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Tavole d’oro per la Pasqua. Per i rincari delle materie prime che si sono ribaltati sul carrello della spesa gli italiani, per il tradizionale pranzo pasquale, dovranno mettere in conto un salasso di 100 milioni. Le stime sono del Codacons che ha preparato la lista della spesa per le festività.

RINCARI E NUOVI POVERI I COSTI DEL BANCHETTO DI PASQUA

La carne d’agnello, con 4.500 tonnellate, costa il 4,9% in più rispetto allo scorso anno. Le uova fresche (400 milioni di pezzi venduti per un controvalore di 120 milioni ) sono rincarate del 4,5%. Per salumi e insaccati (13.000 tonnellate) +2,5%. Rialzi del 10% per la farina, di oltre il 17% per il burro, impennata del 23 % per l’olio di semi, ma costano di più anche zucchero (+5,8%), pasta (+13%), frutta (+8%), pane (+5,8%) e verdura (+17,8%). La spesa, secondo il Codacons, lieviterà così da 1,7 miliardi del periodo pre-Covid a 1,8 miliardi di quest’anno. E anche il conto per il pranzo al ristorante sarà ritoccato dal 5 al 10%.

RINCARI, NUOVI POVERI E VACANZE PER LA PASQUA

In linea anche le previsioni di Assoutenti, che rileva sensibili incrementi dei listini per tutti i settori legati alla Pasqua. Se sarà salato il pranzo pasquale in famiglia, non andrà meglio, secondo l’associazione, per chi decide di andare in vacanza: dormire in alberghi, motel e pensioni costerà il 9% in più, il 7% per i soggiorni in villaggi, campeggi e ostelli. Senza contare la stangata sulla benzina, più cara del 12,2%, e del gasolio (+22,7%).

Questo per chi può permetterselo. Ma gli italiani sono sempre più poveri. La pandemia ha inferto un duro colpo ai bilanci familiari, “certificato” dai dati del ministero dell’ Economia e delle finanze che, in base alle dichiarazioni Irpef e Iva relative al 2020, ha rilevato un calo del reddito dichiarato di quasi 20 miliardi. Su un sistema già fragile si è innescata la crisi indotta dalla guerra.

A lanciare l’allarme la Coldiretti, che ha stimato in Italia un esercito di 2,6 milioni di persone costrette a chiedere aiuto per mangiare. In un’analisi divulgata alla vigilia delle feste, Coldiretti segnala il numero crescente di chi non riesce più a garantirsi il cibo quotidiano. Tra questi 538.423 bambini (di età uguale o inferiore ai 15 anni), 299.890 anziani, 81.963 senza fissa dimora (di età uguale o superiore ai 65 anni), 31.846 disabili.

Si tratta della componente più debole della società, che è più esposta all’impoverimento alimentare causato dal caro prezzi ma anche dal rallentamento dell’economia e dalla frenata dell’occupazione.

Fra i nuovi poveri – evidenzia lo studio – c’è chi ha perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, così come molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie che sono stati fermati o danneggiati dalle limitazioni legate ai due anni di pandemia. Persone e famiglie che mai prima d’ora avevano sperimentato condizioni di vita così problematiche.

RINCARI E FESTE DI PASQUA, L’APPELLO COLDIRETTI PER I POVERI

Da qui l’appello lanciato dal presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, per un deciso intervento della Pubblica amministrazione per aprire subito i bandi «per acquistare alimenti di base di qualità made in Italy da dare agli indigenti, sui quali occorre ora accelerare utilizzando le risorse stanziate per acquistare cibi e bevande da distribuire ai nuovi poveri».

Accanto all’intervento pubblico è cresciuta però anche la solidarietà, con la Coldiretti che insieme alle realtà economiche più importanti del Paese ha donato oltre 6 milioni di chili di frutta, verdura, formaggi, salumi, pasta, conserve di pomodoro, farina, vino e olio al 100% italiani, di alta qualità e a chilometri zero, anche attraverso l’iniziativa “La spesa sospesa” nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica.

Gli acquisti di cibo al 100% italiano, oltre a offrire ristoro ai cittadini più sfortunati, potrebbero anche dare una boccata d’ossigeno alle aziende agricole che, a causa del balzo dei costi energetici, si trovano a pagare una bolletta aggiuntiva di circa otto miliardi.

