di riforme che di investimenti» ha riferito.

«Ovviamente la stima – ha precisato – dev’essere considerata con cautela. Essa è riferita, per circa un terzo, a interventi per i quali le procedure attuative non sono ancora attivate o sono attivate senza una previsione esplicita di destinazione territoriale e sulle quali fanno quindi fede le dichiarazioni di intento delle amministrazioni titolari degli interventi. Allo stesso modo occorre adeguata cautela per le quantificazioni connesse agli interventi già attivati attraverso procedure competitive, per le quali il tasso di assorbimento da parte del Mezzogiorno andrà costantemente monitorato e sostenuto con attività di informazione, sensibilizzazione e assistenza».

«Il lavoro del DipCoe ha anzitutto sortito l’effetto di sollecitare una rinnovata attenzione e sensibilità di tutti i ministeri coinvolti, sul tema delle ricadute territoriali degli interventi affidati alla loro titolarità. È un’operazione di estrema trasparenza con la quale intendiamo raccontare i meccanismi che portano – misura per misura – al 40% e grazie alla quale offriamo gli strumenti di monitoraggio e intervento perché nei prossimi anni – e dunque nella prossima legislatura – l’attenzione per il rispetto della soglia resti alta”. Così Mara Carfagna, ministro per il Sud, in audizione davanti alle Commissioni riunite Politiche dell’Unione europea e Bilancio del Senato.

«Voglio essere molto esplicita – ha sottolineato il ministro – se non avessimo, dal primo giorno di vita dell’attuale governo, lavorato per esplicitare la ‘quota Sud’ e i meccanismi per rispettarla, nessuno avrebbe saputo con esattezza quantificare e monitorare l’assorbimento delle risorse del Pnrr al Sud. Se oggi, anche grazie alla massima trasparenza che stiamo assicurando, il Parlamento e l’opinione pubblica sono in grado di evidenziare problemi e rischi, e proporre soluzioni, questo è dovuto a questa nostra scelta di totale trasparenza».


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