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Papa Francesco

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E’ DIFFICILE gestire qualsiasi cosa in un paese in cui ormai si parla a ruota libera anche a livelli molto alti. La vicenda delle reazioni alla nota verbale vaticana su quanto prevederebbe il ddl Zan se diventasse legge (il che per il momento ancora non è) porta a considerazioni poco consolanti. Iniziamo dall’aspetto più banale: la canea sulla presunta violazione della sovranità del parlamento perché il Vaticano ha reso noto, nei termini più soft possibili fra quelli ovviamente che restano agli atti (questo non avviene con telefonate, incontri informali, ecc.), che a suo giudizio alcune limitate norme ledevano diritti che il Concordato aveva riconosciuto alla Chiesa.

Banalmente tutti dovrebbero sapere, anche al vertice della Camera, che un trattato internazionale è di suo uno strumento che nei limiti previsti limita la sovranità di entrambe le parti. Tanto per capirci, ricordiamo un episodio emblematico. Quando nel febbraio 1998 un aereo dei marines Usa volando troppo basso rispetto alle normative tranciò i cavi della funivia del Cermis in Trentino provocando la morte di 20 persone, in base ad un trattato internazionale quei militari non poterono essere sottoposti alla giustizia italiana, perché c’era una riserva di giurisdizione per quella americana (che, sia detto per inciso, vergognosamente non punì poi gli avventati militari).

Il fatto era gravissimo, ma purtroppo un trattato legava le mani e non ci fu nulla da fare. Il Concordato del 1984 sottoscritto fra l’Italia e la Santa Sede è un trattato internazionale ed è stato approvato dal parlamento italiano, dunque è un atto che promana anche dalla sovranità italiana. Se il Vaticano chiede il rispetto di quel testo si muove nel suo buon diritto e l’Italia farebbe una pessima figura a livello internazionale se ritenesse che i patti che sottoscrive sono carta straccia se così viene deciso da una quota di opinione pubblica eccitata.

Ovviamente si può discutere del merito dei rilievi della Santa Sede, dimostrando che non sono fondati, perché non ci sarebbe nessuna violazione degli accordi. Questo è un punto molto delicato e meriterebbe considerazioni diverse dal far rivivere scontri fra clericali e anti clericali, scontri del tutto fuori luogo oltre che fuori tempo. Si viene così ad affrontare il secondo punto della questione, che è ancora una volta la resa a trasformare in legge pulsioni demagogiche con scarsa attenzione alla porta generale delle norme.

Nel caso specifico non si tratta dell’approvazione di una legge che sanzioni in modo adeguato quelli che sono crimini d’odio e di intolleranza verso persone con orientamenti sessuali che in passato sono stati ingiustamente e infondatamente ritenuti aberranti. Fin qui sono tutti d’accordo, inclusa la Santa Sede. Si tratta invece del fatto che si è esagerato nel perseguimento dell’obiettivo, non solo proponendo di definire per legge un aspetto delicato e privato delle relazioni sessuali fino ad arrivare a codificare delle teorie sul “genere” la cui determinazione non è compito dello stato laico (giustamente si respinge che lo facciano gli stati che sono organizzati su base religiosa), ma arrivando ad imporre che la novità sia insegnata nelle scuole con apposite giornate dedicate.

Con molta ironia ci verrebbe da dire che se si dovessero dedicare specifiche giornate a discutere di tutte quelle che i diversi gruppi definiscono storture, alla scuola non resterebbe tempo per insegnare altro (e già abbiamo deficit di apprendimento nei ragazzi). Più seriamente sappiamo bene in cosa si tramuterebbero le giornate scolastiche contro l’omotransfobia: occasioni perché docenti più militanti si mettessero a far concioni ideologiche sul tema aumentando la confusione già esistente, mentre per la maggior parte diventerebbe occasione per uno svolgimento burocratico e annoiato di quanto prescritto coi ragazzi ben felici di un giorno senza interrogazioni, compiti e obblighi di studio.

E’ triste pensare che per portare un po’ di ragionevolezza in questa impennata di radicalismo alla moda sia dovuta intervenire la Santa Sede. Come è stato già messo in evidenza da più parti, l’ha fatto per evitare che risorgesse uno spazio per il clericalismo arrabbiato a cui strizzano l’occhio i partiti di destra che si sono riscoperti cristiani. Con ciò ha reso un servizio ad un paese che impegnato com’è su temi assai rilevanti per il nostro futuro non ha proprio bisogno di queste crociate all’amatriciana a cui si è pronti da destra e da sinistra.

C’è da sperare che i partiti prendano al volo l’occasione e senza farsi condizionare dai nuovi pasdaran del radicalismo da social trovino modo di fare una buona legge che giustamente colpisca in maniera efficace i crimini e le discriminazioni ispirati da preclusioni verso gli orientamenti sessuali delle persone (che sono e devono rimanere nella sfera privata intangibile dallo stato).

Si può farlo senza cadere nell’imposizione di una sorta di religione-ideologia di stato, contribuendo invce a far progredire la cultura diffusa del paese sulla via del rispetto per le persone e per le loro legittime scelte di vita. Sarebbe stato meglio che a queste conclusioni la politica italiana fosse giunta da sola senza bisogno di esservi costretta da un intervento esterno.

Purtroppo in questi tempi dominati dalla simpatia per leggi che “spazzano” di qui e di lì, di su e di giù, la buona cultura giuridico-istituzionale sta diventando un optional non molto richiesto.


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