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Lo sblocco dei licenziamenti si profila come un autentico boomerang per l’occupazione, specie in alcuni settori come il commercio e quelli degli alloggi e ristorazione. Il rischio è di perdere circa il 12% dei posti di lavoro, rischio di perdita che sale addirittura al 14% nel comparto dei lavoratori autonomi ed effetti assai più drastici al Sud.
A lanciare il grido di allarme è stata la Fondazione Consulenti del Lavoro nel “Secondo Rapporto di monitoraggio sulla crisi da Covid-19” sugli effetti della pandemia sul mondo del lavoro. Soprattutto nelle pmi, a livello territoriale, le percentuali ipotizzate mostrano perdite assai più feroci al Mezzogiorno e al Centro, con la stima di oltre un lavoratore su quattro a rischio per il proprio posto di lavoro al Sud.
IL SONDAGGIO
Lo scenario, frutto di un sondaggio su un campione di oltre 3mila iscritti all’Ordine, condotto nella prima metà del mese di dicembre, a distanza di due mesi da una precedente rilevazione, ha interpellato professionisti che, dall’inizio dell’emergenza, stanno assistendo pmi e lavoratori nelle loro attività.
“Gli effetti della pandemia sull’economia e sull’occupazione del 2021 saranno diversi nella varie aree del Paese – ha dichiarato al Quotidiano del Sud il Presidente della Fondazione, Rosario De Luca –. È palese che nel Meridione la crisi in atto si va a sommare a situazioni locali di depressione economica, che caratterizzano alcune zone del Sud Italia. Per ottenere risultati efficaci, capaci di contenere l’emorragia in arrivo di aziende e lavoratori, bisognerebbe intervenire a livello governativo sugli arcinoti problemi esistenti da sempre: in particolare, sulle infrastrutture viarie e ferroviarie, come l’Alta Velocità in Calabria, Puglia e Sicilia, oltre a creare una vera e diffusa cablatura tecnologica dei territori”.
Mentre De Luca auspica interventi del Governo per il Mezzogiorno, resta al momento la drammaticità delle previsioni degli esperti sul fronte occupazionale, seppur con la fiducia in aumento, rispetto allo scorso ottobre, sul futuro della ripresa economica. Quasi sette intervistati su dieci, il 69,2%, vedono il 2021 come un anno di attesa per una ripresa che soltanto nel 2022 vedrà la luce e il ritorno a fatturati pre-crisi.
Tuttavia, circa un consulente su quattro, il 23%, prevede la ripresa già nel 2021 o comunque entro l’anno prossimo. Il vissuto del secondo lockdown, più accettabile del precedente, accanto alle prospettive aperte dai vaccini sono la chiave del clima più positivo, pur persistendo le forti criticità rilevate dagli esperti.
SCENARIO NERO
I timidi segnali di fiducia in ascesa non offuscano la drammaticità dello scenario occupazionale atteso dai consulenti intervistati, nel momento in cui verrà meno il blocco dei licenziamenti. La riduzione degli organici prevista in base alle pmi che seguono, è pari all’11,7%, migliore del 13,7% rilevato ad ottobre. In due mesi è cresciuta la quota di consulenti che reputa che la riduzione degli organici sarà addirittura inferiore al 10%, quasi un intervistato su due, il 45,7% è più fiducioso.
Ma se si va a indagare a livello geografico, si scopre che gli ottimisti sono concentrati al Nord. Qui la maggioranza degli interpellati reputa che la riduzione degli organici sarà inferiore al 10%, con il 50,4% delle risposte al Nord Ovest e il 54,8% al Nord Est. Al Centro e al Sud la situazione si ribalta. Gli ottimisti sono minoritari, al Sud sono il 36,7%, mentre aumenta significativamente la quota di chi prevede riduzioni di organico superiori al 20%.
Secondo le stime oltre un lavoratore su cinque, il 23,2%, potrebbe perdere il lavoro al Centro e oltre uno su quattro, il 25,3% al Mezzogiorno, contro il 16,3% del Nord Ovest e l’11,6% del Nord Est. Settore degli alloggi e ristorazione pagheranno il prezzo più alto della pandemia, con una riduzione degli organici aziendali superiore al 15% per la metà degli intervistati (il 49,3%).
Circa un professionista su quattro ritiene la perdita compresa tra il 10% e 15%. Riduzioni ingenti di personale sono attese anche nel commercio, con contrazioni oltre il 10% per il 29,2% degli intervistati, senza dimenticare le perdite drammatiche, forti (oltre il 10%) o fortissime ( più del 15%) stimate per i servizi ricreativi, culturali e sportivi.
UNA NUOVA CAPORETTO
Se sul fronte delle pmi la situazione è molto critica, con il venir meno del divieto di licenziamenti per i lavoratori autonomi si profila una Caporetto. Per imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti e partite Iva, che in questi mesi hanno pagato il prezzo senza dubbio più elevato della pandemia, i consulenti stimano che, rispetto all’inizio del 2020, la riduzione media delle attività in proprio si attesterà sul 14,6%.
Sono proprio questi lavoratori ad accusare, più degli altri, una situazione complessa dovuta al prolungarsi dell’emergenza, ai tempi di recupero sempre più lontani per alcune attività, che uniti all’incertezza delle misure messe a disposizione, costituiscono un mix esplosivo per la tenuta di molti lavoratori in proprio.
Ancora una volta è soprattutto al Mezzogiorno e in parte al Centro che, ad avviso di oltre un consulente su tre, il bilancio per questa componente del mercato del lavoro sarà estremamente negativo, con perdite superiori al 20%. Viceversa, anche in questo caso, al Nord Ovest e al Nord Est le percentuali si ribaltano, con la previsione di una capacità di tenuta nettamente migliore e riduzioni attese del personale inferiori al 10%, per oltre un consulente su tre intervistato.
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