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“Ogni popolo ha il governo che si merita” scrisse Aristotele.

Il popolo italiano sta dando prova di essere migliore di tutti i governi che negli ultimi decenni lo hanno amministrato. Lo dimostrano medici, infermieri e operatori socio-sanitari che compiono miracoli con pochi e obsoleti strumenti a disposizione. Lo dimostrano le persone che tornano a essere comunità sia nelle azioni sia nel sentimento. Lo dimostrano i video amatoriali che affollano i social e, strappandoci una risata, ci tirano fuori per un attimo dal buio; i giornalisti che continuano a dare “bollettini di guerra” e speranza; gli insegnanti che tengono lezioni a distanza; gli adulti che si sforzano di far sentire i bambini al sicuro. Che la vita è bella lo sapevamo, non sapevamo che era così fragile; ce ne ricordiamo ora e ora scopriamo che va difesa.

“Non è tempo di polemiche” si dice, ma un conto è la polemica, un conto è la presa di coscienza, perché l’esperienza deve pur servire a qualcosa. È evidente che il nostro servizio sanitario è allo stremo. Quanti ospedali d’eccellenza sono stati chiusi negli ultimi vent’anni? Oggi saggiamente si valuta di riaprirli.

Il rischio è che si potrebbe arrivare a dover scegliere chi curare e chi no: l’anziano dovrà far posto al giovane e, a parità di età, chi soffre di altre gravi patologie dovrà far posto a chi non le ha. Come si fa a dirlo a chi ogni mese, per quarant’anni, si è visto prelevare dallo stipendio soldi in cambio del miraggio di un’assistenza sanitaria pubblica, a chi già lotta per altre malattie e già conosce la sofferenza?

Con che coraggio si chiederà ai medici di sopportare anche il peso di una simile scelta?

Gran bel gesto la raccolta fondi a favore della sanità italiana da parte di Ferragni-Fedez, Giorgio Armani, Giovanni Rana, Luciana Littizzetto, Emma Marrone e tanti altri. Quanto la salute degli italiani dipende dalle donazioni? Dovremmo vivere in uno Stato che si fonda sul diritto, invece ci teniamo in piedi grazie alla solidarietà.

“Non è tempo di polemiche” e non intendo farne. La mia è una domanda, da ingenua e da profana, rivolta a un governo che si ritrova oggi a cercare di salvare il salvabile. Perché, nonostante l’emergenza, si esita ancora ad abolire sprechi e privilegi pagati con i soldi pubblici? Perché non destinare anche quelle risorse al potenziamento immediato del servizio sanitario? Sarebbe l’esempio virtuoso di una politica che torna a essere umana e concreta, perché avere ospedali che funzionano è un buon investimento per tutti, anche per i politici: i virus sono davvero democratici, non fanno distinzioni di classe, di razza o di genere.

Anche il solo pensiero che un cittadino possa essere messo nella condizione di dover rinunciare alla vita, mentre c’è una categoria protetta e intoccabile che non è disposta a rinunciare al sovrappiù, sinceramente mi è insopportabile.

Siamo nelle mani di Dio, ma prima che nelle Sue mani infinite, siamo nelle mani grandi dello Stato. E per quanto le mani possano essere lavate – come se le lavò Ponzio Pilato – non si cancella la responsabilità o l’irresponsabilità dei gesti che compiono e dei decreti che firmano.


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