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Mario Draghi, presidente del Consiglio

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L’INDISPENSABILITA’ di Mario Draghi per l’Italia non è un giochino di Palazzo. La ricerca commissionata da “LibertàEguale”, ossia i liberal-miglioristi del Pd, a Sociometrica e a Format Research intitolata “Il fattore Draghi e la politica italiana” per la prima volta lo squaderna dalla parte dei cittadini. Il 70 per cento infatti lo vorrebbe ancora a palazzo Chigi mentre il 12 per cento lo preferirebbe al Quirinale. Solo il 18 per cento vorrebbe che non rivestisse alcun incarico.

Otto italiani su dieci, insomma, ritengono che Draghi debba essere in un modo o nell’altro alla guida del Paese. Il massimo del consenso a SuperMario come capo dello Stato arriva dai giovani tra i 18 e 24 anni, mentre la preferenza a volerlo ancora come presidente del Consiglio arriva da quelli oltre i 55 anni. Il 57 per cento degli intervistati è complessivamente contento dell’azione del governo e questo è un elemento che fa da discrimine. Di fatto, indipendentemente dalle appartenenze politiche, emerge che gli elettori se si trovano di fronte alla posizione espressa dal partito di riferimento che però contrasta con l’indicazione del governo, scelgono la seconda e trascurano l’aggancio, chiamiamolo così, ideologico.

E’ un comportamento di tipo pragmatico che si rispecchia anche nel gradimento a Draghi, considerato un leader atipico, forte della sua azione più che per dell’etichettatura che le forze politiche intendono assegnargli. Guardando all’orientamento politico-elettorale degli intervistati, infatti, “si scopre che i maggiori entusiasti del Governo, cioè quanti dicono di essere totalmente soddisfatti del suo operato, sono gli elettori di Azione (40%), seguiti da quelli di Forza Italia (31%) e del PD (22%).

Fra quanti sono insoddisfatti in assoluto, cioè esprimono un giudizio nettamente negativo, al primo posto non ci sono né gli elettori di Fratelli d’Italia, né della Lega (che si collocano al secondo posto), ma gli elettori di estrema sinistra (Art. 1 e Sinistra italiana) per i quali i totalmente contrari arrivano al 44 per cento”. In altri termini “l’influenza del giudizio dei vertici dei partiti sulle opinioni dei singoli elettorati conta ma non è automatico. Nè scontato, visto che il 40 per cento degli elettori di FdI giudica bene il governo”. Del resto, dalla ricerca si evince che “il 45 per cento della popolazione è molto favorevole” al Green Pass, mentre quelli abbastanza favorevoli toccano il 21 per cento.

Nel complesso due italiani su tre approvano le scelte sanitarie dell’esecutivo. Anche qui: fra gli elettori di Giorgia Meloni, il 33 per cento è “molto favorevole” al certificato verde e il 24 per cento “abbastanza favorevole”. La soglia massima dei molto favorevoli al Green Pass si riscontra tra gli elettori del Pd (59%), seguito da Forza Italia (51%).

Ma torniamo a Draghi, a come viene percepito dagli italiani, che è il focus della ricerca. Ebbene il 46 per cento lo vede come un leader tecnico e il 36% come un leader tecnico-politico. Significa che i dieci e passa mesi di governo non ne hanno intaccato la fisionomia riguardo la sua identità e il “sentiment” degli elettori nei suoi riguardi: non è stato un capo del governo “di parte”. L’idea che SuperMario sia prevalentemente un tecnico è presente soprattutto nell’elettorato del Pd (47%). Ma il dato vero è che per gli italiani Draghi non è assimilabile a nessuna delle forze politiche in campo. Il 54 per cento ritiene che sia una figura capace di mettere insieme i partiti esistenti: gli elettorati di Pd, FI e Azione sono quelli che maggiormente tendono a vedere Draghi come “proprio”; mentre – ed è forse l’elemento di maggiore interesse – gli italiani che ritengono il premier non assimilabile ad un partito esistente bensì qualcosa di nuovo in assoluto sono proprio gli elettori della Lega. Un fattore che conferma come il Carroccio “sia la forza politica in maggiore fibrillazione verso il proprio elettorato”.

Una aggiunta. Dalla ricerca emerge “un particolare apprezzamento degli elettori di Fratelli d’Italia verso il senso di indipendenza mostrato da Draghi, mentre la sua autorevolezza viene esaltata soprattutto dagli elettori del Pd e di Forza Italia.

Al dunque: esiste una tendenza a vedere Draghi trasferito direttamente in politica, con un partito fatto a sua immagine e somiglianza? La risposta è no. Esempi del genere, da Dini a Monti ci sono stati, e non hanno ottenuto risultati lusinghieri. L’ex presidente della Bce viene giustamente considerato dai cittadini, in molti casi più avanti dei partiti di riferimento, un patrimonio da non svilire con un’appartenenza di schieramento. Ciò non toglie che si possano creare convergenze con il suo modo di fare e le sue qualità. Per esempio Enrico Morando, che di LibertàEguale è il presidente, nel corso della presentazione della ricerca alla Camera, ha ribadito che sono preferibili le coalizioni che si formano prima del voto rispetto a quelle che si formano dopo, e che perciò bisogna costituire una aggregazione in “continuità dinamica” con Draghi da proporre esplicitamente agli elettori.

Dicendo addio alle suggestioni proporzionalistiche. Concetto sottolineato con forza anche dal costituzionalista Stefano Ceccanti: “Per approvare la legge elettorale occorre superare il voto segreto e per farlo o si ricorre alla fiducia o serve una larga maggioranza. Se ora ci fosse stata una maggioranza Ursula avrebbe potuto cercare di riprodursi con il proporzionale, ma non è così. Esiste una maggioranza di unità nazionale e non è credibile, al di là che sia giusto o sbagliato, che si riesca a fare una riforma in senso proporzionale”.


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