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Saverio Cotticelli

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Il famoso piano operativo Covid della Calabria Cotticelli sapeva di doverlo fare già da maggio.

Il grandissimo paradosso è che in mezzo ci sono altri due piani che invece sono stati redatti e firmati.

Il primo è il decreto 91 di giugno 2020 che riguardava la riorganizzazione della rete ospedaliera, con progetti su posti letto da aumentare in terapia intensiva e subintensiva, ristrutturazione dei Pronto soccorso, aumento delle ambulanze in servizio al 118, assunzioni di personale. Il secondo è il decreto 103 del luglio 2020, che dispone invece la riorganizzazione della rete territoriale e la rete diagnostica sul territorio.

Documenti trasmessi al ministero e Regione, che continua a nicchiare dicendo che non esistono.

A mancare, però, è un vero e proprio piano operativo: definito il fatto, come si doveva procedere e soprattutto chi lo deve fare? Se si guarda a quanto scritto nel verbale del tavolo interministeriale di verifica, che ogni sei mesi si riunisce per fare il punto del piano di rientro della Calabria, di ottobre scorso spunta quello che tutti sanno: «Tavolo e comitato, pertanto, ribadiscono che nelle regioni sottoposte a piano di rientro e commissariate – si legge – il potere-dovere di predisporre e adottare il programma operativo covid-19, compete esclusivamente alla struttura commissariale, rientrando negli “atti organizzativi e gestionali” che la normativa richiamata riserva in via esclusiva al commissario ad acta designato. Si invita, pertanto, la struttura commissariale a trasmettere, con ogni sollecitudine, il Programma Operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19».

Poi il promemoria: «Tavolo e comitato ricordano alla struttura commissariale che in occasione della riunione del 25 maggio 2020 aveva invitato la struttura commissariale a trasmettere la bozza del programma operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19 da approvarsi da parte del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze da monitorarsi da parte dei predetti Ministeri congiuntamente».

E siamo al 10 di ottobre, quando è andata in scena una riunione che è stata un po’ il de profundis per Cotticelli, già dimissionario dal quel giorno. Però come ci si è arrivati lo ha spiegato Andrea Urbani, direttore generale della programmazione sanitaria al ministero della Salute, durante le audizioni dei giorni scorsi alla Camera: «La struttura commissariale già a maggio sapeva che tra le sue competenze c’era quella di fare il piano Covid». Tre le interlocuzioni, una proprio il 25 maggio nella precedente riunione.

Ma il destino del commissario era stato già scritto nelle conclusioni di quella stessa riunione: se è vero che i due decreti di riorganizzazione sono stati “recepiti” dalla struttura commissariale, viene chiesto un piano operativo. E questo è anche frutto della stranissima distorsione tra Regione e struttura commissariale andata in scena in epoca Santelli. È stata proprio la Regione a nominare un commissario attuatore per l’emergenza Covid e più volte Cotticelli ha ribadito di non avere «competenze» sull’emergenza.

C’è anche da dire che i due ministeri ribadiscono quello che la Regione in questi anni non ha mai fatto: dare un supporto concreto alla struttura commissariale con personale del dipartimento salute. Una vecchia “guerra” mai placata da almeno un decennio. Ma le carte sono chiare: i rapporti tra le due strutture «sembrano essere peggiorati» e serve «adeguato e tempestivo supporto alla struttura commissariale».

Sui bilanci la situazione è sempre uguale: regna la contabilità «orale» e i ministeri chiedono nuovamente i bilanci 2013-2017 dell’Asp di Reggio Calabria. Infine il conto consuntivo: il disavanzo è di 225,418 milioni di euro a fine 2019, 118,796 non sono coperti. Gravissimi i dati sui tempi di pagamento, con ritardi fino a «oltre 800 giorni». La previsione per il 2020 è un disavanzo di 113 milioni di euro. Sui livelli essenziali di assistenza, invece, si peggiora ancora: il punteggio assegnato in maniera provvisoria dal comitato Lea del ministero è di 139, il minimo sindacale è 160. Ma quello che manca è persino una relazione sulle criticità presenti nelle varie aziende in riferimento a rete ospedaliera ed emergenza urgenza.


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