X
<
>

Una corsia di un ospedale

Condividi:
2 minuti per la lettura

di FRANCESCO ROMEO *

La drammatica emergenza della “quasi pandemia” del Coronavirus ci impone alcune riflessioni. La prima e più confortante è che l’Italia ha un sistema sanitario nazionale pubblico molto collaudato e con esperti di livello eccellente.

Già nel novembre scorso i risultati della performance del Ssn italiano nell’ambito dei dati generali del Global Burden Disease pubblicati sulla rivista Lancet ponevano l’Italia ai primissimi posti della graduatoria mondiale con un’aspettativa di vita di 85,1 anni per le donne e di 80,5 per gli uomini.

L’interpretazione di questa eccellente posizione era duplice: un miglioramento dello stile di vita degli italiani nel periodo 1990-2017 e la presenza di un sistema sanitario pubblico universale.

LE PREOCCUPAZIONI

Le preoccupazioni espresse dai commentatori di questi dati erano due. La prima era il continuo progressivo disinvestimento nella sanità pubblica, il secondo una progressiva delega della sanità pubblica alla sanità privata accreditata.

Gli eventi di questi giorni ci confermano che questi incubi sul futuro del nostro Ssn, da me più volte ufficialmente rappresentati, si stanno materializzando. L’emergenza di questi giorni ha evidenziato una insospettabile fragilità di alcune Regioni del Nord che hanno investito molto sulla sanità privata accreditata.

Devo subito dire che le “poche” strutture pubbliche chiamate ad affrontare questo problema hanno risposto con grande professionalità e puntualità, ma sono insufficienti a fronteggiare una maggiore diffusione di questa epidemia e alcune sono già al collasso.

Chi manca all’appello, almeno finora? Tutta quella sanità privata che invece è in grado di attrarre e rispondere anche con professionalità a una importante mobilità passiva delle Regioni del Centro Sud.

Non potevamo immaginare che una Regione che attrae più di un miliardo di mobilità passiva da altre Regioni non sia in grado di fronteggiare numericamente una tale emergenza per carenza di posti letto adeguati e di risorse umane. Ancora più incredibile è la proposta di trasferire questi pazienti in altre Regioni.

IL DIRITTO ALLA SALUTE

Evidentemente questa sanità non è stata programmata per fronteggiare anche le emergenze ma per attrarre e soddisfare la mobilità passiva anche di altre Regioni, spesso senza motivazioni appropriate e con una attività (quasi) di marketing.

Credo che questa esperienza sia una lezione per tutti per salvaguardare un Ssn pubblico forte che, istituito nel 1978 con la legge Anselmi, ha dato un prestigio alla nostra nazione in ambito internazionale e una risposta adeguata ai bisogni di salute sanciti dalla nostra Costituzione come diritti inviolabili della persona.

Spero che nessuno più faccia paragoni fra il sistema sanitario pubblico che deve lavorare su emergenza, casi complessi, con scarsità di personale, e il sistema privato che lavora prevalentemente su elezione con il numero di operatori adeguato e con una programmazione autonoma e autoreferenziale.
Il sistema sanitario nazionale deve rappresentare il riferimento costituzionale per la garanzia del diritto alla salute della popolazione italiana.

*Presidente della Società Italiana di Cardiologia


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE