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L'ex fabbrica Olivetti di Pozzuoli

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Nasce fra gli ampi spazi verdi del Quebec, nel Canada francofono, e il mare incantevole del golfo di Pozzuoli, nella sede dell’ex area Olivetti, la speranza della medicina personalizzata per le patologie metaboliche, grazie alla ricerca di eccellenza sul metabolismo e alla biologia predittiva.

Un campo di indagine “che ha bisogno di giovani, laureati in chimica, medicina, biologia, e di bioinformatici, perché l’enorme quantità di dati che viene prodotta per essere utilizzata a favore della salute umana ha bisogno di specialisti capaci di interpretarli ad uso della medicina personalizzata”.

Vincenzo Di Marzo, titolare della  Excellence Research Chair on the Microbiome – Endocannabinoidome Axis in Metabolic Health (CERC-MEND) – Cattedra di Ricerca di Eccellenza sull’asse Microbioma – Endocannabinoidoma nella Salute Metabolica – all’Université Laval del Québec, il più antico ateneo del Canada, in occasione delle celebrazioni per la Giornata Italiana della Ricerca del Mondo, promossa dai Ministeri dell’Università e della Ricerca, degli Affari Esteri e della Salute lo scorso 15 aprile, data della nascita di Leonardo da Vinci, ha rappresentato martedì scorso il nostro Paese in una conferenza on line con l’Ambasciata d’Italia  in Canada, l’Istituto Italiano di Cultura, il Consolato Generale d’Italia  a Montreal e la comunità scientifica italiana in Canada (CSIC). Sessant’anni, un cursus studiorum di altissimo livello fra l’Università di Napoli e l’Imperial College, a Londra, una carriera costellata di successi e di riconoscimenti internazionali, Vincenzo Di Marzo è un cervello che si divide fra l’Italia e il Canada.

Coautore di circa 750 articoli pubblicati su riviste scientifiche, con un H-index – indice di citazioni per ogni pubblicazione – pari a 120, per 7 anni consecutivi, dal 2014 al 2020, ha fatto parte di quell’1% di scienziati più citati al mondo in tutte le discipline, per i suoi studi sulla caratterizzazione di nuove molecole segnale prodotte dall’organismo.

“Queste molecole, che sono un centinaio e attivano nell’organismo recettori simili a quello che si attiva per la marijuana, costituiscono il cosiddetto endocannabinoidoma e rappresentano una delle due grandi tipologie di segnali chimici che giocano un ruolo chiave nella fisiologia e nel controllo dei nostri organi e che stiamo studiando” – spiega.

“L’altra è quella dei segnali chimici prodotti dal microbiota intestinale, ovvero piccole molecole prodotte dai microrganismi che vivono insieme a noi e portano il loro segnale anche ad altri organi. Se intervengono situazioni, anche ambientali, che modificano questi due sistemi, i sintomi di molte patologie, non soltanto quelle metaboliche, ma anche quelle neurodegenerative e comportamentali, possono essere esacerbati, creando dei circoli viziosi che possono essere interrotti solo “restaurando” il microbiota intestinale, o l’endocannabinoidoma, o entrambi”. La comprensione di questi meccanismi è la strada maestra per la medicina personalizzata e l’intervento farmacologico e nutrizionale ad hoc per ogni malato.

Ricerca di frontiera

Sulla frontiera “dei meccanismi ancora non  ben conosciuti che sottendono ai disordini del metabolismo ed alle malattie comportamentali ed affettive ad essi correlati”, Vincenzo di Marzo, è anche Direttore di Ricerca presso l’Istituto di Chimica Biomolecolare del CNR, e alleva generazioni di studenti e dottorandi fra l’Université Laval, a Quebec City, e Pozzuoli, grazie alla sua attività di Direttore dell’Unità Mista Internazionale di Ricerca sul Microbioma, UMI-MicroMeNu, fra il CNR e l’Université Laval.

Se alla Cattedra di Eccellenza di Quebec City si studiano principalmente le interazioni fra i due sistemi nelle malattie metaboliche – obesità, diabete di tipo 2 – e le loro conseguenze sui sistemi cardiovascolare e nervoso, presso l’UMI la ricerca è concentrata nello studio biomolecolare del microbioma intestinale,  adottando il modello “tripla elica”, basato sulla collaborazione  e cooperazione scientifica e tecnologica fra università, centri di ricerca e imprese, in   progetti pioneristici che impattano sulla salute dell’uomo. Per questo l’UMI è stata premiata a Dubai nel 2018 al Congresso della Triple Helix Association, “grazie all’impegno instancabile del delegato della Presidenza del CNR nel board dell’UMI Emanuele Fiore, dell’Istituto per Polimeri, Compositi e Biomateriali del CNR di Pozzuoli”.

I giovani al primo posto

“Il 16 marzo 2020, due giorni prima che chiudessero i confini per la pandemia, sono partito da Napoli per il Canada”, racconta Di Marzo. “All’Université Laval c’erano una trentina di studenti, giunti da tutte la parti del mondo, anche dall’Italia. Grazie al CNR, che ha accordi con molti atenei, negli anni siamo riusciti a portare in Canada una decina di studenti, per periodi compresi fra i quattro mesi e i due anni. A marzo 2020 sembrava che gli studenti non avrebbero potuto lavorare per mesi. Pur sapendo che non avrei potuto incontrarli volevo rassicurarli che ero lì, con loro”.  I giovani, dice lo scienziato, “sono una grandissima risorsa. Con l’aiuto della nostra esperienza, sono i principali protagonisti del lavoro di ricerca”. La Cattedra di Ricerca di Eccellenza riceverà finanziamenti pari a oltre 30 milioni di dollari in sette anni, per svolgere il progetto di ricerca. Di fronte a un tale finanziamento, Di Marzo spinge molto i suoi collaboratori a incrementare le pubblicazioni scientifiche, ma l’aspetto innovativo è che alla stesura di questi lavori devono partecipare gli studenti. “Non importa – spiega lo scienziato – se il contributo non è sempre ottimale al primo tentativo. È importante responsabilizzarli”. Viaggiare, andare fuori a lavorare, sono le parole chiave con cui Di Marzo invita studenti e ricercatori ad accrescere la loro formazione. “Nella ricerca, in Canada come a Pozzuoli, abbiamo sempre bisogno di persone. Chimica, medicina, biologia, sono richieste per poter svolgere gli studi molecolari applicati, ma anche i big data scientists sono fondamentali per interpretare i dati prodotti dalle infrastrutture di ricerca, e per arrivare ad individuare, tra i tanti segnali chimici che le nostre cellule e quelle del microbioma utilizzano per comunicare tra loro, nuovi biomarcatori utili alla medicina predittiva”.


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