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L’obiettivo fissato dall’Europa per la banda larga ultraveloce (oltre 100 Mbps) era di coprire almeno il 50% delle abitazioni private entro il 2020. Traguardo fallito dall’Italia ma, a differenza della vulgata che vuole il Sud sempre in ritardo nell’ammodernamento tecnologico e infrastrutturale, le due regioni più avanti sono proprio Puglia e Sicilia, e anche la Campania si difende bene.

In Italia, in media, il 36,8%, delle famiglie è raggiunto dalla banda ultraveloce (sopra i 100 Mbps), in Puglia si va oltre il 60% con picchi come quello di Bari dove l’84% dei nuclei familiari ha a disposizione una connessione super rapida, più di Milano ferma al 72%.

È quanto emerge da una elaborazione di Openpolis su dati Agcom che evidenzia la capacità di Comuni e Regioni di attrarre investimenti e partecipare alla spesa anche con risorse proprie. La presenza della banda larga di base (30Mbps) in tutti i Comuni è uno dei traguardi europei raggiunti dall’Italia: il 95,1% è collegato. Ma all’aumentare della velocità della Rete, la quota di famiglie raggiunta decresce.

LE CLASSIFICHE

«Solo il 68,5% – scrive Openpolis – ha potenziale accesso alla banda larga veloce (sopra i 30 Mbps) e ancora meno, il 36,8%, è raggiunto da quella ultraveloce (sopra i 100 Mbps). In Puglia più famiglie sono raggiunte dalla banda larga ultraveloce, la connessione risulta diffusa in modo omogeneo, non solo nelle città».

E infatti, oltre a Bari, già citata, altri Comuni vanno molto oltre la media nazionale: Manfredonia 76%, San Severo 83%, Minervino Murge 79%, Trani 81%. Anche in Sicilia la situazione è migliore che nel resto d’Italia: a Catania, come a Bari, l’84% delle abitazioni è raggiunta dalla banda larga ultraveloce, ma ci sono altre realtà con ottima copertura come Lentini (77%) e Ramacca (80%), per esempio.

Anche nella banda larga veloce (sopra i 30Mbps) Puglia e Sicilia si confermano ai primi due posti a livello regionale, mentre a livello comunale Bari è il Comune con miglior copertura tra quelli oltre i 200mila abitanti (95%), mentre Milano è ferma al 79%. In generale in Puglia la copertura è ormai vicina al 90%, segue la Sicilia. Classifica confermata anche dalle elaborazioni di I-Com: Sicilia e Puglia sono le regioni maggiormente connesse alla banda veloce, rispettivamente con l’88,8% e l’87,6%, seguite da Lazio, Liguria e Campania, tutte con una copertura superiore all’85%.

Tra le regioni con la copertura minore si trovano Sardegna (64,3%), Abruzzo (63%), Molise (62,4%) e, fanalini di coda, Trentino Alto Adige (58,8%) e Valle d’Aosta (45,5%).

La prevalenza di Sicilia e Puglia si conferma anche a livello provinciale, con le due regioni che presentano rispettivamente 5 città classificate tra le prime 10 maggiormente coperte. La Sicilia annovera al primo posto Siracusa, con una copertura del 99,4%, al quarto Palermo (97,1%), al 7° Caltanissetta (96,5%), al 9° Trapani e al 10° Ragusa (96,1%).

Per la Puglia, Bari si posiziona al secondo posto (98,3%) e Barletta-Andria-Trani al terzo (98%). Tra le grandi città, Napoli si classifica 5ª (97,1%), Milano 8ª (96,3%), Firenze 14ª (93,9%) e Roma 16ª (93%). Nel report di OpenPolis, quello che emerge è il divario tra grandi centri e aree interne.

I GAP DELLE AREE INTERNE

«Rimangono più escluse dal servizio – si legge – le zone prevalentemente montuose o collinari, anche a causa delle difficoltà strutturali della banda larga. L’incremento della velocità di internet necessita di un’infrastruttura cablata, come nel caso della fibra ottica o delle linee telefoniche in rame.  Tale struttura è difficile da replicare in territori morfologicamente impervi e questo fa sì che spesso, soprattutto in aree montane, la connessione ultraveloce non arrivi proprio. Generando così ampi divari nell’accesso al servizio, rispetto ai centri urbani o a territori comunque pianeggianti».

Per esempio, considerando la Val d’Aosta la banda larga a 30 Mbps raggiunge l’84% delle famiglie del capoluogo e quote simili nei Comuni limitrofi. Tuttavia, la quota cala notevolmente se consideriamo la rete ultraveloce, che raggiunge solo la metà delle famiglie ad Aosta e meno del 20% nei comuni limitrofi di Sarre e Gressan. Una situazione molto simile a quella del Trentino-Alto-Adige e di diverse aree dell’arco alpino e degli appennini.

«Una rete di infrastrutture digitali efficiente – sia a livello scolastico che della pubblica amministrazione –  è tra gli obiettivi del Next Generation Eu», sottolinea Openpolis. Il piano europeo per la ripresa economica dalla pandemia prevede infatti che gli Stati investano il 20% delle risorse ricevute in un percorso di transizione digitale. L’Italia potrà investire più di 40 miliardi.

IL PROGETTO

Ma esiste già un piano banda ultralarga nazionale, approvato nel 2015, che prevedeva che con un misto di miliardi di fondi pubblici e privati al 2020 nessuno sarebbe stato senza banda ultra larga. Così non è stato, ma il Sud ha fatto certamente meglio. Nel 2013 l’Italia era quart’ultima tra i paesi membri dell’Ue con solo il 56% di abitazioni con accesso a internet contro il 72% della media europea; oggi la situazione è migliorata ma non ancora a livelli europei. E tra un anno potremmo essere ancora indietro: stando a quanto comunicato a Infratel dagli operatori, risulta che ancora nel 2022 ci potrebbero essere 80 mila indirizzi civici senza alcuna tecnologia banda ultralarga.

A essere penalizzate potrebbero essere, salvo interventi statali con nuovi investimenti, tre regioni in particolare: la Calabria (1,1% sprovvista di internet super veloce, contro la media nazionale dello 0,4%), la Val d’Aosta (2,1%), l’Emilia Romagna (0,9 per cento).

LA P. A.

Tra i punti dell’agenda digitale italiana è stata inserita anche la proposta di digitalizzare la pubblica amministrazione. Spostando online alcuni servizi, per permettere ai cittadini di usufruirne senza doversi necessariamente recare negli uffici delle Pa. «Nel 2013 – scrive Openpolis – prima dell’introduzione dell’agenda di crescita digitale italiana, il 99,4% dei Comuni aveva un sito, ma meno del 20% lo utilizzava per erogare servizi online. A 6 anni di distanza dall’introduzione dell’agenda, l’obiettivo di digitalizzare la Pubblica amministrazione non è stato ancora raggiunto. Anzi, la situazione è addirittura peggiorata dal 2009 al 2019».


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