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Giorgia Meloni

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Il quadro politico europeo si complica e il futuro della premier si gioca non più sul fiato corto delle elezioni, ma sul passo lungo dell’economia. Può raddrizzare la barca, ma serve lo stesso coraggio mostrato riportando le pensioni sul sentiero della Fornero. Serve ricomporre la spesa pubblica, fare le riforme e gli investimenti a partire dal Sud. Il ministro tedesco Lindner ha detto che il 3% deficit/Pil è un limite massimo, ma bisogna stare molto sotto. Noi stiamo molto sopra.

Per il governo l’economia torna ad essere fondamentale. Per come sono andate le elezioni in Polonia, dopo quelle spagnole, diciamo che entrare così facilmente nel nuovo nucleo dirigente europeo non è più possibile. Ovviamente la partita è apertissima e la Meloni in Europa ha conquistato un suo indubbio peso politico, ma oggi nulla è più scontato e sono ormai evidenti margini di incertezza.

Anche per questa ragione oggi Giorgia Meloni si gioca tutto sull’economia. Perché con un’estrema volatilità sui mercati sotto il peso di due guerre che rischiano di incastrarsi tra di loro mentre avanzano terrorismo e rallentamento globali e un quadro politico europeo oggettivamente più complicato del previsto, il futuro della premier non si gioca più sul fiato corto delle elezioni, ma sul passo lungo dell’economia. Ha ancora tutte le possibilità per raddrizzare la barca che naviga in mari procellosi, ma al timoniere serve più coraggio e serve oggi.

Deve lei, non altri, fare partire subito il lavoro per la ricomposizione della spesa pubblica, un ciclo completo di riforme e il rilancio degli investimenti a partire dal Sud, sfruttando l’onda già in atto favorita dal lavoro prezioso del ministro Fitto e dalla scelta strategica della Zona economica speciale unica (Zes) del Mezzogiorno. Bisogna delineare subito questo percorso e bisogna cominciare a perseguirlo concretamente perché sui mercati ci confrontiamo con un’economia spagnola che, pure avendo recuperato meno di quanto ha fatto l’Italia con la stagione Draghi e una persistente crisi politica, riesce a fare le cose e può tracciare un percorso triennale di crescita migliore del nostro in modo credibile.

Bisogna farlo perché ci confrontiamo con gli avanzi primari portoghesi e greci e dobbiamo fare i conti con l’incognita futura del nuovo patto europeo di stabilità e crescita. Per capirci ieri, non l’anno scorso, il ministro dell’economia tedesco, Christian Lindner, ha sostenuto che il tetto al 3% del rapporto deficit/Pil è un limite massimo, ma che i Paesi europei devono rimanere molto al di sotto. Noi siamo molto al di sopra di quel tetto. Questa è la realtà.

Anche Ref ricerche, che ha sottolineato che negli ultimi tre anni l’Italia è cresciuta di più delle maggiori economie dell’area euro, ha però tagliato le stime di crescita per quest’anno allo 0,7% e per il 2024 allo 0,5% “anche perché si troverà nelle condizioni di dovere realizzare un miglioramento significativo del deficit pubblico”.

L’impianto attuale di previsioni di crescita di Nadef e manovra è ormai messo in discussione da tutti i previsori nazionali e internazionali, ma noi riteniamo che la resilienza della nostra economia possa ancora sorprendere positivamente.

A patto che il governo e chi lo guida trovi la stessa forza con cui passo dopo passo sta chiudendo, di anno in anno, tutte le deroghe alla legge Fornero agendo con la serietà che deve avere chi ha la responsabilità di un Paese che spende 350 miliardi per le pensioni con una spesa pari a circa il 17% del prodotto interno lordo (Pil) che è la quota più alta al mondo.

Questo coraggio fa onore al governo Meloni perché è giusto agire per favorire la crescita demografica, ma ignorare nel frattempo la realtà significa andare a sbattere contro il muro con una tale violenza che non ci si rialza più. A patto, poi, che il governo trovi la stessa forza che ha dimostrato prendendo tutti in contropiede tagliando del 5% le spese di Stato, Regioni e Comuni per finanziare la sanità ponendosi l’obiettivo strategico di ridurre le liste di attesa e rinnovando i contratti.

A patto, cioè, in estrema sintesi, che trovi ora lo stesso coraggio di mettere in campo un programma credibile che rimetta in carreggiata la barca con un lavoro di prospettiva che porti entro un anno a definire e attuare una ricomposizione della spesa pubblica. Deve essere chiaro ai mercati come e dove si trovano le risorse per rendere strutturali i tagli fiscali e mettere a regime la riforma della macchina pubblica messa a punto dal ministro Fitto sfruttando l’onda lunga già in atto.

Che è quella che può fare del Sud italiano non solo il grande hub energetico e manifatturiero del Mediterraneo, ma anche il nuovo Eldorado degli investimenti internazionali sostenuto dai grandi interventi infrastrutturali, soprattutto ferroviari, e del Ponte sullo Stretto previsti da Pnrr, fondo coesione e sviluppo e fondo complementare. Tutti gli investitori globali si devono convincere che questa manovra non è un aggiustamento annuale, ma il primo step di una prospettiva di sviluppo almeno di legislatura. Perché oggi non vendono BTp, ma nemmeno li comprano. Hanno deciso che per loro sarà conveniente tornare ad acquistare quando lo spread sarà a 230/240. Cerchiamo di evitare che questi calcoli sbagliati diventino realtà.


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