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Sergio Mattarella

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NON POCHE delle posizione emerse In questi giorni nel mondo politico, in vista della elezione del Presidente della Repubblica, offrono argomenti non solamente per il dibattito pubblico, ma anche per seminari ed esercitazioni nei corsi di diritto costituzionale. Quasi uno stress test  sulla materia viva del diritto delle istituzioni, che devono funzionare raccordandosi ad una realtà che muta nel tempo, mantenendo ferme la impostazione e le garanzie costituzionali.  Per considerare i problemi che sollevano alcune delle candidature o soluzioni proposte, e valutarne la consistenza,  si prescinde naturalmente  dal nome delle persone coinvolte, avendo come riferimento la carica da esse ricoperte al momento della elezione.

Non sono poche le voci che apprezzando  la personalità e lo stile dell’attuale Presidente della Repubblica e per preservare la stabilità, la continuità, la necessaria e tempestiva efficacia dell’azione politica nell’attuale contesto, ne sostengono  la rielezione per un secondo mandato.  Ne è traccia evidente il consistente voto espresso  ieri dai grandi elettori, al di fuori di ogni indicazione di partito in questa direzione e senza tener conto della contrarietà manifestata dal Presidente Mattarella, qui il riferimento alla persona è d’obbligo, a un doppio mandato presidenziale. 

Gli aspetti generali che possono essere considerati, dal punto di vista costituzionale, sono almeno due. Il primo riguarda la rieleggibilità del Presidente della Repubblica  in carica. La Costituzione non lo esclude e la prassi non lo impedisce,  giacché dei dodici Presidenti della Repubblica, in un caso, per il presidente Napolitano, vi  è stata la elezione per un secondo mandato, poi non completato per le dimissioni presentate dall’investito dopo due anni. Il nuovo mandato non è la “prosecuzione” del precedente. È una nuova e piena investitura, non sottoposta ad alcun termine, se non quello dei sette anni di durata del mandato previsti dalla Costituzione, e senza alcuna condizione. Un nuovo giuramento dinanzi al Parlamento in seduta comune precede la nuova assunzione  delle funzioni.

Si comprende la contrarietà alla rielezione manifestata in più occasioni, con garbo istituzionale, dal Presidente Mattarella, sino a ricordare e sostenere la proposta, avanzata da suoi predecessori, di eliminare dalla Costituzione il divieto di esercitare la facoltà di sciogliere il Parlamento negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale e di inserire il divieto di rielezione.

Ma è preclusa la elezione senza l’accettazione di una candidatura o il preventivo consenso dell’interessato? Come molti hanno sottolineato, dal punto di vista formale non ci sono candidati e non è richiesto il preventivo consenso dei destinatari del voto. Tuttavia l’assunzione  della carica richiede il consenso dell’eletto, al quale i Presidenti della Camera e del Senato comunicano l’avvenuta elezione. Il giuramento dinanzi al Palamento in seduta comune manifesta e sancisce l’accettazione. È comprensibileche la rielezione di chi per sette anni ha rappresentato, come Capo dello Stato, l’unità nazionale, di fatto debba  avvenire manifestando attorno, con un largo consenso, l’unità che ha rappresentato. Se questo avviene è difficile ritenere che chi ne è investito si sottragga a quello che si rappresenta  come un dovere istituzionale.      

Un altro argomento  di interesse generale,  e di esercitazione nei corsi e di diritto costituzionale, è la possibilità, che è pure sul tappeto del gioco politico, che sia eletto presidente della Repubblica il presidente del Consiglio dei ministri in carica. Anche in questo caso la Costituzione non stabilisce un divieto di elezione, mentre è chiara la incompatibilità delle funzioni. La Costituzione stabilisce espressamente e in via generale che l’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica. La incompatibilità dovrebbe essere prevenuta con le dimissioni che il presidente del Consiglio eletto presenta al Capo dello Stato uscente, oppure a chi ne esercita la supplenza, vale a dire il presidente del Senato, nella ipotesi in cui quest’ultimo non fosse più in carica, essendo scaduto il settennato del suo mandato che molti considerano non suscettibile di proroga.

Seppure non fosse compiuto o non fosse possibile compiere questo atto formale, il presidente del Consiglio decadrebbe assumendo l’ufficio di presidente della Repubblica. Le due vicende, della rielezione del presidente della Repubblica per un secondo mandato oppure della elezione a questa carica del presidente del Consiglio, determinano effetti diversi sul Governo. Nel primo caso il Governo, che ha avuto la fiducia del Parlamento, potrebbe anche non dimettersi, oppure essere inviato dal presidente rieletto al Parlamento per verificare il permanere della fiducia. Nel secondo caso il presidente della Repubblica dovrebbe necessariamente nominare un nuovo presidente del Consiglio e, con questo, un nuovo Governo.  

È evidente che la Costituzione prefigura e consente un ordinato sviluppo della vita istituzionale, rimesso nella sua attuazione alle forze politiche che danno ad esse sostanza.


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