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C’è un Sud che cresce nonostante la pandemia Covid-19 e la crisi generata: è il Sud delle medie imprese, che accelera persino la ripresa, tanto che negli ultimi dieci anni le sue aziende hanno superato quelle del Centro e del Nord. È quanto emerge dall’ultimo rapporto “Leader del cambiamento: le medie imprese del Mezzogiorno” realizzato dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro studi Tagliacarne e Unioncamere e che è stato presentato ieri a Salerno alla Camera di Commercio. Si tratta di una realtà che rappresenta quasi il 10% del totale delle medie imprese italiane, ma cresciuta fino a contare 316 aziende, di cui circa il 40% opera in Campania.

 Neanche l’impennata dei costi energetici e la  pandemia hanno frenato la corsa di queste “ambasciatrici” del cambiamento del Sud che quest’anno prevedono un incremento del  giro d’affari dell’8,1%, contro il 7,2% del resto d’Italia, dopo l’aumento del 10% registrato nel 2021. Quasi la metà delle medie imprese del Sud conta di superare entro il 2022 i livelli pre-Covid, a conferma di una dinamicità che  tra il 2011 e il 2020 ha visto crescere il loro fatturato del 35,2%, contro il 16,7% delle altre aree d’Italia; la produttività del 28,3%, contro il 20% della media nazionale; e la forza lavoro del 25,6% contro il 19,8% nazionale.

IL MODELLO DA IMITARE

Tradotto, c’è un Sud che sa fare impresa, sa vincere le sfide, non ha paura di scommettere su se stesso anche nei momento più complicati e non vive di assistenzialismo. Ed è un Sud che, ovviamente, fa bene a tutto il Paese, perché traina la crescita. «Le medie imprese meridionali – ha detto il presidente di Unioncamere, Andrea Prete – rappresentano la locomotiva industriale del territorio, figlie di un capitalismo familiare di lunga data che si tramanda da generazioni. Sono imprese che hanno anche messo in evidenza una capacità di resilienza non inferiore rispetto alle altre del resto del Paese. Sono pronte a cogliere le sfide del cambiamento, puntando sempre più sulla frontiera 4.0, facendo leva anche sul Pnrr. Ma per questo servirà, soprattutto al Sud, sviluppare un modello di innovazione improntato su una forte collaborazione tra imprese, Università, centri di ricerca locali».

Quasi una media impresa su dieci è del Sud: sono in tutto 316 le aziende leader del cambiamento provenienti dal Mezzogiorno (3.174 in tutto in Italia), di cui il 40% circa si trova in Campania. Nel 2020 hanno fatturato 14,6 miliardi di euro, coprendo l’11,5% del valore aggiunto del totale manifatturiero della stessa area e il 30% delle loro vendite è destinato all’estero. Alimentare-bevande, meccanico e chimico-farmaceutico sono i settori principali in cui operano, rappresentando oltre l’80% del giro d’affari complessivo.

«Il modello imprenditoriale delle aziende di medie dimensioni – ha detto Gabriele Barbaresco, direttore dell’Area studi Mediobanca – è un esempio di iniziativa capitalistica di successo nel Sud:  indica una possibile via di sviluppo di quei territori, se non alternativa, almeno complementare ai grandi progetti di industrializzazione eterodiretti».

Quasi la metà delle medie imprese prevede di superare i livelli pre-Covid:  il 44% di quelle del Sud, alla stregua delle altre della stessa stazza nel resto d’Italia, Confida di lasciarsi alle spalle la crisi pandemica, superando già quest’anno i livelli produttivi pre-Covid, mentre solo il 31% delle imprese di grandi dimensioni operanti nel Sud conta di riuscirci.

LA CHANCE DEL PNRR

Non solo. I manager guardano al futuro, puntando sulle opportunità del Pnrr: il 71% delle medie imprese meridionali punta sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (il 48% si è già attivato, il 23% si prepara a farlo nel breve termine. E per accompagnare la propria crescita, il 76% è pronto a investire nelle tecnologie abilitanti tra il 2022 e il 2024, una quota assimilabile a quella del resto d’Italia (75%), ma in crescita rispetto al triennio precedente, quando la percentuale delle medie imprese meridionali che avevano imboccato la via della transizione 4.0 era  al 71%.

E ancora: il 44% investirà in processi di co-innovazione entro il 2024 con almeno un soggetto esterno all’azienda. Il 32% punterà sulla collaborazione con le Università per la co-innovazione di prodotti e servizi (contro il 40%), il 3% con i subfornitori (contro il 12%) e il 15% con i clienti (contro il 17%).

Le incertezze degli ultimi anni hanno spinto anche le medie imprese meridionali ad affrontare alcuni temi non più rinviabili. L’85,1% di esse ritiene prioritario, ad esempio, agire sulla governance tramite un rinnovo manageriale o generazionale (contro il 78,4% delle altre aree). Inoltre, il contesto geopolitico ha imposto un ripensamento delle catene di fornitura, tanto che, per limitarne i rischi di rottura, il 75,8% ha optato per una diversificazione dei fornitori, incrementandone il numero e preferendo quelli di prossimità.


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