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Il giuramento del Governo Draghi

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Esattamente un anno fa Mario Draghi e i ministri del suo governo giuravano davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Poco dopo, passandogli la campanella, Giuseppe Conte consegnava all’ex presidente della Bce le chiavi di Palazzo Chigi.

La “chiamata” di Draghi da parte del capo dello Stato arrivava al culmine dell’impasse politico che aveva reso impossibile la nascita di un Conte Tre. Una chiamata spiazzante per i partiti che – di fronte alla determinazione mostrata dal capo dello Stato e alle emergenze messe in stand by dal caos politico – avevano dovuto gioco forza dar prova di buona volontà e sedersi al tavolo di un governo di emergenza nazionale. Tutti, meno Fratelli d’Italia.

L’incoronazione dell’Italia “tra i Paesi migliori del mondo per la ripresa economica” da parte del Financial Times e il Pil che nel 2021 ha superato le aspettative, segnando + 6,5%, basterebbero per dare misura del cambio di passo impresso al Paese, con il conseguente recupero di credibilità sulla scena internazionale. A questo, poi, si aggiungono i risultati sul piano delle riforme che mirano a ridisegnare la struttura del Paese: dalle tasse alla Pa, alla giustizia, quelle più rilevanti già messe a punto. Altre, ugualmente rilevanti, a partire dalla concorrenza, figurano tra gli obiettivi da centrare nell’anno in corso. E il premier, da Genova, ha garantito che intende portale tutte in porto.

LE PRIORITÀ

Lotta alla pandemia, Pnrr, ripresa e crescita dell’economia: queste le priorità affidate al premier, che ha messo in campo un “piano Italia” sostenuto dai 191,5 miliardi del Next Generation Eu, cui si aggiungono i 30 – di cui 9,4 per l’AV Salerno-Reggio Calabria – del Fondo complementare con cui finanziare le opere che travalicano l’orizzonte del 2026 o non rientrano tra quelle sostenibili con i fondi europei.

Investimenti ma anche riforme, quelle che l’Italia ha rimandato per anni, rimaste intrappolate tra i veti di partiti e i timori di perdere consenso – e che ora l’impegno assunto con l’Europa rende ineludibili.

IL SUD

Come ineludibile è anche l’impegno – anch’esso posto da Bruxelles – di affrontare la “questione Meridionale”, il ritardo infrastrutturale, sociale ed economico che nega a 20 milioni di persone che vivono al Sud le stesse opportunità dei cittadini del Nord e frena la crescita dell’intero Paese, pregiudicandone la competitività.

Ridurre i divari di genere, generazionali e territoriali è una delle priorità che l’Europa assegna al Recovery e tutti e tre i divari guardano al Mezzogiorno, dove è maggiore il numero delle donne che non lavorano anche perché non sostenute da una rete di servizi adeguati – uno per tutti: gli asili nido sono un miraggio -, i giovani continuano a cercare occasioni altrove. E la distanza con l’altra Italia è abissale su tutti i fronti.
Il recupero è prioritario per l’Europa e per il governo: il ministro dell’Economia, Daniele Franco – rubando le parole al premier che le ha poi sottoscritte una per una – lo ha ribadito anche durante l’ultima conferenza stampa. E quel 40% delle risorse del Pnrr – pari a 82 miliardi dei 206 territorializzabili – destinato al Mezzogiorno è il punto di partenza dell’ “operazione”. Su alcuni bandi (asili, mense, palestre, tempo pieno), dato il baratro da cui si parte, la percentuale riservata al Sud è già maggiore, su altri la possibilità di elevarla dipenderà dalle capacità dei soggetti attuatori.

LA PANDEMIA

In quest’anno alla guida del governo, l’azione di Draghi ha seguito il doppio binario della lotta alla pandemia e dell’attuazione degli obiettivi del Pnrr.

Sul fronte dell’emergenza pandemica, il premier non ha esitato un momento di fronte all’evidente esigenza di rivoluzionare la macchina operativa. Via la struttura messa in piedi dal commissario Domenico Arcuri, nominato da Conte, e trasferimento dei poteri emergenziali al generale Francesco Paolo Figliuolo. La macchina delle vaccinazioni si è messa in moto e ad oggi sono state somministrate quasi 132 milioni di dosi, 47,8 milioni di persone (l’88,49% degli over 12) ha completato il ciclo. Ed è andato dritto per la sua strada di fronte alle contorsioni dei partiti sul super green pass.

