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In molti si sono straniti per il numero di percettori di reddito di cittadinanza che usufruiscono di tale aiuto al Sud. Sottolineando come molti di coloro che ne usufruiscono lo hanno senza possedere i requisiti che tale misura richiede a coloro che lo utilizzano. Avessero avuto idea dei numeri riguardanti il mercato del lavoro, e del numero di disoccupati, degli scoraggiati e dei Neet esistenti in tali realtà, non avrebbero avuto di che sorprendersi.

Le elaborazioni che si presentano nella tabella che si propone all’attenzione del lettore confermano come, aldilà di qualche caso anomalo, tutto è estremamente coerente e si tiene perfettamente. Trattasi dei dati al 2019, che riguardano il momento precedente alla pandemia di Covid.

I dati, oltre che a proporre le due Italie, dimostrano anche come vi sono realtà nel Sud che vanno sempre più divaricandosi. E che vi è un Sud del Sud formato dalle regioni Campania, Sicilia e Calabria, nelle quali la povertà relativa raggiunge un quarto delle famiglie esistenti. Unica regione che presenta aspetti da approfondire é la Puglia che a fronte di una percentuale di occupati su popolazione molto simile a quella di Campania e Sicilia, a fronte di una percentuale di famiglie in povertà relativa più alta di quello della Campania, 22% contro il 21,8%, anche se di poco, presenta un numero di cittadini pari solo al 4,2% di percettori di reddito di cittadinanza, particolarmente basso rispetto alle tre Regioni citate.

Il primato delle famiglie in povertà relativa è raggiunto dalla Sicilia, nella quale quasi una famiglia su quattro versa in tale condizione. I tre indicatori quelli del numero di percettori di reddito cittadinanza, quelli della percentuale di occupati compresi sommersi sulla popolazione complessiva e quello del numero delle famiglie in povertà relativa, vanno tutti nello stesso senso. Cioè tutte le regioni meridionali hanno i tre indicatori coerenti: a cominciare dalla Campania che primeggia nel numero dei percettori, ma che ha anche uno dei più bassi rapporti occupati popolazione e un numero di famiglie in povertà relativa molto elevato, anche se la percentuale non è la massima perché è superata da quella di Sicilia, che ha il massimo assoluto il 24,3% e di Puglia con il suo 23,4%.

A tale dato si contrappone quello dell’Emilia Romagna nella quale le famiglie che hanno problemi di povertà relativa sono solo il 4,2% di tutte le famiglie.  La presenza delle due Italie si conferma in modo plastico nella tabella riportata: un’Italia nella quale lavora quasi una persona su due come in Emilia-Romagna, in Veneto, in Trentino alto Adige e in Lombardia ed una nella quale lavora poco più di una persona su quattro. E tali dati comprendono la quota di sommerso. Una nella quale la povertà riguarda una famiglia ogni quattro ed una, come l’Emilia Romagna, nella quale solo una su 25. 

Se il reddito di cittadinanza non ha abolito la povertà, come dichiarato dal balcone di palazzo Chigi, da alcuni entusiasti giovani cinque stelle, anche se ministri, ancora ingenui, poco conoscitori di una realtà complessa, certamente ha dato una grossa mano a tante famiglie in difficoltà.  E se é vero che ha complicato la ricerca di lavoro da parte di tante imprese che adesso, nel Sud e nel Nord, stentano a trovare professionalità per alcuni lavori, é anche vero che non si può, pensare di eliminarlo del tutto, perlomeno al Sud, ma che va riformato per evitare alcune delle incongruenze macroscopiche.

 Ed i dati dimostrano come il reddito di cittadinanza diminuisce in percentuale man mano che aumenta quella degli occupati sulla popolazione. E che quindi il vero sistema per diminuire i fruitori di tale misura sia quello della creazione di nuovi posti di lavoro. Quando come nel Trentino Alto Adige lavora il 46,3% della popolazione complessiva, non solo della forza lavoro ma della complessiva, il numero di coloro che richiedono il reddito di cittadinanza va al di sotto dello 0,7% ed il numero di famiglie in povertà relativa sconta una percentuale di solo il 4,8%. 

Un altro elemento che va sottolineato é come alcune regioni del Centro, come Marche ed Umbria, ma anche qualcuna del Nord come la Liguria stanno progressivamente aumentando la numerosità delle famiglie in povertà relativa. Tutte verso il 9% delle famiglie, che se é ancora lontano da quel 24,3% della Sicilia lo é anche dal 4,2% dell’Emilia Romagna. Malgrado in tale Regioni la percentuale delle persone che lavorano, compresi i sommersi é sempre sopra il 40% della popolazione.

Un Paese che stenta tutto a raggiungere i livelli di crescita delle altre realtà europee e che non mettendo a regime il 40 percento del territorio ed il 33% della popolazione sta facendo incrementare invece che lo sviluppo per contiguità, il sottosviluppo.

Il PNRR dovrebbe riuscire ad invertire una tendenza non più sostenibile e certamente le forze e le risorse in campo sono tali da poter avere buone speranze di riuscirci. Senza più perseguire la fantasia della locomotiva e dei vagoni che si è dimostrata totalmente fallace.


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