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Rifiuti tra le strade del centro

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Povera Roma, unica, meravigliosa, impareggiabile, capitale del mondo di cultura e storia, ridotta a una città sporca, imbrattata, con segni di decadenza in ogni angolo. Le scale della metro ferme, i secchi nelle stazioni per raccogliere l’acqua che viene giù dal soffitto.

Le strade del centro invase dalla spazzatura, la casa di Canova, traversa di via del Corso circondata da bottigliette e mascherine abbandonate nelle fioriere vuote e sfregiate. Brutto brutto spettacolo, proprio ora che è tornato il vociare allegro e in mille lingue di una torma di turisti come mai negli ultimi anni.

Il salto da Raggi a Gualtieri non c’è stato. Peccato. Sepolto anche lo spirito della dolce vita: alle 23 sulla direttrice piazza del Popolo, Piazza di Spagna, Trevi e Pantheon chiudono le cucine dei ristoranti come le più anonime cittadine di provincia. Alle 22,50 ti rimandano indietro, di luglio. Che tristezza. Ma dove sono finiti i ristoratori che parlavano di dittatura quando durante la prima fase del covid bisognava star chiusi? Ora fatto l’incasso (prezzi stellari) si va a casa.

Roma, la decadenza in una vita sempre meno dolce

Se un giorno Marco Aurelio dovesse scendere da cavallo e scapparsene avrebbe mille motivi. Le serate romane sono letteratura e nostalgia, di dolce sono rimasti solo i ricordi (è il mio terzo periodo di soggiorno dalla fine degli anni Ottanta) con la variante amara in forte ascesa. Come diceva Rugantino: una botta e via, tutto finisce. Il guaio è quando poi ricomincia il nulla.


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