IL PNRR

Gli impegni con l’Europa dettano i tempi dell’opera riformatrice intrapresa dal governo Draghi. Per il 2021 sono stati centrati tutti i 51 obiettivi – tra investimenti e riforme – che hanno consentito all’Italia di richiedere a Bruxelles il pagamento della prima rata da 24,1 miliardi, attesa entro marzo. Per il 2022 i target da centrare sono 100 e 45,9 i miliardi sul piatto. «Li centreremo tutti», ha assicurato il premier, facendo intendere che farà non farà alcuna concessione alle “bandierine” che i partiti della maggioranza tenteranno di far valere in vista delle elezioni politiche. La legge sulla concorrenza sarà uno dei banchi di prova.

LE RIFORME

Dalla giustizia, alla Pa, al fisco le riforme apparecchiate hanno una portata di assoluto rilievo per un Paese ingessato come il nostro.
Intanto per il 2021 la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha portato al traguardo – con l’ok del Parlamento alle leggi delega – la riforma del processo civile e del processo penale che mirano a tagliare rispettivamente del 40% e del 25% entro 5 anni i tempi medi dei procedimenti. Fortemente caldeggiata dall’Europa per via dell’impatto su imprese e investimenti, la riforma del civile introduce anche l’atteso tribunale della famiglia. Sul fronte del penale, tra le altre cose, si fa ricorso alla improcedibilità nel caso di tempi troppo lunghi per Appello e Cassazione (tranne per i reati più gravi, di mafia compresi) e si amplia il ricorso alla giustizia riparativa e alle pene alternative alla detenzione.
Con l’ok venerdì in Cdm, la riforma del Csm, con lo stop alle porte girevoli tra politica e magistratura – passa all’esame del Parlamento che dovrà approvarla entro maggio, in tempo per il rinnovo dei componenti del Consiglio. Entro il 2022 dovranno essere messi in campo tutti i decreti attuativi che “applicano” le riforme.

La rivoluzione nella Pa – che mira a prosciugare la palude burocratica che intrappola il Paese, con in primis un grosso investimento in capitale umano e una particolare attenzione al rafforzamento della capacità amministrativa degli enti locali – porta invece la firma del ministro Renato Brunetta e poggia su tre riforme tutte centrate: semplificazione e governance, con la previsione di poteri sostitutivi e di affiancamento in caso di ritardi delle amministrazioni nell’attuazione del Pnrr, e l’addio al blocco delle opere in caso di ricorso al Tar; procedure di assunzione del personale, con sblocco, digitalizzazione e la velocizzazione dei concorsi; carriere e mobilità interna, che ridisegna il pubblico impiego. Il “compito” per il 2022 consiste nell’implementazione della riforma del pubblico impiego.

Con la legge di Bilancio 2022 è stato di fatto “costruito” il primo blocco della riforma fiscale che parte dalla rimodulazione dell’Irpef (le aliquote passano da 5 a 4), con un taglio delle tasse che vale 8 miliardi e la cancellazione dell’Irap per 835mila autonomi.

La macchina degli investimenti pubblici è ripartita: il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, ha distribuito nel 2021 il 99% dei 61,4 miliardi del Pnrr di propria competenza. L’impennata del costo delle materie prime ha richiesto l’adeguamento di alcune normative sui prezzari da utilizzare per le basi d’asta.

L’AGENDA 2022

Per il 2022 i prezzi alle stelle della luce e del gas, spinti dai venti di guerra tra l’Ucraina e la Russia, introducono nell’agenda Draghi misure di sostegno alle imprese e alle famiglie e un intervento strutturale che ridefinisca la politica energetica del Paese.

L’obiettivo, per usare le parole del premier, è impedire che il caro energia strozzi la crescita. E rallenti la ripresa contro cui gioca anche la corsa dell’inflazione. Intanto per il 2022 il Pil dovrebbe segnare +4,1%. Contenere il caro bollette e l’inflazione sono le prime due sfide che Draghi si è posto. La terza guarda al Pnrr: c’è da mettere in campo la spending review e le misure di contrasto all’evasione fiscale. Portare la banda ultra larga su tutto il territorio, con l’aggiudicazione dei bandi pubblicati dal Mite, provvedere alla riforma del reclutamento dei docenti e implementare quella della carriera degli insegnanti. La lista è lunga, impegnativa e in gioco c’è la credibilità del Paese.

Il nuovo anno di Draghi, che dopo la tormentata vicenda quirinalizia coincide anche con il restart del suo governo, parte da qui.


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