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Elly Schlein e Giorgia Meloni

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Europee: Meloni non può competere con Salvini sul sovranismo, e la Schlein darebbe l’impressione di candidarsi «perché in futuro chissà»

ALLO spuntar del sole nella savana, un leone, che tiene famiglia, deve mettersi a caccia di una gazzella, la quale invece ha il problema opposto di tornare al tramonto dai suoi cari, senza averlo incontrato. Un giornalista parlamentare per guadagnarsi lo stipendio deve andare alla ricerca di una notizia che gli fornisca lo spunto per un articolo di ‘’retroscena’’. Poi – si sa – il giorno dopo con il quotidiano ci si incarta il pesce. E il giro ricomincia perché ogni mattina il giornale deve essere in edicola con qualche notizia che attiri l’interesse di quanti non rinunciano all’edizione cartacea.

Qualcuno si domanderà, forse, quali siano i motivi di queste considerazioni – lo riconosco – un po’ ciniche e con uno sfondo di pessimismo divenuto cronico. Ma quando si legge che alle prossime elezioni europee le due dame della politica italiane potrebbero continuare la loro battaglia capeggiando ciascuna la sua lista in tutte le circoscrizioni è difficile credere che ciò corrisponda alla realtà e non sia invece una fake news da attribuire ai media. Perché se di questa ipotesi di discutesse veramente e se addirittura si arrivasse a renderla concreta (si sta avvicinando a grandi passi il momento di avviare la macchina delle elezioni per le europee) dovremmo aggiungere un’ulteriore ragione di sconforto sul livello della politica italiana. In verità l’operazione darebbe più nell’occhio se a candidarsi fosse Giorgia Meloni, la quale diverrebbe così non solo la prima donna a guidare un governo nel BelPaese, ma anche la prima presidente del Consiglio in carica che si candida al Parlamento europeo. Poi, a quanto pare, il suo maggiore alleato, Matteo Salvini, si impegnerà in una campagna elettorale il più possibile antieuropea in combutta con altri figuri della medesima cordata.

Nella funzione che ricopre a Palazzo Chigi Giorgia non può permettersi di competere con il Conducator sul suo terreno. Meloni non è solo la presidente di Fdi, ma la persona che deve confrontarsi e dialogare con le istituzioni europee. Se ritiene che occorra riproporre qualche giro di valzer con i sovranisti la sua parte l’ha già fatta con il voto sulla ratifica del Mes, il lavoro sporco della polemica elettorale lo faccia fare ai suoi luogotenenti. Poi ci auguriamo che Meloni non riveli che non si fida più nemmeno dei parenti ma solo di se stessa, tanto da dover occuparsi di tutto in prima persona.

E’ diverso il caso di Elly Schlein. Anche la segretaria del Pd non potrebbe ricoprire, per la regola dell’incompatibilità, ambedue i ruoli; non avendo, poi, incarichi istituzionali, potrebbe affrontare più agevolmente la campagna elettorale per le europee. Poi Elly, entrando di peso nelle liste, darebbe l’impressione ai maligni di correre per un seggio a Strasburgo «perché non si sa mai». Se le elezioni dovessero andare male per il Pd un esilio nel cuore dell’Europa sarebbe per lei una soluzione più confortevole di ritrovarsi, a spasso, come una deputata qualsiasi nel gruppo del Pd alla Camera. Se poi vogliamo dirla tutta, entrando in lista le due ‘’dame’’ finirebbero per tirare la volata ai loro ‘’favoriti’’ maschi. La legge elettorale prevede il cosidedetto voto disgiunto per un candidato maschio ed una femmina; il che significa che le due leader tireranno la volata ad un uomo candidato dopo di loro. Ma tutto sommato – visto che la questione dell’identità di genere è rimasta sul testo del ddl Zan – questo non sarebbe un problema particolarmente serio. Anche perché sarebbe risolto al momento della formazione delle liste.

Certo che la tentazione è forte perché sia Giorgia che Elly prima che tra di loro competono con gli alleati della loro coalizione, nel caso di Giorgia, con quelli che ancora si sottraggono, nel caso di Elly. Non sarebbe però un’impresa che dia lustro, lottare nel fango della demagogia anziché nell’arena delle rispettive strategie. Meloni se vuole essere al centro di una nuova stagione politica inserita persino in una diversa architettura istituzionale deve rendersi conto che dovrà rinunciare a portarsi appresso quei settori dell’elettorato che Salvini potrebbe sottrarle. Elly potrebbe imparare da Romano Prodi – che le fa da padre nobile- che in un quadro di alleanze sgangherate si possono vincere le elezioni (a Prodi l’impresa è riuscita ben due volte contro Silvio Berlusconi), ma si riesce a governare al massimo per due anni o poco più, prima che siano proprio gli alleati ad affondare la nave. Intanto una perfida influenza ha costretto Giorgia Meloni ad innovare nella comunicazione. La conferenza di fine anno si è spostata all’inizio di quello nuovo. Non si parlerà più di ciò che è stato ma di ciò che sarà.


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