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L’emergenza sanitaria coronavirus, il primo lockdown totale e i futuri provvedimenti, porteranno nel Mezzogiorno all’uscita del mercato del lavoro di almeno 369.745 persone, il 9,4% degli occupati di fine 2019. In uno scenario più severo, questa cifra salirebbe a 510.983 posti di lavoro persi al Sud, cioè il 13% rispetto a dicembre dell’anno scorso. È l’allarme che emerge dal nuovo rapporto Cerved 2020 che fotografa l’evoluzione delle piccole e medie imprese nel 2019 e nella prima parte dell’anno in corso, con proiezioni sugli effetti dell’emergenza sanitaria relative a tutte le imprese italiane.

Il Mezzogiorno, sostengono gli studi degli esperti, sconterà una maggiore fragilità del tessuto produttivo e una specializzazione in filiere come quella turistica che richiederanno una quota più alta di licenziamenti per mantenere una scala sostenibile. In tutte le regioni del Sud la perdita di occupati supererà la media nazionale, con picchi in Sicilia (9,3% e 12,4%), Sardegna e Abruzzo (9% e 12,3%). La pandemia colpisce forte le Pmi, il fatturato atteso è in calo tra l’11 e il 16,3%, complessivamente ci sono a rischio, in tutta Italia, due milioni di posti di lavoro sul totale delle imprese private. La simulazione condotta da Cerved invece sul totale delle imprese private, quindi non solo Pmi, prevede che a fine 2021 vadano persi 1,4 milioni di posti di lavoro e si abbia una riduzione del capitale di 47 miliardi di euro. Con nuove chiusure, i disoccupati salirebbero a 1,9 milioni, e a 68 i miliardi in meno di capitale (7,7%).

Nel Centro le simulazioni indicano una perdita potenziale di 299.919 lavoratori nello scenario base e di 423.115 in quello più severo (-9% e -12,6%). In termini assoluti, nel Nord-Est si perderebbero 323.410 posti (-8% degli occupati del 2019), nello scenario pessimistico il numero salirebbe a 449.734 (-11,1%). L’area che rischia la più alta perdita di posti di lavoro in senso assoluto rispetto al 2019 è però il Nord-Ovest – 388.270 secondo lo scenario base, 560.118 nell’altro – ma in termini relativi il calo sarebbe più contenuto, tra il -7,4% e il -10,7%. La crisi ha una natura fortemente asimmetrica, poiché gli impatti si concentrano sui settori maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria, come la filiera turistica, la ristorazione, la logistica, i trasporti, il sistema moda. In base al Covid-assessment, Cerved stima che circa 20mila Pmi (il 12% del totale) subiranno una perdita dei ricavi superiore al 25%. I dati di Payline confermano le forti difficoltà di questo gruppo di imprese, le cui fatture inevase hanno superato il picco del 70% a maggio, rimanendo oltre il 50% anche dopo la fine del lockdown. Sono società per cui è previsto un crollo del Mol del 48%, indici di redditività negativi e indici di sostenibilità economico-finanziaria su livelli elevati.

La seconda ondata di contagi sta di nuovo portando alla ribalta la possibilità di nuovi lockdown: Cerved ha simulato gli impatti di questo scenario e i ricavi delle Pmi potrebbero contrarsi in termini reali di 16,3 punti percentuali (contro i -11 previsti ora), il valore aggiunto di 26,7 punti (-14,2%) e il rapporto tra oneri finanziari e Mol potrebbe salire al 16,9% (15,5%). La quota di Pmi a rischio di insolvenza crescerebbe di altri 5 punti, arrivando al 21,4%, con un ulteriore spostamento dell’intera distribuzione verso le classi con maggiore probabilità di default. Il peggioramento non avrebbe effetti uniformi, ma graverebbe soprattutto sui settori già più colpiti. Oltre la metà dell’occupazione andrà persa nei 10 comparti più colpiti, viceversa in quelli anticiclici l’incremento risulterà molto contenuto. Infatti, i settori che riducono maggiormente l’occupazione lo fanno in maniera sostanziale, mentre quelli che la espandono registrano incrementi modesti. Tra i macro-comparti, gli impatti maggiori sono attesi nelle costruzioni, che nel corso del 2021 potrebbero ridurre il numero di addetti dell’11,7% rispetto ai valori del 2019 (-202.574 unità), e addirittura del 15,6% (-269.709) nello scenario peggiore, mentre sull’agricoltura gli effetti saranno marginali (tra -2% e -2,6%). Complessivamente, potrebbero perdere il lavoro 314.180 persone nell’industria (il 9,9% degli addetti del 2019), cifra che salirebbe a 420.468 nello scenario più severo (-13,3%).

Le conseguenze più pesanti sono attese nel sistema moda (da -14,7% a -20,5%), nella siderurgia (-12,8% e -17,8%), nel sistema casa (-12,3% e -17,2%), nei mezzi di trasporto (-11,2% e -13,6%); più ridotte sull’industria dei beni di consumo (-3,6% e -4,8%) e sulla chimica e farmaceutica (-2,1% e -2,9%). Nei servizi si stima un calo di 834.166 occupati secondo lo scenario base e di 1,2 milioni nel caso di una crisi più prolungata, che corrispondono al 7,9% e all’11,5% della forza lavoro impiegata a fine 2019. Anche nel terziario, gli impatti sono fortemente differenziati: si prevede un calo molto forte nella filiera della logistica e dei trasporti (tra -16,3% e -22,1%) e molto più ridotto per i servizi alle famiglie e alle imprese (-6,2% e -10,5%). Anche i servizi legati al turismo risultano tra i più colpiti e potrebbero perdere fino al 30-40% dei livelli di occupazione del 2019. In particolare le agenzie di viaggio potrebbero lasciare a casa tra le 29.000 (-33,9%) e le 37.000 persone (-43,0%). In termini assoluti, le perdite saranno invece molto elevate nella ristorazione (tra 432 e 667 mila posti di lavoro in meno) e negli alberghi (tra 115 e 152 mila).


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