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Il giovane pianista calabrese Francesco Tropea

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Mai sentito parlare di orecchio assoluto? Per la Treccani è la capacità di riconoscere l’altezza di una nota anche dopo averla ascoltata una sola volta, quindi un talento che Dio o la Sorte consegnano a qualcuno perché ne tragga buoni frutti. Epperò per i frutti servono anche impegno dedizione e studio, tutto ciò che Francesco Tropea ha inserito nella sua vita da musicista.

Qual è stato il tuo percorso formativo?

«Ho 28 anni e mi sono formato al Conservatorio S. Giacomantonio di Cosenza, ho continuato gli studi presso la Scuola di Musica di Fiesole perfezionandomi in pianoforte con P. De Maria e musica da camera con B. Canino. Mi sono trasferito poi in Austria per frequentare una delle più prestigiose università della musica al mondo: il Mozarteum di Salisburgo, ove mi ha seguito R. Plagge e ho conseguito il Master of Arts in pianoforte. Contemporaneamente ho frequentato corso di perfezionamento presso l’Accademia di Musica di Pinerolo con B. Lupo e ho ottenuto il Certificate of Advanced Studies in Improvvisazione Concertante presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano con G. Vracheva. Attualmente al Mozarteum frequento il corso Postgraduate di pianoforte e da settembre insegnerò in una Scuola di Musica in Germania».

Da dove nasce la tua passione per la musica?

«Dalla mia famiglia: mio padre è stato batterista in una band e i miei zii materni sono rispettivamente cantante e docente di Storia della Musica in Conservatorio e cantante e insegnante di educazione musicale presso le scuole medie. A casa la radio era accesa su stazioni musicali e mio padre suonava spesso la tastiera alla quale, per gioco, quotidianamente improvvisavo. Parallelamente scoprii di avere l’orecchio assoluto e mio zio musicista consigliò ai miei di farmi prendere lezioni di pianoforte».

Cosa comporta la “via della musica”? Ne vale sempre la pena?

«Ne vale sempre la pena e penso che ogni musicista sappia perché. Credo che la musica mi appartenga da sempre e viva dentro di me anche se ciò comporta impegnarsi duramente e affrontare diversi sacrifici, ad esempio nel periodo scolastico l’impegno era doppio: quotidianamente dopo la scuola mi esercitavo per svariate ore e bisogna applicarsi sulla tecnica (i cui livelli dovrebbero essere altissimi) ma anche sull’esaltare tutti gli aspetti musicali e i messaggi che brani racchiudono e c’è sempre qualche dettaglio da apprendere».

Com’è stato doversi spostare all’estero per inseguire la tua passione?

«All’inizio faticoso per fattori culturali e linguistici ma col passare del tempo si traggono grandi benefici sia artistici che personali. In questi anni ho avuto modo di confrontarmi con docenti straordinari e di stringere forti legami di amicizia e artistici e poi ho avuto modo anche di insegnare. È evidente che altri Paesi sono più attenti alla formazione musicale: solo in Germania ci sono più di 1000 Scuole di Musica (anche pubbliche) frequentate da allievi di tutte le età (dai bambini ai pensionati) che decidono di studiare pianoforte pure solo perché appassionati».

Qual è la chiave del bravo musicista nel 2022?

«Viviamo in un periodo in cui i livelli tecnici e di disciplina richiesti sono altissimi, a volte tali da rompere la barriera uomo-macchina. In realtà la tecnica dovrebbe essere funzionale alla musica e non fine a sé stessa e dunque è un bravo musicista chi, in simbiosi con grande tecnica, riesca a cogliere ciò che il relativo compositore voleva trasmettere con un brano ed a trasmetterli al pubblico. È necessario avere un’idea chiara di ciò che un brano esprime nel suo complesso e diffonderlo anche col linguaggio del corpo. Poi è importante avere forte personalità ed esprimere anche se stessi, le proprie idee mentre si suona, pur rimanendo fedeli al pezzo».

Sei anche un improvvisatore…

«Dal 2019 ho intrapreso, per semplice curiosità, un corso di improvvisazione, tenuto dalla docente G. Vracheva, persona e artista speciale cui devo molto. Mi resi subito conto che l’improvvisazione era ciò di cui avevo bisogno: anzitutto è affascinante poter creare un proprio percorso in maniera libera e poi poter comporre spontaneamente brani lasciandosi ispirare da immagini, testi poetici, storie ecc. Si lavora costantemente con la fantasia e si potenziano le proprie capacità compositive: la propria tecnica migliora e i riflessi si velocizzano. L’improvvisazione permette poi di creare un rapporto diretto col pubblico che può partecipare attivamente chiedendo al musicista di improvvisare su un tema o un gruppo di note. È il contrario dell’interpretazione di un brano da repertorio: non si parte dalle note scritte giungendo alla trasmissione dei messaggi ma è dal messaggio che si vuole esprimere che si giunge al brano, sempre diverso in base al momento, al contesto, all’ispirazione».

Progetti in cantiere?

«Sono un amante di Bach che mi è stato riconosciuto come cavallo di battaglia e, grazie all’ascolto di alcune registrazioni sul mio canale YouTube, ho ricevuto un contratto da una casa discografica estera. Il progetto è molto interessante sia per l’originalità dei brani (ciclo di Sonate poco conosciute e mai eseguite) sia per ciò che significa per la mia carriera ma i costi (spese di affitto della sala e del pianoforte, tecnico dello strumento, tecnico audio e costi di pubblicazione del disco) sono piuttosto alti perciò ho deciso di avviare una campagna di crowdfunding (https://gofund.me/c7b478a1) in cui ogni piccolo aiuto rappresenta per me un grande passo verso la realizzazione di questo sogno. Ho anche in programma alcuni concerti da solista con orchestra e in autunno parteciperò a un progetto in Giappone presso il Kobe College of Music come assistente di R. Plagge».

Non ci resta che supportare questo giovane pianista emergente originario della nostra terra (sperando vi possa tornare presto) e impegnarci molto se la nostra passione per la musica ce lo richiede, per non sprecare alcun talento.


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