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La lezione del Covid è stata assorbita: quando l’emergenza è scoppiata, nel 2020, l’Italia, ma non solo, si è accorta che non aveva abbastanza posti letto nelle rianimazioni e ventilatori. Adesso il governo corre ai ripari per rendere strutturale il potenziamento che è stato necessario fare per affrontare la pandemia negli ultimi due anni: le Regioni avranno a disposizione 1,4 miliardi di euro per attivare definitivamente 3.591 posti letto di Intensiva e 4.238 di sub intensiva.

Dell’1,4 miliardi, quasi 700 milioni, poco meno del 50%, sono destinati al Mezzogiorno. È quanto previsto negli allegati al documento trasmesso dal ministero della Salute alle Regioni per fornire le indicazioni operative su come compilare i Contratti istituzionali di sviluppo ai fini del Pnrr da sottoscrivere entro il 31 maggio 2022. Su questo argomento è prevista una riunione per oggi alla quale parteciperà anche il ministero dell’Economia.

Dopo la Lombardia, che riceverà 225 milioni per attivare 585 posti letto di Intensiva e 704 di sub, la seconda maggiore beneficiaria è la Campania con 163 milioni per 499 posti letto di Intensiva e 406 di sub intensiva. A seguire, al terzo posto c’è la Sicilia con 123 milioni per 301 posti di Intensiva e 350 di sub; poi il Lazio (118 milioni), Piemonte (111 milioni), Veneto (101 milioni), Puglia (99,8 milioni), quindi Emilia Romagna (95 milioni). La Calabria avrà a disposizione 51,7 milioni per attivare 134 posti letto di Intensiva e 136 di sub intensiva, quasi il doppio rispetto, ad esempio, alla Liguria (28 milioni), al Friuli Venezia Giulia (25 milioni). Alla Sardegna andranno 42 milioni, 29 milioni all’Abruzzo, 13 alla Basilicata, quasi 7 milioni al Molise.

Complessivamente, al Sud ci saranno 1.423 posti letto strutturali in più di Intensiva, su un totale di 3.591. Un incremento che va, almeno in parte, a colmare l’enorme gap che c’era sino al 2019. Infatti, prima dell’irruzione del Covid-19, i posti letto di terapia intensiva al Sud erano 1.539 mentre al Nord ne erano attivi 2.884. In rapporto alla popolazione, c’era una differenza di circa tre punti percentuali in favore delle Regioni settentrionali.

Due anni dopo, “grazie” all’emergenza sanitaria la disponibilità è aumentata in tutta Italia e la forbice si assottiglia leggermente, anche se non si ricuce definitivamente lo strappo tra le due aree del Paese. Il decreto legge 34 del 2020 ha fissato l’obiettivo minimo che ogni Regione deve raggiungere, cioè almeno 14 posti letto ogni 100mila abitanti.

Allo stato attuale, secondo la rilevazione di Agenas, il Sud è molto indietro: in Campania, ad esempio, sono a disposizione 520 posti letto, contro i 335 del 2019 ma la regione di De Luca è comunque ultima nella classifica nazionalem complessivamente esistono 9,2 posti ogni 100mila residenti.

Quello della Campania è il caso più eclatante ma che accomuna tutto il Mezzogiorno, infatti agli ultimi posti, sotto l’obiettivo dei 14 posti letto ogni 100mila abitanti, troviamo tutte le Regioni del Sud: la Calabria è penultima con 9,6 posti ogni 100mila residenti; la Puglia quart’ultima (12,2), seguono la Sardegna (12,8), Molise (13,1). La Basilicata è al limite con 14,4 posti ogni 100mila residenti, l’unica eccezione positiva al Sud è la Sicilia, che di posti letto ne ha 864, pari a 17,8 ogni 100mila residenti.

Al primo posto c’è la Valle d’Aosta (26,7 posti ogni 100mila), segue il Veneto, secondo con mille posti, cioè 20,6 ogni 100mila residenti; completa il podio l’Emilia Romagna (20 posti ogni 100mila). Sopra l’obiettivo dei 14 posti ogni 100mila ci sono anche Bolzano, le Marche, il Lazio, Trento, Toscana, Lombardia, Piemonte, Friuli e Liguria. Complessivamente, in Italia si è passati da 5.179 posti letto di terapia intensiva pre Covid agli attuali 9.067, che però non sono ancora “strutturali” ma solo temporanei.

Le Regioni del Mezzogiorno pagano dazio non per incapacità o mancanza di organizzazione ma per carenza di personale: obbligate da 10-15 anni a piani di rientro lacrime e sangue, non hanno potuto assumere per oltre un decennio e adesso devono fare i conti con le conseguenze di politiche che si sono preoccupate solamente di tagliare e risparmiare. I 700 milioni serviranno soprattutto per reclutare nuovi dipendenti.

Non è un caso che, nonostante il potenziamento per fronteggiare il Covid, le regioni con il più basso rapporto tra residenti e posti letto di terapia intensiva siano proprio Calabria, Campania, Sardegna, Puglia, Molise e la stessa Basilicata. Tutte le Regioni del Mezzogiorno occupano ancora gli ultimi posti.

La situazione nelle terapie intensive, d’altronde, rispecchia lo stato generale dei posti letto attivi negli ospedali: nel 2012 in Puglia c’erano, in totale, 3,12 posti letto ogni mille residenti, nel 2018 sono scesi a 2,88 ogni mille abitanti; in Campania c’erano appena 2,76 posti letto ogni mille residenti, sei anni dopo si è passati addirittura a 2,62; in Calabria la percentuale era di 2,92, adesso è di 2,54; in Sicilia si è passati da 2,89 a 2,75 posti letto ogni mille abitanti; in Basilicata da 3,24 a 2,84. Nessuna regione del Sud, fatta eccezione per il Molise (3,08), raggiunge più la quota minima di 3 posti letto per ogni mille cittadini.


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