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Uno sbarco di migranti in Italia

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Lo “sgocciolamento” di persone che dall’Africa vengono in Europa non può essere una emergenza. Si tratta di poche migliaia di migranti che, ogni anno, seguendo le tre strade di accesso, quella greca/turca, quella italiana e quella spagnola, ogni anno arrivano nel nostro continente. Avviene negli Usa dal Messico, in Australia, e in tutte le parti del mondo quando vi sono conflitti da cui la gente scappa o quando da economie arretrate ci si sposta verso economie più sviluppate. Avviene all’interno dello stesso Paese, come in Italia da Nord a Sud, o all’interno di una unione di Paesi come in Europa, dall’Est verso Ovest, o tra continenti, come tra Africa ed Europa, o in Cina verso le Special Economic Zones.

ITALIA IMPREPARATA A GESTIRE I NUOVI FLUSSI

È sempre avvenuto nei secoli passati e noi italiani, forse ce lo siamo dimenticati, siamo stati protagonisti di migrazioni importanti. “Partono i bastimenti per terre assaje luntane, cantano a buordo só napoletane”, scriveva nel 1919 E.A.Mario nella canzone Santa Lucia. E non andava meglio ai veneti, uniti in quel caso a un destino comune con i meridionali. Ma tali processi inevitabili nella storia umana, che tanto hanno contribuito al progresso dei popoli – perché spesso gli emigranti hanno rappresentato grandi risorse per i popoli che li hanno accolti – devono essere gestiti altrimenti diventano bombe ad orologeria.

Lo hanno fatto gli americani, che pure ne avevano estremo bisogno, con leggi molto rigide e periodi di quarantena molto severi: ricordiamo tutti bene l’isola di Ellis Iland davanti Manhattan. Lo dobbiamo fare anche noi europei, che non ne possiamo fare a meno, considerato l’invecchiamento della popolazione e la bassa natalità, caratteristica delle realtà più sviluppate.

Altrimenti il tema rischia di essere dirimente rispetto al consenso di molti leader politici nell’Unione. Al di là di Orban che costruisce muri e non ne vuole nemmeno uno di migranti anche il rapporto, tra i diversi Stati, su questo tema, diventa sempre più difficile. In particolare l’ Italia, che per gestire tale fenomeno riceve dall‘Unione risorse importanti, si è fatta trovare totalmente impreparata al cambiamento di strategia dei mercanti del trasporto umano conseguente anche alla diversa normativa varata dal governo giallo verde. Considerata la maggiore difficoltà delle Ong, che solo adesso stanno riprendendo la propria opera di salvataggio in mare, il flusso si é spostato sulla Tunisia e su piccole barche che, lasciate dalla barca madre ai confini delle acque territoriali italiane, arrivano alla spicciolate dirette verso l’area dove lo Stato italiano ha realizzato un hotspot per l’accoglienza, cioè a Lampedusa.

IL CASO LAMPEDUSA

É evidente che un flusso che per l’Europa è assolutamente irrilevante ma se viene concentrato su una isola di 22 chilometri quadrati, con un piccolo porto naturale, diventa emergenza. Un hotspot abilitato a ospitare poco più di 100 persone riempito con oltre mille, un sindaco Martello che denuncia una vera emergenza sanitaria ed economica per l’isola delle Pelagie, una ministra Lamorgese che tenta di svuotare il mare con un cucchiaino, con risultati risibili, il tutto mentre nell’isola esplode la stagione turistica agostana, con il tutto esaurito che dopo la pandemia e il blocco delle attività, deve servire alla sopravvivenza di una comunità, che deve vivere un inverno sulle entrate di una stagione.

In tutto questo le personalità che l’isola ha espresso recentemente, cioè l’ex sindaco Nicolini, che sulla emigrazione si é giocata la rielezione, e il dottore, rappresentante italiano del Pd in Europa, sostengono che i numeri, giustamente non fanno pensare ad una emergenza. Per l’Europa probabilmente vogliono affermare, certamente non per la piccolissima isola.

Peraltro una isola che ha saputo trovare il proprio modello di sviluppo, tanto da diventare la realtà con più presenze tra le isole siciliane e da dare lavoro oltre che a tutti i residenti anche a comunità importanti di rumeni e di agrigentini. Per cui il giro di d’affari che in tempi normali genera l’attività turistica dell’isola, dove l’aeroporto ha fatto la differenza, oltre che la cultura d’impresa che ha caratterizzato da sempre gli isolani, facendone un esempio per tutti, è diventato importante facendola diventare, grazie anche al suo mare unico, che fa letteralmente invidia ai Caraibi, l’isola con maggiori presenze tra tutti gli arcipelaghi siciliani.

Il porto naturale pieno delle barche che giornalmente arrivano e vengono ormeggiate, come corpo di reato e che il sindaco non riesce più a dire nemmeno quante sono, dimostra la non gestione del fenomeno da parte dello Stato.

IL VERTICE A PALAZZO CHIGI

La riunione con il presidente Conte di domani, con il sindaco ed il presidente Musumeci, farà il punto della situazione e si spera anche di una strategia di accoglienza e di contenimento del fenomeno. Perché non può diventare, come non lo è nella maggior pare dei casi, la barchetta alla deriva l’alternativa all’aereo, con cappello di paglia e barboncino al seguito. Coloro che affrontano tale viaggio devono sapere che affronteranno momenti di difficoltà, anche quando saranno accolti, devono sapere che non saranno ospitati senza difficoltà e che spesso dalle popolazioni indigene non saranno ben visti.

E che il Paese deve essere in condizione di scoraggiare i migranti economici, che non hanno diritto secondo le normative internazionali ad essere accolti. Per gli altri lo Stato, che riceve dall’Europa per tale compito risorse importanti, non deve caricare sulle comunità locali, come sta facendo con Lampedusa e con la Sicilia, il costo delle migrazioni.

I FONDI EUROPEI

Nel bilancio europeo 2021-2027 si nota un aumento da 13 a 35 miliardi per il fondo per migrazioni, asilo e frontiere, mentre è attivo un nuovo maxi-fondo per lo sviluppo di 90 miliardi, l’NDICI ( Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument , cioè lo “strumento di vicinato” per eliminare la povertà e promuovere uno sviluppo sostenibile) che prevede almeno il 10% di spesa per gestire i flussi.

Quindi le risorse per le navi quarantena, per il controllo con le motovedette, per i trasporti veloci dal punto di primo approdo alle altre realtà italiane, per evitare il sovraccarico di alcune comunità, o per cercare di effettuare quella redistribuzione in Europa, ci sono.

Anche forse per attrezzare l’isolotto di Lampione, con un porticciolo e una struttura di accoglienza, per momenti emergenziali, con i suoi circa 4 ettari di superficie, per evitare in casi come quelli che stiamo vivendo che il conto a pagarlo sia sempre la solita Lampedusa. O anche attrezzare la stessa Pantelleria, quattro volte più grande, in modo da evitare questa evidente défaillance del nostro Paese, rispetto a numeri che certamente non ci possono e non ci devono fare paura. Ma serve una strategia di medio/lungo termine perché con le emigrazione dobbiamo abituarci a convivere.


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