AZIENDE A RISCHIO

Grande preoccupazione è espressa dal segretario della Fai-Cisl, Onofrio Rota, per l’impatto che avranno i costi energetici e delle materie prime. Perché, secondo quanto ha dichiarato Rota al Quotidiano del Sud – L’Altra Voce dell’Italia «il peggio deve ancora venire».

Per ora, infatti, ritiene che le crisi aziendali siano sotto controllo. C’è qualche caso, come Colussi che per la carenza di materie prime ha deciso di ricorrere alla cassa integrazione a rotazione. Ci sono allarmi nel settore zootecnico, ma nel complesso il sistema, dice, «sta tenendo».

Ma il futuro è a rischio. Anche la spinta a produrre più grano, per esempio, potrebbe portare a ridurre i campi coltivati a pomodoro e questo, secondo il segretario generale della Fai, creerebbe un impatto negativo sull’occupazione, perché per lavorare un ettaro di terreno investito a pomodoro servono 25 addetti, per il grano uno.

C’è dunque un allarme occupazione. Già oggi, sull’onda dei vari bonus, molti lavoratori agricoli sono stati spinti verso l’edilizia. E così ora che si avvicina la ricerca di manodopera per le prossime raccolte si rischia di non trovarla. Nell’industria alimentare, per i pensionamenti nei prossimi tre anni, mancheranno 20mila occupati che bisognerà rimpiazzare. I problemi sono tanti e tra le priorità, per il sindacato, ci sono gli immigrati.

«Oggi – dice Rota – un terzo degli occupati in agricoltura arriva dai Paesi terzi, ma abbiamo calcolato che entro il 2030 si arriverà al 50%. Bisogna dunque ripensare i flussi migratori anche tenendo conto dei lavoratori clandestini che, secondo i dati Caritas, sono circa 250mila. Serve una politica migratoria di sostegno al sistema produttivo».

RISALE LA FAME IN AFRICA

E la situazione potrebbe peggiorare. La Fao, in occasione della conferenza regionale per l’Africa che si è conclusa ieri, ha riacceso i riflettori sulla drammatica situazione del Continente africano che, oltre alla crisi climatica, ai conflitti regionali di lunga data, alla pandemia Covid, deve fare i conti con la guerra in Ucraina che sta limitando gravemente la fornitura di grano all’Egitto e ai Paesi vicini, facendo aumentare i prezzi del pane.

Il numero di persone che soffrono la fame nell’Africa subsahariana è di nuovo in aumento dopo anni di declino. Secondo gli ultimi numeri disponibili, 282 milioni di persone non hanno cibo a sufficienza, con un aumento di 46 milioni rispetto al 2019. Nel caso del Nord Africa, poi, si tratta dell’area da cui arrivano i flussi migratori nel nostro Paese. Algeria, Egitto e Libia sono anche i Paesi che dovrebbero garantire all’Italia le forniture di gas. Si rischia così di aggiungere criticità a situazioni già gravi.

«Bisogna assolutamente risolvere il problema del dumping contrattuale – dice Onofrio Rota – Non si può continuare con i ghetti. Che non sono solo al Sud. Anche al Nord c’è molto lavoro irregolare. Persino in Alto Adige dobbiamo contrastare il caporalato polacco che gestisce gli stagionali che raccolgono mele».

PREZZI AMMINISTRATI

Il problema comunque, secondo il sindacalista, è nella catena del valore schiacciata sulla bassa marginalità agricola. Il problema è che la crescita imprenditoriale non è andata di pari passo con quella dei lavoratori. Anche in settori che hanno segnato un’evoluzione, come il vino, che è passato dalle cantine sociali alle grandi eccellenze. Nelle campagne la situazione è invariata. A fare affari sono i grossisti.

La ricetta? Rota non ha dubbi: «Servono prezzi amministrati, perché è necessario garantire la remunerazione del capitale e del lavoro. Abbiamo presentato una proposta in questi termini all’ex ministro Bellanova e abbiamo rilanciato la richiesta al ministro Patuanelli. L’Ismea dovrebbe definire dei prezzi minimi da verificare nelle fatturazioni di aziende agricole e grossisti».


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