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Il dipinto ritrovato a Montecitorio

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“LEI mi piace quando vannia”, mi dice una signora incontrata sulla strada di Catania. È un concetto che conosco, ma mi piace sentirlo dire in stretta lingua siciliana. E indica lo sfogo liberatorio di chi è felice che un altro dica quello che lui vorrebbe dire. Protestando, nel suo cuore segreto, contro il mondo, contro le ingiustizie, ma costretto dalla prudenza a trattenersi per non accrescere il proprio danno. Così la mia reazione assume il senso di una delega che è propriamente quella che si dovrebbe attribuire a un “deputato” il quale, a sua volta, per opportunismo o per non farsi danni, si contiene.

Dà soddisfazione incontrare qualcuno che, a suo rischio e pericolo, ti rappresenta. Ma non è propriamente nella mia indole, che sarebbe socievole e persino mite se non dovessi misurarmi con la quotidiana e diffusa imbecillità, alla quale non mi sembra giusto rimediare con il distacco e con l’indifferenza. Io, la mattina, mi alzo contento. Poi sono costretto a soffrire per il disordine del mondo. Da questa sofferenza, o contrarietà, deriva il mio comportamento irruente, e talvolta iroso. Forse una difesa irrazionale della ragione. E se il destinatario del mio “vanniare” non migliora o non si corregge, e quindi la mia reazione violenta non è una soluzione utile, quelli che assistono, però, si sentono sollevati, vengono presi dall’euforia di quella signora catanese.

È quindi utile agli spettatori che fanno il tifo la mia incazzatura (traduzione volgare dello stimolo a “vanniare”) : un effetto consolatorio intrinsecamente democratico, secondo il precetto: “colpirne uno per punirne cento”. Ed è un doppio risultato: perché, in tal modo, i puniti, illesi, invece di soffrire, godono, e cercheranno di risparmiarsi di essere colpiti anche loro. Alla fine della giornata mi addormento tranquillo.

Il caso di questi giorni, su cui sono stato tormentato, e costretto a reagire, per l’incompetenza, la vanità, e il vaniloquio di chi pensa insensatamente che lo Stato ignori o trascuri i suoi tesori artistici, è quello di un modestissimo dipinto che, in deposito da quasi un secolo alla Camera dei Deputati, è stato annunciato come un capolavoro ritrovato di Leonardo.

Con bufale come queste: “Dopo le analisi è stato riscontrato che il dipinto è del ‘500, proviene dalla collezione Torlonia, e con una radiografia ai raggi infrarossi è stato scoperto che alcune correzioni sono identiche alla Gioconda del Louvre”. Non l’apparizione e neppure l’ombra, ma l’incubo di Leonardo, come per chiunque ne abbia una copia.

In realtà una modesta tela esposta in un palazzo pubblico, nell’Ufficio di uno dei Questori di Montecitorio, è stata fatta passare, con la complicità di giornali e televisioni, come una seconda Gioconda di Leonardo, che, per inciso, ha fatto fatica (ci ha messo 5 anni) a dipingerne una.

L’eccitazione di menti ottenebrate ha evocato con grande suggestione magazzini, depositi, polvere, evitando l’unica parola pertinente: arredamento! E cioè quello che solitamente, prelevandolo dai depositi di un museo (in questo caso dalla Galleria Nazionale di Roma ), viene chiesto, a partire dalla Camera e dal Senato, e poi da ambasciate e prefetture, per arredare sale aperte al pubblico, come da anni è Montecitorio. Tutto quello che meritava di essere restituito ai musei lo è stato nei decenni scorsi attraverso una commissione che io ho guidato.

Il dipinto più notevole rimasto alla Camera dei deputati è un “Ratto d’Europa” di Giandomenico Ferretti, di troppo grandi dimensioni, che non è stato restituito ai musei fiorentini per la difficoltà di farlo uscire.

La copia di Leonardo, dipinta almeno 70 anni dopo la morte del pittore, non ha alcun valore artistico e indica soltanto la fortuna dell’opera, come le innumerevoli copie di grandi maestri. Tanto rumore per nulla. Ma bisogna farne altro, per perdere tempo: “Da quando è emersa la possibilità che la ‘Gioconda di Montecitorio’ possa essere la ‘sorella’ di quella conservata al Louvre di Parigi, anche l’amministrazione della Camera ha preso l’iniziativa, tanto che l’attuale questore Francesco D’Uva ha annunciato che presto sarà organizzato un grande convegno di studio proprio su questo dipinto”.

Per me, sarà un’altra occasione di “vanniare”. Come resistere?


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